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paternità e malattie rare

A rivelarlo è uno studio dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma in collaborazione con l’Università di Oxford

A differenza della donna, nella quale la produzione di ovuli a un certo punto della vecchiaia si interrompe, nell’uomo gli spermatozoi continuano a esser prodotti sino all’ultimo giorno di vita. Tuttavia, la possibilità di diventare padri in età avanzata - come è successo all’attore Al Pacino, diventato padre per la quarta volta a 83 anni - comporta dei rischi per il nascituro. Tra tutti, la possibilità di incorrere in certe malattie rare sostenute da mutazioni trasmesse preferenzialmente per via paterna. Lo mette in chiaro un recente studio clinico pubblicato sulla rivista scientifica The American Journal of Human Genetics e firmato dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e dell’Università di Oxford.

MUTAZIONI PUNTIFORMI NELLA LINEA PATERNA E ANOMALIE CROMOSOMICHE IN QUELLA MATERNA

È risaputo che nell’uomo a partire dalla pubertà le cellule germinali staminali - dette spermatogoni - iniziano a dividersi e maturare, trasformandosi in spermatociti e, solo alla fine, in spermatozoi maturi; quindi, gli spermatozoi sono il frutto di una continua serie di passaggi in cui il materiale genetico è oggetto di replicazione e divisioni, verso un definitivo corredo aploide, cioè dimezzato rispetto al numero di cromosomi di tutte le altre cellule del corpo. Inevitabilmente, un tal susseguirsi di divisioni comporta maggiori probabilità di errore. “Ciò giustifica il fatto che, con l’andare del tempo, si accumulino più mutazioni nella linea germinale di origine paterna”, precisa il professor Marco Tartaglia, responsabile dell’Unità di Genetica Molecolare e Genomica Funzionale dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. “In maniera analoga, questo avviene anche all’interno della linea materna, con la maturazione degli oogoni in ovociti ma, in quel caso, si osserva una più marcata probabilità di incappare in errori di segregazione dei cromosomi [col rischio che si generino alterazioni nel numero dei cromosomi, N.d.R.]”.

Le malattie genetiche insorgono quando si producono mutazioni che colpiscono alcuni geni specifici: in alcuni casi si tratta di errori che si generano durante i numerosi cicli di replicazione del DNA nell’embrione ma in altri si tratta di mutazioni ereditarie, trasmesse da uno o da entrambi i genitori. In questo specifico caso esse possono manifestarsi proprio nelle cellule staminali germinali paterne e materne da cui derivano gli spermatozoi e gli ovociti, con la conseguenza che uno dei due genitori trasmette al nascituro il gene mutato che causa la malattia. “Le mutazioni puntiformi sono tra le più frequenti e prevedono l’alterazione di uno o più nucleotidi”, commenta Tartaglia riferendosi a sostituzioni, delezioni o inserzioni le quali, interessando un ristretto gruppo di nucleotidi, apportano un cambiamento simile a quello derivante dal cambiare alcune singole lettere all’interno di una frase: il senso del discorso ne è stravolto o alterato. “Generalmente le mutazioni puntiformi sono trasmesse per via paterna e più studi - incluso il nostro - hanno dimostrato che sono proporzionalmente collegate all’età”.

ESPANSIONE CLONALE: QUANDO LA CELLULA SI DIVIDE PIÚ IN FRETTA

In particolare, lo studio dei ricercatori italiani e inglesi si è soffermato sulla sindrome di Myhre, una malattia genetica rara causata da mutazioni nel gene SMAD4 che insorgono de novo negli spermatogoni, osservando come tali mutazioni abbiano sempre origine paterna. “Questa tendenza non necessariamente ha andamento lineare, giacché alcune malattie rare hanno una frequenza maggiore dell’atteso e risultano strettamente correlate all’età paterna”, prosegue l’esperto romano. Di fatto, una volta che una mutazione fa la sua comparsa, essa conferisce un vantaggio proliferativo alle cellule staminali germinali causando quella che si definisce un’espansione clonale; è un concetto analogo a quello delle fasi iniziali di formazione di un tumore, quando una cellula cancerosa prende a dividersi molto di più e più in fretta di una sana. “Negli anni passati, diversi studi avevano identificato un piccolo numero di geni codificanti proteine cruciali nei processi di proliferazione della cellula”, puntualizza l’esperto. “Certe mutazioni interessano la via di segnalazione intracellulare MAPK che, in presenza di certi stimoli, ordina alla cellula di dividersi. Pertanto, un’iperattivazione di questa via spinge la cellula a dividersi a più alta velocità, aumentando la probabilità di ottenere spermatozoi che potrebbero trasmettere le mutazioni ai figli”. E il rischio cresce con l’età del padre.

LA PROBABILITÀ DELLA MALATTIA AUMENTA CON L’ETÀ DEL PADRE

Lavorando a quattro mani, i medici e ricercatori italiani e inglesi hanno allestito un trial multicentrico che ha coinvolto 18 pazienti con sindrome di Myhre e i rispettivi genitori e altri donatori anonimi di età compresa tra i 24 e i 75 anni; inoltre, sono stati analizzati i dati anagrafici di 35 nuclei familiari di pazienti americani con sindrome di Myhre. “Abbiamo identificato uno dei geni che può condurre all’espansione clonale delle cellule staminali germinali che coordina una via di segnalazione cellulare distinta da quella precedentemente identificata, indicando che i meccanismi molecolari implicati in questo processo possono essere svariati”, afferma Tartaglia. “Ciò significa che in presenza di una mutazione nuova, non riscontrata nei genitori ma comparsa in una cellula germinale staminale paterna, il rischio di osservare una malattia rara nel nascituro cresce per un secondo figlio con la stessa malattia. Tale aumento del rischio è direttamente legato all’età del padre”. Attualmente i ricercatori non sono in grado di calcolare con esattezza di quanto aumenti il rischio ma, nel caso della sindrome di Myhre, l’aver avuto un primo figlio con questa malattia potrebbe - in maniera proporzionale all’età paterna - indicare la presenza di un’espansione clonale di cellule staminali germinali alberganti la mutazione accrescendo il rischio di una seconda mutazione de novo.

Risultati di questo genere hanno ovviamente rilevanza in fase di consulenza genetica e nella pianificazione delle gravidanze, non solo dalla prospettiva della madre ma anche da quella - finora socialmente meno considerata - del padre.

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