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Fabio Bertoldo

Dott. Fabio Bertoldo

L'intervista al dr. Fabio Bertoldo sulla rara malattia genetica che probabilmente colpì diversi personaggi noti, tra cui Niccolò Paganini

Roma – Cosa avevano in comune Niccolò Paganini, Abramo Lincoln, Charles de Gaulle e Osama Bin Laden? Probabilmente erano tutti affetti dalla sindrome di Marfan, una rara malattia genetica che colpisce il tessuto connettivo, cioè il tessuto che costituisce l’impalcatura dell’organismo. “Fino agli anni '70, l'aspettativa di vita dei pazienti affetti da questa patologia era intorno ai 35 anni, e comunque non arrivava ai 40 anni: l'80% di loro moriva per una sindrome aortica acuta. Oggi, invece, l’aspettativa di vita è praticamente sovrapponibile a quella della popolazione generale”, spiega il dr. Fabio Bertoldo, cardiochirurgo del Centro di Riferimento per la Sindrome di Marfan e Patologie Correlate del Policlinico Tor Vergata di Roma.

Come è accaduto per tantissime malattie, anche per questa condizione il progresso scientifico ha regalato anni di vita ai pazienti: “Nei decenni passati non c'erano una diagnosi e un trattamento precoci: la manifestazione più grave della malattia, la sindrome aortica acuta, oggi può essere facilmente prevenuta con un ecocardiogramma o con un'angio-TC. Inoltre, ci sono state delle grandi innovazioni in ambito chirurgico: ora gli interventi si effettuano anche con un approccio mininvasivo o microinvasivo, con una notevole riduzione del trauma nella parete toracica”, prosegue il cardiochirurgo.

L'incidenza della sindrome di Marfan è di un caso su 5.000, quindi in Italia si ipotizzano 12-15.000 persone affette o, secondo altri studiosi, addirittura 18-20.000, ma solo alcune migliaia sono seguite nei centri di riferimento. I principali sintomi della malattia sono di tipo cardiovascolare, polmonare, muscolo-scheletrico e oculare. Nella maggior parte dei casi, i pazienti appaiono fragili e longilinei, hanno una statura molto alta, arti superiori e inferiori lunghi e sproporzionati rispetto al tronco, dita lunghe e affusolate (caratteristica che permise a Paganini di compiere i suoi celebri virtuosismi).

Questi segni si presentano in genere nella fase dello sviluppo, nell'adolescenza, e possono essere accompagnati da deformità dell'apparato scheletrico e della gabbia toracica, come pectus carinatum (petto sporgente) o excavatum (petto scavato), nonché da gravi scoliosi. La sindrome si manifesta anche a livello oculare, con forte miopia o alterazioni del cristallino, fino all'ectopia lentis (uno spostamento del cristallino dalla sua normale posizione).

“Fin qui abbiamo elencato ciò si può vedere, ma i danni più pericolosi sono quelli invisibili”, sottolinea Bertoldo. “Nell'apparato cardiovascolare può verificarsi una dilatazione della radice aortica o un'eccessiva presenza di tessuto nei lembi della valvola mitrale, che comportano gravi complicanze: perciò bisogna intervenire con la chirurgia. Esiste anche una terapia farmacologica profilattica, con sartani e betabloccanti, che riduce la progressione della dilatazione della radice aortica: con questo trattamento, se la mutazione alla base della patologia non è estremamente aggressiva, è possibile evitare l'intervento chirurgico”.

La sindrome di Marfan, nel 75% dei casi, è una malattia ereditaria causata da mutazioni nel gene della fibrillina, e si trasmette con modalità autosomica dominante: quindi, se uno dei genitori ne è affetto, avrà il 50% di probabilità di trasmetterla al figlio; nel restante 25% dei casi, invece, si manifesta in modo sporadico, con mutazioni de novo (che non sono presenti nel corredo genetico dei genitori ma si verificano per la prima volta nel bambino come un evento nuovo). Il cardine per la diagnosi è rappresentato oggi dai “criteri di Ghent”, delle linee guida pubblicate nel 1996 e poi aggiornate nel 2010.

A supporto della diagnosi clinica si può eseguire un test genetico, ma questo non sempre è dirimente, perché spesso non si riesce a trovare la mutazione responsabile. Il gran numero di mutazioni alla base della sindrome rende inoltre complessa l'ipotesi che, un giorno, possa essere sviluppata una terapia genica. “Posso immaginare un simile trattamento in un futuro abbastanza lontano, perché bisognerebbe trovare una terapia genica ad hoc per ogni paziente”, conclude il dr. Bertoldo. “Ad ogni modo, la ricerca prosegue: ci sono delle sperimentazioni cliniche in corso su dosaggi e combinazioni di farmaci (sartani e betabloccanti). Ma soprattutto occorre sensibilizzare i medici di base e i pediatri e metterli in condizione di sospettare in tempo la malattia, in modo da prevenire le conseguenze più pericolose a livello cardiovascolare”.

Leggi anche: Sindrome di Marfan: conviverci significa non dover mai abbassare la guardia

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