OMaR continua a ricevere decine di segnalazioni di famiglie in difficoltà
La didattica domiciliare integrata (DDI, acronimo che ormai deve essere sostituito alla più generica DAD, didattica a distanza) è un diritto per gli alunni fragili, cioè per gli studenti con patologie gravi o immunodepressi, particolarmente esposti al rischio di contagio da COVID-19. A stabilirlo è l’Ordinanza firmata dal Ministro Azzolina, resa pubblica nella giornata di oggi, che fa esplicito riferimento alle condizioni di immunodepressione certificata.
I dirigenti scolastici hanno quindi il dovere di attivare adeguati percorsi di DDI o di ulteriori modalità di percorsi di istruzione integrativi (compresa l’istruzione domiciliare) quando le famiglie ne fanno richiesta. Affinché si tratti di una richiesta legittima la condizione di fragilità deve essere valutata e certificata dal pediatra di libera scelta o dal medico di medicina generale, in raccordo con il Dipartimento di Prevenzione (DdP) territoriale. La famiglia dell’alunno deve immediatamente informare la scuola della condizione di fragilità con documento scritto che comprovi l’impossibilità di fruizione di lezioni in presenza presso l’istituzione scolastica.
NON ESCLUDERE NESSUNO
La tutela degli alunni con disabilità non può però trasformarsi esclusione sociale. Per questo motivo, l’Ordinanza punta a tutelare, al contempo, il diritto allo studio e quello alla salute di questi alunni. “Nei casi di disabilità grave associata a fragilità certificata – si legge nel testo dell’Ordinanza - in cui sia necessario garantire la presenza dell’alunno in classe a causa di particolari situazioni emotive, le scuole potranno adottare forme organizzative idonee a consentire, anche periodicamente, la frequenza delle lezioni.”
NON SONO STANZIATE RISORSE AGGIUNTIVE
Attenzione però: l’ordinanza chiarisce che i percorsi di DDI saranno realizzati solo e unicamente avvalendosi del contingente di personale docente disponibile e senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica. Questo punto, particolarmente critico, ha già sollevato parecchi dubbi nelle scorse settimane. In redazione sono pervenute diverse segnalazioni di alunni con patologie rare gravi (riconosciuti quindi come soggetti fragili) ancora in attesa di risposte, nonostante sia passato quasi un mese dall’inizio della scuola.
IGNORATE LE RICHIESTE DEI GENITORI CON FRAGILITÀ
Nonostante il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione si fosse espresso favorevolmente circa la possibilità di prevedere percorsi di DDI quando in condizione di fragilità (come vi abbiamo spiegato qui) siano i genitori degli alunni, l’Ordinanza non ha recepito nulla a tal proposito. In questo caso, le segnalazioni sono pervenute in redazione a decine. Si tratta prevalentemente di genitori affetti da patologie rare ad interessamento polmonare (o comunque causa di insufficienza respiratoria) e di alcuni casi di immunodepressione. Le famiglie si sentono eccessivamente esposte al rischio di contagio e chiedono di poter attivare per i propri figli dei percorsi di Didattica Domiciliare Integrata, seguendoli a casa in prima persona (dato che la malattia non permette loro di lavorare o li costringe allo smart working).
L’ISTRUZIONE PARENTALE NON È UNA RISPOSTA
Non spetta naturalmente a noi valutare quali situazioni siano effettivamente a rischio, ma le segnalazioni sono accomunate da una risposta sovente fornita dai dirigenti scolastici interpellati: “tenete i ragazzi a casa, potete ricorrere all’educazione parentale”. A nostro avviso, l’educazione parentale non può essere la risposta alle richieste delle famiglie con malati rari, che quindi si sentono (e nella maggior parte dei casi sono) particolarmente esposte al rischio di complicanze severe in caso di contagio da COVID-19. Sebbene l’educazione parentale (nota anche come “homeschooling”) sia un diritto, non può essere improvvisata.
Chi volesse ricorrere all’educazione parentale deve tener presente che “i genitori dell’obbligato o chi ne fa le veci che intendano provvedere privatamente o direttamente all’istruzione dell’obbligato devono dimostrare di averne la capacità tecnica od economica e darne comunicazione anno per anno alla competente autorità” (Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297) e che “le famiglie che intendano provvedere in proprio alla istruzione dei minori soggetti all’obbligo, devono, dimostrare di averne la capacità tecnica o economica e darne comunicazione anno per anno alla competente autorità, che provvede agli opportuni controlli” (Decreto Legislativo 25 aprile 2005, n.76, art. 1, comma 4). È la scuola che deve accertare che i presupposti ci siano e deve vigilare sull’effettiva istruzione dell’alunno.
UN PATTO DI FIDUCIA?
L’Ordinanza ribadisce che le istituzioni scolastiche devono favorire il rapporto scuola-famiglia attraverso l’aggiornamento del Patto educativo di corresponsabilità e mediante attività di informazione e condivisione delle proposte progettuali delle modalità didattiche e dei percorsi di istruzione. Ci auguriamo che i dirigenti scolastici possano, come spesso è accaduto in passato, trovare soluzioni nuove a nuovi problemi. La fiducia, però, in alcuni casi è mal riposta: a nulla sono valsi i tentativi dell’Osservatorio Malattie Rare di portare all’attenzione del MIUR le problematiche specifiche delle famiglie con malattie rare in questo contesto, che non è più definibile come propriamente emergenziale.
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