Prof Tiziano (Università Cattolica): “Oggi ci sono tutti i presupposti per introdurlo a livello nazionale, dobbiamo solo rodare la macchina. Il progetto pilota, frutto di un gran lavoro di squadra, serve anche a questo”
“Fino a qualche anno fa, a chi mi avesse chiesto se fossi favorevole ad inserire l’atrofia muscolare spinale (SMA) tra le malattie per le quali effettuare il test di screening neonatale avrei detto di no. Mancava uno dei requisiti fondamentali previsti dall’OMS: una terapia efficace, che potesse cambiare la storia naturale della malattia in maniera importante. Oggi, possiamo dire ai genitori dei bimbi affetti da questa malattia rara che una terapia efficace c’è, che si può cominciare prima che compaiano i segni della malattia e che prima si inizia meglio è. Non solo: il test genetico è altamente specifico ed individua con certezza il 97-98% dei casi di SMA: riusciamo a ottenere i risultati in poche ore e con costi contenuti: oggi credo fermamente che lo screening per la SMA debba essere introdotto a livello nazionale. Dobbiamo solo mettere a punto una macchina che funzioni, ma abbiamo tutti i presupposti necessari”. Così il prof. Francesco Danilo Tiziano (Istituto di Medicina Genomica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore) ha spiegato perché in pochi anni la sua idea sullo screening per la SMA si sia rovesciata; un cambio di prospettiva che, da quanto si è potuto percepire nei corridoi del Congresso di Famiglie SMA, svoltosi lo scorso weekend a Roma, deve aver interessato buona parte della comunità scientifica.
Quando si parla di screening neonatale per la SMA, gli occhi di tutti brillano: se l’arrivo di un farmaco ha cambiato radicalmente la vita dei pazienti, anche per i medici è stata una svolta: ora possono fornire una prospettiva di trattamento; ora la diagnosi non è più la parola ‘game over’, ma l’inizio di un percorso terapeutico efficace. Mettere a punto la macchina per preparare il terreno ad un'estensione nazionale dello screening per la SMA non è solo un’idea, ma un progetto a cui si sta lavorando da più di un anno e che a breve si tradurrà nel primo progetto pilota italiano. “Questo progetto, che dovrebbe effettivamente partire a gennaio 2019, avrà come “outcome” scientifico quello di determinare la reale incidenza della SMA nella popolazione italiana”, prosegue il prof. Tiziano. “Per ottenere dati realistici, era necessario raggiungere la significatività statistica; serve un ampio bacino di nati, e anche per questo motivo il progetto verrà fatto insieme a Lazio e Toscana: contiamo di raggiungere, così, un totale di 140mila bimbi sottoposti al test in due anni. Altro grosso vantaggio è che le due regioni sono geograficamente vicine, ed entrambe con una grossa expertise sugli screening neonatali. Se l’incidenza della SMA dovesse essere quella attesa, ci aspetteremmo di trovare circa 20 bimbi affetti in due anni”.
“Due o tre anni fa - continua l'esperto - avremmo solo potuto dire ai genitori che i loro figli non avrebbero camminato, che forse non sarebbero stati seduti da soli, che probabilmente non sarebbero stati in grado di respirare e di nutrirsi in autonomia e che, quanto alla sopravvivenza, non vi erano grandi aspettative per le forme gravi. Per questo non ero favorevole al test di screening. Oggi, invece, abbiamo sufficienti dati per affermare che la terapia con nusinersen funziona e i risultati sono tanto migliori quanto prima si comincia il trattamento. Va comunque detto che il nostro studio non è disegnato per valutare l’efficacia della terapia, perché dovrebbe durare troppo a lungo. A questo penseranno poi i colleghi dei centri clinici di riferimento ed altri tipi di studi. Quello che ci attendiamo da questo progetto, però non è solo un dato epidemiologico, ma è - direi quasi soprattutto - la messa a punto di un modello che, una volta dati i suoi risultati - dopo due anni, questa è la durata del progetto - possa essere adottato a livello nazionale”.
Perché si possa effettivamente cominciare a testare i neonati, mancano ancora alcuni passaggi di tipo burocratico e amministrativo, ma la volontà di procedere è ormai chiara e nei tempi più rapidi. Nessuno ha più dubbi sull’opportunità del progetto, tanto che già a marzo, la consigliera Maria Teresa Petrangolini ne aveva dato annuncio nel corso della V edizione del Premio Omar. “I tempi di avvio sono stati lunghi - dice il prof. Tiziano - ma è anche vero che questo progetto coinvolge un grande numero di soggetti, e che c’è stato bisogno di un enorme lavoro di relazioni e di coordinamento. Probabilmente non ci saremmo nemmeno riusciti, o almeno non in questi tempi, se non ci fosse stato il supporto di Biogen: l’azienda farmaceutica, infatti, non solo ha messo a disposizione i fondi, che non avremmo altrimenti avuto, ma ha dato un supporto fondamentale in termini di contatti. Per partire era necessario un grande lavoro di squadra tra le regioni Lazio e Toscana, gli ospedali Meyer di Firenze, Policlinico Gemelli e Policlinico Umberto I di Roma, con i relativi comitati etici e le amministrazioni. Un lavoro enorme”.
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