La malattia di Gaucher è una malattia genetica lisosomiale, è causata cioè dalla carenza dell’enzima glucocerebrosidasi, contenuto nei lisosomi dei macrofagi, cellule presenti in gran parte dell’organismo. La funzione della glucocerebrosidasi è proprio quella di trasformare il glucocerebroside, sostanza derivante dalle cellule degradate, in zuccheri (glucosio) e grassi (ceramide) riutilizzabili. Come risultato di questa carenza, il glucocerebroside si accumula nei lisosomi dei macrofagi, che quindi crescono di dimensioni. Tali cellule prendono il nome di Cellule di Gaucher. Le cellule di Gaucher si concentrano soprattutto nella milza, nel fegato e nel midollo osseo, alterando le normali funzioni di questi organi. Esistono tre tipologie di questa malattia: il tipo 1, che non presenta interessamento di tipo neurologico, che è la più diffusa e dalla sintomatologia meno grave, il tipo 2 se c’è interessamento neurologico, e infine il tipo 3, dall’insorgenza tardiva e con sintomi neurologici che è detta anche ‘cronica’ .

Il codice di esenzione della malattia di Gaucher è RCG080 (afferisce al gruppo "Difetti da accumulo di lipidi").

La sezione Malattia di Gaucher è realizzata grazie al contributo non condizionante di Sanofi.

Malattia di Gaucher, Sanofi

La malattia di Gaucher è una patologia a trasmissione genetica: perché si sviluppi la malattia è necessario che entrambi i genitori ne siano portatori sani; si parla, in questo caso, di trasmissione autosomica recessiva. Ad oggi sono state identificate oltre 100 diverse alterazioni genetiche responsabili della parziale o totale diminuzione dell'attività dell'enzima.

Nel caso in cui la malattia si sviluppi secondo il tipo 1, i sintomi possono essere molto variabili, anche tra due individui che abbiano lo stesso tipo di mutazione genetica. In genere si riscontra anemia, piastrinopenia, splenomegalia, patologia ossea, e a preoccupare maggiormente per questa malattia sono proprio i danni a carico dell’apparato scheletrico. Le cellule ‘anomale’ di Gaucher infatti hanno la capacità di infiltrarsi nelle ossa fino a raggiungere e piano piano a sostituire il midollo osseo. Come conseguenza si ha carenza di piastrine, e dunque emorragie, anemia, fratture spontanee anche gravi che possono portare a danni irreversibili, e questo è certamente l’aspetto più temuto della malattia, almeno per quanto riguarda il tipo 1. Diverso il discorso per la malattia di tipo 2 e 3 che, oltre ai problemi fisici derivanti dal tipo 1, presentano anche conseguenze a livello neurologico.

Per la malattia di Gaucher è disponibile la terapia di sostituzione enzimatica e, per alcuni pazienti che presentino determinate condizioni valutabili unicamente dallo specialista, anche la terapia a somministrazione orale.

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Fonte principale:
- Orphanet

Team dr. Vitturi - Malattia di Gaucher o deficit di sfingomielinasi acida

Dott. Nicola Vitturi (Padova): “Lo screening parallelo di entrambe le patologie potrebbe aiutare a ridurre il ritardo diagnostico, soprattutto per l’ultra-rara ASMD”

“Sono convinto che sia sempre importante dare un nome e un cognome alle malattie, e credo che formulare una diagnosi corretta non sia mai un’azione volta solo a soddisfare una semplice curiosità speculativa”, afferma il dott. Nicola Vitturi, Dirigente medico dell’Unità Operativa Complessa ‘Malattie del Metabolismo’ dell’Azienda Ospedale Università di Padova. “A maggior ragione, quando si hanno a disposizione delle terapie efficaci, saper individuare una patologia con rapidità e precisione diventa un obbligo morale”. È questo il caso della malattia di Gaucher e del deficit di sfingomielinasi acida (ASMD), termine utilizzato per definire le forme A e B della malattia di Niemann-Pick): due rare malattie da accumulo lisosomiale simili, ma al contempo sostanzialmente diverse, che occorre saper distinguere per poter procedere con un intervento mirato.

Un opuscolo informativo sulla malattia di Gaucher

Il dottor Antonio de Vivo (Policlinico S. Orsola-Malpighi): “Realizzato in collaborazione con numerosi esperti italiani, il progetto “Don’t let it slip” nasce per agevolare la diagnosi precoce della patologia”

Era il 1882 quando lo studente di medicina Philippe Gaucher diede per la prima volta un’identità nosografica alla patologia da accumulo lisosomiale che, negli anni a seguire, cominciò a essere riportata con il suo nome, ossia "malattia di Gaucher". Nei due secoli successivi, i rapidi progressi della biologia molecolare, lo sviluppo di nuove tecnologie e la dedizione di migliaia di studiosi hanno permesso una conoscenza sempre più approfondita di questa condizione. Tuttavia, nonostante i passi avanti compiuti, la corretta individuazione della malattia di Gaucher rappresenta ancora un nodo critico e i ritardi diagnostici sono ancora frequenti.

Dott.ssa Francesca Clemente - Malattia di Gaucher

Dott.ssa Francesca Clemente (Università di Firenze): “Siamo ancora lontani dall’applicazione terapeutica ma senza la ricerca preclinica non si va da nessuna parte”

Sul dizionario Treccani, alla voce “chaperon” si legge: “Chi accompagna o introduce qualcuno in un ambiente”. Come le loro controparti umane, gli chaperoni farmacologici svolgono proprio questo ruolo: legano, rimodellano e accompagnano, facendo da ‘stampella’, le proteine difettose all’interno dei compartimenti cellulari dove - finalmente funzionanti - possono prendere parte ai processi catalitici. Nel caso della malattia di Gaucher la sintesi di chaperoni farmacologici per l’enzima lisosomiale glucocerebrosidasi, carente nei pazienti a causa di un difetto genetico, potrebbe rappresentare una valida alternativa alla terapia enzimatica sostitutiva e il primo vero approccio al trattamento delle forme neuropatiche della patologia.

Laboratorio

Le nuove raccomandazioni sono state stilate dal team di esperti dell’International Working Group Gaucher Disease

Negli ultimi anni, il maggiore accesso a tecnologie sempre più all’avanguardia ha portato a una crescita esponenziale del numero di laboratori in grado di effettuare test diagnostici per la malattia di Gaucher. Tuttavia, la diagnosi biochimica e genetica di questa rara patologia da accumulo lisosomiale presenta alcune criticità. Per questo, il gruppo di lavoro IWGGD (International Working Group Gaucher Disease) ha pubblicato le prime linee guida specifiche per la diagnosi di laboratorio della malattia di Gaucher di tipo 1, la forma nettamente più diffusa della patologia, fornendo venti precise raccomandazioni per l’implementazione e l’interpretazione di opportuni test biochimici e genetici. Disporre di procedure condivise e di nuovi strumenti metodologici standardizzati aiuta a garantire a tutti i pazienti l’accesso a una diagnosi tempestiva e accurata.

terapia genica Malattia di Gaucher

I bisogni educazionali riguardano il funzionamento generale dell’approccio terapeutico, l’iter di sperimentazione clinica, i rischi connessi e l’impatto potenziale sulla qualità di vita

La malattia di Gaucher, la più comune tra le patologie da accumulo lisosomiale, presenta un’incidenza di circa un caso su 40.000 nati, anche se in alcune regioni sembra che l’incidenza sia maggiore. Si tratta di una patologia che può presentarsi in diverse forme, una delle quali incompatibile con la vita. Per le forme patologiche meno gravi sono disponibili terapie di sostituzione enzimatica in grado di tenere sotto controllo i sintomi della malattia stessa. Tuttavia la comunità internazionale di pazienti Gaucher è in attesa di capire se, e soprattutto quando, la terapia genica potrà prospettarsi come terapia risolutiva per questa patologia. Ma quanto ne sanno effettivamente i pazienti e le famiglie sulla terapia genica? Quali sono le esigenze informative della comunità internazionale Gaucher?

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Simona Gornati, consigliera dell’associazione AIG, ha raccontato la propria storia a “TheRARESide”, rimarcando l’importanza di screening neonatale e terapia domiciliare

Simona Gornati, consigliera dell’Associazione Italiana Gaucher (AIG), ci ha messo 30 anni per avere la diagnosi di malattia di Gaucher. “Sin da piccola, avevo piccoli ma chiari segnali della malattia di Gaucher, ma mi sono sempre trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato”, ha raccontato la donna a “TheRARESide, il social talk di OMaR dedicato alle malattie rare. “Da bambina, dovevo essere operata alle tonsille ma i medici si sono dovuti fermare perché avevano notato un ingrossamento della milza e del fegato, oltre che un abbassamento delle piastrine. Erano i primi anni ‘80 e, all’epoca, la mia malattia era poco conosciuta”.

Lost Moments

Obiettivo: affermare il diritto di tutti a vivere liberamente la propria quotidianità 

Milano – Due ore e quaranta minuti. È questo il tempo medio impiegato dai pazienti affetti da malattie rare da accumulo lisosomiale e loro caregiver per raggiungere l’ospedale e il tempo di attesa presso la struttura in cui viene somministrata la terapia. Un impegno che comporta la necessità di richiedere permessi ed esenzioni lavorative e riguarda l’intera famiglia. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista European Journal for Person Centered Healthcare, un paziente su 3 si assenta dal lavoro per fare l’infusione e nel 50% dei casi viene accompagnato da un caregiver che, a sua volta, deve ricorrere a ferie o permessi lavorativi.

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