Il prof. Gino Gerosa: “Abbiamo aperto una nuova strada, ma questa procedura potrebbe presto diventare la tecnica standard”
Dopo il successo del primo trapianto di un cuore fermo controllato avvenuto nel 2023, a Padova è stato effettuato anche il primo trapianto al mondo totalmente a cuore battente da donatore a cuore fermo: protagonista dell'impresa è l'équipe della UOC di Cardiochirurgia dell'Azienda Ospedale Università della città, diretta dal prof. Gino Gerosa.
Una rivoluzione che migliorerà i risultati del trapianto cardiaco da donatore a cuore fermo, evitando l'arresto controllato del cuore, annullando il danno da ischemia e riperfusione sia al prelievo che al trapianto dell’organo, assicurando una più rapida ripresa della funzione cardiaca e migliorando la performance cardiaca post-operatoria.
Il paziente, un uomo di 65 anni colpito da cardiomiopatia dilatativa post ischemica, sta bene ed è già stato dimesso. Ha ricevuto un cuore prelevato da un donatore in morte cerebrale segnalato in un centro di fuori regione. Il trasferimento dell’organo a Padova è durato tre ore, l’intervento soltanto una.
È ormai nella storia la data del 14 novembre 1985 a Padova, quando l'équipe della Cardiochirurgia di Vincenzo Gallucci portò a termine con successo il primo trapianto di cuore in Italia. Oggi, nel 2024, i chirurghi tenevano il cuore tra le mani mentre batteva, e non ha mai smesso di farlo nemmeno mentre lo trapiantavano sul paziente.
“Tecnicamente si chiama trapianto da donatore a cuore totalmente fermo a cuore battente - spiega il professor Gerosa al Corriere del Veneto - perché appunto il cuore donato non smette mai di battere. Una volta prelevato dal donatore è stato conservato in un macchinario che ne ha conservato la normale temperatura, 37 gradi, e lo ha perfuso, allungandone la sopravvivenza dalle consuete quattro ore fino a otto. Con la tecnica tradizionale, invece, al momento del prelievo dal donatore l’organo viene fermato e poi fatto ripartire una volta impiantato nel paziente. Questa nuova frontiera è un passo in più rispetto al primo trapianto in Italia con donatore a cuore fermo controllato, da noi eseguito l’11 maggio 2023. In quel caso - specifica il cardiochirurgo - il cuore del donatore si era fermato alla morte dello stesso, lo abbiamo fatto ripartire per vedere se fosse idoneo al trapianto e, una volta appurato ciò, è stato rifermato per l’impianto nel ricevente. E poi fatto ripartire. Essendo l’intervento andato così bene da essere poi ripetuto 40 volte nel Paese, abbiamo deciso di alzare l’asticella e adesso, per noi, questo ulteriore passo avanti potrebbe diventare la tecnica standard”.
“Abbiamo aperto una nuova strada”, conclude il professor Gerosa. “Sembra più difficile impiantare un cuore che ti batte tra le mani, ma in realtà il chirurgo è più tranquillo, perché sa che, essendo stato perfuso, l’organo non subirà danni. Ed è anche più sicuro per il paziente, che in attesa del trapianto deve stare meno tempo in circolazione extracorporea”.
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