Individuati due sottogruppi, chi non ha avuto la diagnosi nonostante la diagnosi sia disponibile e i pazienti ‘Swan’ affetti da patologie non ancora descritte e con una causa non ancora nota
Le Raccomandazioni Internazionali Congiunte per affrontare le necessità specifiche delle persone affette da malattie rare senza diagnosi frutto di un lavoro svolto in collaborazione tra le Associazioni ombrello di organizzazioni di pazienti di Paesi in tutto il mondo sono ora finalmente disponibili anche in Italiano (scarica qui il documento). Il tema dei malati rari senza diagnosi negli ultimi anni ha ricevuto una particolare attenzione, perché tutt’oggi dare un nome alla propria malattia è il primo ostacolo che queste persone e le loro famiglie devono superare prima di poter accedere a percorsi sanitari e sociali capaci di rispondere alle loro esigenze. Uno studio condotto da EURORDIS, riguardante otto malattie rare relativamente comuni in Europa, ha mostrato che il 25% dei pazienti ha dovuto aspettare dai 5 ai 30 anni per ottenere una diagnosi, durante i quali il 40% ha ottenuto una diagnosi sbagliata. Un ritardo nella diagnosi posticipa l’inizio di cure specifiche e può avere conseguenze irreversibili, a volte potenzialmente mortali.
Eppure esiste la possibilità che si possa rimanere senza una diagnosi per tutta la vita, per questo è fondamentale che questi pazienti vengano riconosciuti come un gruppo distinto con necessità diverse e specifiche, che li differenziano dai pazienti che hanno ricevuto una diagnosi. La comunità dei pazienti non diagnosticati lotta continuamente per avere accesso alle cure ed al supporto sociale, in quanto la società utilizza ancora sistemi che si basano sulla diagnosi per pianificare l’approccio all’assistenza.
Le Raccomandazioni distinguono questi pazienti in due sottogruppi in base ai diversi motivi che portano a difficoltà nell'ottenimento della diagnosi:
'Non ancora diagnosticato’ è il paziente che vive con una patologia non diagnosticata nonostante una diagnosi sia disponibile, in quanto non è stato riferito allo specialista appropriato a causa di sintomi comuni e fuorvianti, o una presentazione clinica atipica di una malattia rara diagnosticabile
'Non diagnosticabile' (“Malattie senza nome” o SWAN) fa riferimento a un paziente per cui non è disponibile un test per la diagnosi in quanto la malattia non è ancora stata descritta o la causa non è stata identificata. Questo tipo di paziente può ricevere una diagnosi erronea in quanto la malattia può essere facilmente confusa con altre. Le malattie di questo tipo sono probabilmente malattie rare.
I pazienti di entrambi i gruppi, assieme alle loro famiglie, potrebbero non ricevere mai una diagnosi, e non è possibile capire a priori in quale dei due gruppi un paziente si trova. Nonostante ciò, le misure per ottenere risultati sono diverse per i due gruppi.
Per il gruppo "Non ancora diagnosticato" è necessario migliorare l'accesso e la qualità degli strumenti di diagnosi, così come l'accesso ad un database genomico esaustivo mentre per il gruppo "Non diagnosticabile SWAN" è necessario integrare nella pratica clinica un numero maggiore di metodologie d'analisi per la diagnosi, come la genomica. Queste devono essere supportate da dati genomici per facilitare la diagnosi di nuove malattie.
Da queste prime affermazioni discendono 4 punti fondanti di queste raccomandazioni.
Al punto 2 si legge “Le autorità competenti dovrebbero sviluppare e sostenere programmi sostenibili a livello nazionale dedicati appositamente alle malattie senza diagnosi. Questo dovrebbe avvenire in ogni paese, in modo da garantire un accesso tempestivo ed equo alla diagnosi e al supporto sociale”.
Secondo le Raccomandazioni i servizi medici locali o regionali dovrebbero utilizzare indicatori d'allarme per segnalare situazioni dove la diagnosi risulta difficile, in quanto si sospetta la presenza di una malattia senza nome. Si potrebbe così indirizzare il paziente in maniera tempestiva ad un programma specializzato per le malattie non diagnosticate, e fornire un adeguato supporto sociale. Sono già stati avviati molti programmi specifici rivolti ai pazienti a cui la medicina non ha saputo fornire una diagnosi nonostante una lunga ed esaustiva ricerca. Alcuni programmi sono incentrati sullo sviluppo delle tecniche di genetica clinica, mentre altri si basano su una combinazione dell'approccio fenotipico e di test genomici.
In alcuni paesi sono stati avviati programmi specifici per malattie senza diagnosi, spesso facenti parte di altri progetti di ricerca, con fondi disponibili per un periodo di tempo determinato. Di conseguenza, c’è una capacità limitata di valutare i pazienti che ricercano una diagnosi e i programmi non sono sostenibili a lungo termine, per via dei modelli di finanziamento. I progressi fatti da molti gruppi di ricerca hanno però mostrato ciò che si può ottenere con una coordinazione degli sforzi.
Al punto 3 si legge: “Lo scambio di conoscenze e informazioni dovrebbe essere strutturato e coordinato a livello nazionale ed internazionale per ottimizzare l'uso di risorse pre-esistenti, facilitandone l'accesso a tutti pazienti affetti da malattie rare senza diagnosi”. Tra le raccomandazioni specifiche per questo punto quella per i rappresentanti dei pazienti di ogni Paese ad incoraggiare i propri membri a partecipare a RareConnect, comunità virtuale multilingue ed internazionale che permette alle persone affette da malattie rare di incontrare altri nella stessa situazione, per condividere la loro storia, le proprie esperienze e imparare gli uni dagli altri, in qualsiasi luogo si trovino in modo da aumentare le informazioni disponibili e creare un polo di conoscenza a vantaggio di tutti coloro affetti da una malattia rara senza diagnosi.
Nel 2014 è stata avviata una rete internazionale di centri clinici per soddisfare i bisogni di questo tipo di pazienti a livello globale. La Undiagnosed Diseases Network International (UDNI) è stata fondata a seguito di tre conferenze internazionali (2014-2016) con l'aiuto del Common Fund, nell'ambito del mandato del direttore del National Institute of Health (USA), assieme alla svedese Wilhelm Foundation. Nonostante questo, al momento non viene offerto alcun supporto alle cliniche che desiderino far parte di questo consorzio e la partecipazione è su base esclusivamente volontaria
Al punto 4 si legge: “I pazienti dovrebbero essere ugualmente coinvolti insieme con le altre parti interessate nella gestione dei suddetti programmi e delle reti internazionali, per affrontare adeguatamente le proprie priorità e contribuire al miglioramento delle cure mediche”. Ad esempio, la UDNI riconosce che la partecipazione del paziente, assieme all’esperienza guadagnata di conseguenza, contribuiscono a migliorare le cure sanitarie. Per questo motivo, la collaborazione attiva dei pazienti all'interno della UDNI è parte integrante del successo nel raggiungere gli obiettivi preposti. Ciò avverrà grazie all’istituzione di un Gruppo Consultivo dei Pazienti (iPAG), che permetterà che la voce dei pazienti venga ascoltata all’interno dell’organizzazione e in tutte le sue attività. Il Gruppo iPAG unirà rappresentanti eletti dai pazienti stessi, facenti parte di organizzazioni di pazienti in tutto il modo. Inoltre, si prevede che il gruppo avrà un ruolo sempre più importante nelle attività dell'UDNI in collaborazione con i programmi nazionali per le malattie senza diagnosi.
Infine al punto 5 si legge: “Attraverso le iniziative già esistenti, si dovrebbe promuovere uno scambio di informazioni etico e responsabile. Questo faciliterà le diagnosi, aumenterà la collaborazione clinica, faciliterà la ricerca, e renderà più rapida la cura di malattie rare e senza diagnosi”.
È ormai riconosciuto che lo scambio di informazioni su larga scala sia necessario per facilitare i progressi nell'eziologia di malattie difficili da diagnosticare o rare. Gruppi accademici di ricerca clinica, organizzazioni di pazienti, fornitori di servizi di diagnostica clinica, personale sanitario, l'intero settore e i legislatori, concordano sulla necessità dell'implementazione di una strategia che protegga e assista i medici al momento dello scambio delle informazioni per aiutare i pazienti a raggiungere una diagnosi e che rispetti i diritti di questa parte vulnerabile della popolazione, assieme alla riservatezza dei loro dati. L’implementazione deve avvenire grazie a sforzi collaborativi a livello internazionale. Il “Matchmaking” rappresenta un approccio promettente nella scoperta di nuovi geni portatori di malattie. La comunità di genetica ha creato diversi database a cui i pazienti possono inviare informazioni genetiche e fenotipiche e cercano di identificare geni correlati alla malattia, in precedenza non caratterizzati, grazie al confronto tra casi simili. La partecipazione al progetto Matchmaker Exchange a livello globale dovrebbe essere incoraggiata, supportata e facilitata dalle autorità nazionali, assieme alle varie specifiche Associazioni di pazienti con le organizzazioni ombrello, per rendere disponibile una diagnosi anche nei casi più complessi e fornire ai pazienti la prognosi per la loro malattia.
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