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La sindrome di Rett (RTT) è una rara patologia neurologica dello sviluppo, che colpisce prevalentemente soggetti di sesso femminile. La malattia congenita interessa il sistema nervoso centrale, ed è una delle cause più diffuse di grave o gravissimo deficit cognitivo. Si manifesta generalmente dopo i primi 6-18 mesi di vita, con la perdita della motricità, delle capacità manuali, dell’interesse all’interazione sociale. L’incidenza della malattia tra le ragazze di 12 anni è stimata di 1 su 9.000; nella popolazione generale la stima si abbassa a 1 soggetto su 30.000. La diagnosi di RTT è spesso confusa con quella di autismo o generico ritardo dello sviluppo.
Il codice di esenzione della sindrome di Rett è RF0040.

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Commendatore al Merito, questa è la nomina data ieri dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla professoressa Nicoletta Landsberger questo per riconoscerle l’impegno messo nella ricerca sulla sindrome di Rett. Nella nota del Quirinale si legge infatti che questa prestigiosa onorificenza le è stata attribuita “per aver contribuito con la sua attività di ricerca a individuare le cause alla base della sindrome di Rett, malattia genetica che colpisce prevalentemente le bambine”. Le pazienti sono caratterizzate da un normale sviluppo iniziale seguito da una regressione che le lascia profondamente disabili. E la data non è stata scelta a caso, proprio l’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, quest’anno dedicata al tema "150 anni: donne per un'Italia migliore".

Questa ricerca di base, finanziata da Telethon, potrebbe portare a trattamenti farmacologici in grado di ripristinare la corretta produzione di cellule nervose

Dalle malattie genetiche rare allo sviluppo del cervello: uno studio completamente made in Italy fa luce sui meccanismi con cui si formano particolari cellule nervose alterate in svariate malattie, genetiche come la malattia di Huntington ma anche dall’origine complessa come l’epilessia. A descriverlo sulle pagine della prestigiosa rivista Journal of Neuroscience è il gruppo di ricerca Telethon coordinato da Giorgio Merlo, dell’Università di Torino, che ha visto anche la collaborazione di Enzo Calautti e di Elena Cattaneo, rispettivamente delle università di Torino e Milano.

Il bel canto, questa volta corale, ancora protagonista dello studio sulle bambine con sindrome di Rett. Si tratta di un nuovo progetto, appena partito al policlinico Santa Maria alle Scotte, realizzato grazie alla collaborazione del coro dei dipendenti dell’ospedale sulle piccole pazienti con sindrome di Rett, nell’ambito dello studio portato avanti dal neonatologo Claudio De Felice e dal neuropsichiatra Joussef Hayek insieme al noto cantante reggiano Matteo Setti, sugli effetti positivi della musica e del canto sulle bambine affette da questa patologia.

L’Associazione Italiana Rett A.I.R. che riunisce le famiglie di bambine affette da sindrome di Rett intende contribuire allo sviluppo di attività di ricerca di base e applicata che abbiano come tematica principale la sindrome di Rett. Per questo l’associazione ha appena emesso un bando di ricerca al quale potranno partecipare tutti i centri di ricerca con esperienza, nell’ambito della Sindrome di Rett, superiore ai cinque anni. Nel caso di progetti che prevedono la partecipazione di più centri almeno uno deve rispettare tale vincolo. Saranno considerati caratteri preferenziali la disponibilità di una banca biologica di campioni di pazienti con sindrome di Rett ed una pregressa collaborazione con l’A.I.R. Sono ammessi al progetto i centri clinici che possano documentare una specifica esperienza nella Sindrome di Rett. Tutti i requisiti e le modalità di partecipazioni al link

Nuova malattia polmonare identificata nelle pazienti con sindrome di Rett. La scoperta è stata effettuata al policlinico Santa Maria alle Scotte da un’èquipe multidisciplinare, coordinata dal neonatologo Claudio de Felice, con la Neuropsichiatria Infantile, la Fisiopatologia Respiratoria e la Diagnostica per Immagini, in collaborazione con l’Università di Siena, l’Ospedale di Guastalla, il CNR di Lecce e l’Università di Seul, grazie al supporto finanziario di Toscana Life Sciences e della Fondazione Monte dei Paschi di Siena.
“La patologia polmonare osservata – spiega De Felice – ha caratteristiche simili ad una malattia del fumatore accanito ma ovviamente nessuna bimba Rett fuma, quindi le due patologie potrebbero condividere meccanismi patogenetici simili”.

Le fragranze più ricercate e i profumi dei grandi divi internazionali, realizzati dal noto chimico-farmacista Paolo Vranjes, sono stati utilizzati per una sperimentazione di comunicazione sensoriale sulle bambine con sindrome di Rett. Il particolare esperimento fa parte di uno studio, il primo in Italia di questo tipo, realizzato al policlinico Santa Maria alle Scotte dalla Neuropsichiatria Infantile, diretta da Youssef Hayek, insieme al neonatologo Claudio De Felice. I due professionisti stanno conducendo un’indagine esplorativa sulla comunicazione sensoriale nell’autismo e nella sindrome di Rett, malattia che colpisce quasi esclusivamente le bambine, con grave compromissione dell’acquisizione del linguaggio e delle funzioni motorie.

Nel futuro contro la malattia e altri disturbi dello spettro dell’autismo potrebbe esserci un uso dell’ormone della crescita.

Due studi pubblicati a novembre, a distanza di pochi giorni uno dall’altro, aiutano a far luce su una serie di disturbi neurologici che ancora oggi presentano molti misteri. Si tratta di quella serie di malattie che appartengono alla gamma dell’autismo, tra queste la Sindrome di Rett. Il primo di questi studi è stato pubblicato su Cell e dimostra come sia stato possibile ricreare in laboratorio i neuroni dei malati della sindrome di Rett attraverso la riprogrammazione di cellule staminali e come la somministrazione di ormone della crescita possa contribuire a eliminare le caratteristiche tipiche della malattia. Il secondo studio è invece quello condotto dal Salk Institute for Biological Studies a La Jolla, in California e recentemente pubblicato su Nature. Da questo  potrebbe arrivare una possibile spiegazione su come una singola mutazione genetica, in questo caso quella del gene  MECP2 (methyl CpG-binding protein 2) che codifica l’omonima proteina, possa causare la grandissima variabilità dei sintomi tipici della malattia.    

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