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Il racconto di mamma Benedetta a “TheRARESide”: “Mia figlia non è in grado di parlare: per anni ha utilizzato un quaderno con immagini, oggi sta imparando la lingua dei segni italiana”

L’ultimo ospite della seconda edizione di “TheRARESide”, il social talk di OMaR sulle malattie rare, si chiama Benedetta Contardi ed è la mamma di Carola, una sedicenne affetta da una patologia ultra rara e seguita all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. “Fino a 9 anni – spiega mamma Benedetta – Carola non ha avuto una diagnosi, anche perché la sua malattia, il deficit di adenilsuccinato liasi, in lei ha provocato dei sintomi più lievi da quelli che si hanno di solito: i bambini affetti da questo deficit, normalmente, non camminano, non parlano e soffrono di epilessia farmaco-resistente. Al Bambino Gesù le hanno fatto l’analisi dell’esoma e hanno scoperto questa patologia genetica ultra rara”.

Dare il nome alla malattia di Carola non è stato un punto di arrivo, bensì un punto di partenza”, prosegue Carola. “È un diritto sapere contro cosa stai combattendo. Nel momento in cui abbiamo scoperto il nome della sua patologia, abbiamo potuto impiegare le nostre forze nell’incentivare la ricerca e nell’entrare in contatto con altre famiglie nella stessa situazione. Esisteva già una pagina Facebook internazionale sulla patologia: inizialmente eravamo un gruppo di poche mamme, poi abbiamo cominciato a pubblicizzare la pagina, a fare iniziative di beneficienza per la ricerca. Da 6 famiglie siamo passati ad esserne 45, sparse in tutto il mondo”.

“Le necessità di questi ‘ragazzi rari’ – precisa mamma Carola – cambiano giorno per giorno. Carola ha fatto riabilitazione motoria e ginnastica. Ha cominciato a camminare a 5 anni: per un anno sono rimasta a casa con lei a fare esercizi tutti i giorni, insieme anche ad amici, volontari e parenti. Carola ora corre e non sta mai ferma. Quando ha cominciato a muoversi, abbiamo introdotto lo sport. lei ora nuota e fa atletica, soprattutto esercizi di coordinazione. Carola, però, non parla. Abbiamo tentato vari percorsi e abbiamo cominciato a utilizzare la comunicazione aumentativa alternativa quando aveva 4-5 anni: abbiamo introdotto le immagini con le scritte sotto, in modo che lei indicasse le parole e si esprimesse. Carola aveva un quaderno, che ora è diventato un tablet, dove ci sono tante immagini. È difficile capire cosa voglia mia figlia, soprattutto ora che è adolescente, e ci sono dei bisogni che non possiamo immaginare. Il quaderno l’ha aiutata tantissimo in passato, ma poi ci siamo resi conto che non era più sufficiente e che c’era bisogno di qualcosa di più immediato. Così ci siamo iscritte ad un corso base di LIS all’Istituto per i sordomuti, per insegnare la lingua dei segni a Carola”.

“Mia figlia – continua Benedetta – ha un ritardo in tutte le tappe motorie e cognitive, quindi introdurre la lingua dei segni era forse un tentativo avventato, ma all’Istituto per sordomuti ci hanno incontrati e hanno valutato la ragazza, dicendo che avremmo potuto provare. Poi è arrivato il COVID e abbiamo fatto le lezioni a distanza su Zoom. Carola si è impegnata tantissimo e le è piaciuto; anche i fratelli e gli amici si sono cimentati con lei. All’Istituto sordomuti c’è un’associazione, “La casa delle luci”: abbiamo bussato alla loro porta e abbiamo trovato altri ragazzi che usufruiscono della LIS, con i quali mia figlia si incontra per partecipare insieme a uscite e laboratori”.

Carola – racconta sua madre – ha sostenuto l’esame di licenza media durante la pandemia, con l’aiuto del tablet. Questo traguardo l’ha emozionata parecchio. Con i compagni di scuola c’è sempre stato un buon rapporto. Ora va al liceo artistico, ma all’inizio è stato complicato non potendo vedere i suoi compagni fisicamente. In generale, bisogna sempre mediare, cercare di creare ambienti idonei per fare integrare questi ragazzi. È importante curare la comunicazione tra i vari ambienti, ad esempio tra l’ambiente scolastico e quello della famiglia, in modo che il ragazzo si senta a proprio agio”.

“Carola – spiega ancora Benedetta – ha due fratelli, più piccoli di lei. Si cerca di dare attenzione e affetto a tutti, nonostante ciascuno abbia dei bisogni diversi. Il fratellino più piccolo, che ha tre anni, la sera, all’ora in cui Carola deve prendere una medicina le prepara il bicchiere. La disabilità, crescendo, diventa ‘di casa’. Il fratello più grande, che ha due anni in meno rispetto a Carola, è molto responsabilizzato e, al mattino, accompagna la sorella allo scuolabus. Anche Carola si prende cura dei fratelli: ad esempio, se vede il fratellino piangere si interessa e lo consola”.

L’Ospedale Bambino Gesù – continua Benedetta – è un’ambiente stupendo, c’è una cura per il paziente davvero particolare. Appoggiano anche tutti i progetti di ricerca sulle malattie e hanno un referente per ogni patologia rara: è davvero una struttura d’eccellenza. Raccogliere i fondi per la ricerca non è semplice, abbiamo cominciato con delle vendite di beneficienza, inizialmente tra amici, poi alle feste di compleanno: le amiche, invece che chiedere regali, domandavano un’offerta per la ricerca. Fondamentale, poi, appoggiarsi a dei medici competenti e a strutture specializzate com’è, appunto, il Bambino Gesù”.

“Per il futuro – conclude mamma Benedetta – mi auguro che questi ‘ragazzi rari’ siano sempre più ‘stimolati alla vita’: è importante comunicare e parlare, per avere nuove idee, nuove esperienze. Bisogna rendere la vita di questi ragazzi bella come quella dei loro coetanei!”

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