Roma – Apre presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma un centro unico in Italia per la cura del linfedema, una malattia sempre più diffusa che colpisce i vasi linfatici degli arti ed è caratterizzata da gonfiore. Diretto dalla professoressa Marzia Salgarello, Direttore UOC Chirurgia Plastica e Ricostruttiva – Responsabile del Centro per il Trattamento Chirurgico del Linfedema del Gemelli, si tratta della prima struttura dedicata al trattamento dell’invalidante patologia con un approccio microchirurgico di ultimissima generazione, caratterizzato da metodiche cosiddette “fisiologiche”, ovvero che agiscono nel pieno rispetto di anatomia e fisiologia del sistema linfatico.
Il Centro è stato concepito con l’obiettivo di rivolgersi all’enorme numero di pazienti affetti da questa condizione (sono 40.000 l’anno i nuovi casi di linfedema, gli stessi numeri del cancro della mammella) che fino a oggi sono rimasti, di fatto, “orfani di cura”.
“Il Centro”, spiega la prof.ssa Salgarello, “completa la carta dei servizi del Policlinico Universitario A. Gemelli in campo oncologico offrendo risposte anche finalizzate al miglioramento della qualità della vita dei pazienti colpiti da tumore che troppo spesso vivono il paradosso terapeutico secondo cui guariscono dal cancro, ma al costo di dovere affrontare una patologia benigna, ma cronica e invalidante, qual è il linfedema”.
Il linfedema periferico è una patologia cronica, progressiva, debilitante causata dall’accumulo patologico di liquido (linfa) nei tessuti (linfostasi) degli arti superiori o inferiori.
Le principali forme di linfedema che si osservano sono: “primarie”, dovute a malformazioni dei vasi del sistema linfatico, e “secondarie”, dovute a eventi avversi esterni che alterano la normale funzione del sistema linfatico. La chirurgia oncologica è tra la cause più frequenti di linfedemi secondari.
In Italia si registrano circa 40.000 nuovi casi all’anno di linfedema, tra forme primarie e secondarie.
Tra il 5 e il 41% delle donne con tumore della mammella, dal 2,4 al 41% delle donne con tumore della cervice, dell’utero e delle ovaie, e tra il 25 e il 67% delle donne con tumore della vulva sviluppano linfedema dopo trattamenti oncologici. Un impatto notevole di questa patologia si osserva anche dopo trattamenti oncologici per tumori prostatici, melanomi e sarcomi.
Il linfedema riduce la funzionalità dell’arto interessato; può associarsi a dolore, a infezioni ricorrenti e alterazioni cutanee; può rendere molto difficile la vita sociale e di relazione, impattando sulla qualità di vita; raramente può evolvere in una patologia maligna, il linfoangiosarcoma.
Il linfedema normalmente si osserva a distanza di 1-4 anni dopo la chirurgia oncologica.
Spesso sottovalutati, i pazienti arrivano a diagnosi di linfedema quando il “gonfiore” è stabile e persistente, e quindi in uno stadio clinico intermedio o avanzato.
Tutti i pazienti affetti da linfedema sia primario che secondario possono far riferimento a questo centro per conoscere le possibilità e le diverse opzioni terapeutiche.
Per i pazienti con fattori di rischio per linfedema si consiglia di effettuare una visita di controllo ambulatoriale entro l’anno dalla conclusione delle terapie oncologiche, indipendentemente dai sintomi.
In questo modo diviene possibile effettuare la diagnosi precoce di linfedema, anche grazie all’ausilio di una metodica diagnostica di ultimissima generazione, minimamente invasiva e ambulatoriale quale “la linfografia a fluorescenza con verde di indocianina”.
Rivolgendosi al CUP (SSN - 0688805560) o all’ALPI (800-262272) si può prenotare una visita ambulatoriale di Chirurgia Plastica per ottenere una prima valutazione.
La diagnosi precoce della malattia è importante perché consente di evitare la progressione del linfedema.
Inoltre, le possibilità di successo della microchirurgia aumentano quanto più precoce è lo stadio della malattia.
Fino a oggi il linfedema è stata considerata una malattia trattabile solo da un punto di vista sintomatico, utilizzando la terapia fisica combinata. Questa prevede un impegno a vita da parte del paziente il quale, oltre alla fisioterapia decongestionante, deve indossare a vita indumenti elasto-compressivi e attenersi scrupolosamente e quotidianamente ad alcune “regole” per evitare la progressione della malattia e le possibili infezioni (“skin care” quotidiano, attenzione agli sforzi di ogni tipo, utilizzo di repellenti soprattutto in estate per limitare al massimo le punture di insetto, attenzione anche a piccoli traumatismi, cautela nell’esposizione solare diretta. Tutte queste attenzioni servono a evitare di incorrere in una linfangite, malattia intercorrente che farebbe aggravare il linfedema e comporterebbe un peggioramento ulteriore).
Presso il nuovo centro del Policlinico il linfedema si può curare grazie a due metodiche microchirurgiche fisiologiche:
- Le anastomosi linfatico-venose (LVA) con tecnica supermicrochirurgica.
L’intervento consiste nel deviare (bypassare) i collettori linfatici a delle piccole venule sotto pelle di dimensioni di circa 0.2-0.5 millimetri allo scopo di “scaricare” i vasi linfatici che risultano ostruiti. L’intervento si effettua con l’utilizzo del microscopio intraoperatorio e con tecniche di supermicrochirurgia. L’intervento chirurgico si effettua attraverso delle incisioni di circa 2-3 cm, ed è quindi poco invasivo.
-Trapianto autologo di linfonodi/tessuto linfatico.
L’intervento consiste nel prelevare in modo selettivo del tessuto linfatico/ linfonodi con i loro vasi trofici, da una zona del corpo (es. inguine, collo, ascella) per trasferirli a livello dell’arto che è interessato dal linfedema, ricollegando i vasi dei linfonodi a dei piccoli vasi locali con l’utilizzo del microscopio. L’obiettivo dell’intervento è riportare dei linfonodi/tessuto linfatico nell’arto malato per migliorare il drenaggio linfatico.
La zona di prelievo dei linfonodi viene studiata preoperatoriamente anche utilizzando la metodica del “reverse mapping”, che permette di selezionare in modo specifico linfonodi che non andranno a disturbare il normale drenaggio linfatico della zona di prelievo.
Con la terapia microchirurgica il 91,2% dei pazienti ha riportato miglioramenti soggettivi, con riduzione della circonferenza dell’arto affetto fino al 70%, fino al 78% dei casi ha interrotto l’utilizzo di indumenti elasto-compressivi, e fino al 100% dei casi non hanno più riportato episodi di infezione.
Il centro del trattamento chirurgico del linfedema – spiega la Prof. Marzia Salgarello - offre un team di esperti che si prende cura del paziente in un sistema integrato, in cui i fisioterapisti collaborano con i chirurghi nel trattamento e nella preparazione del paziente alla chirurgia, e poi lo seguono nella fase successiva. La nuova terapia chirurgica del linfedema vuole proporsi come il momento più incisivo nella cura della malattia, con l’obiettivo di migliorare i sintomi della malattia stessa (le dimensioni dell’arto, il numero o la frequenza delle infezioni) e quelli soggettivi che si riflettono sull’immagine di sé, sulle attività quotidiane e sulla vita sociale, con rilevanti ripercussioni sulla qualità della vita.
“È questo un progetto avveniristico - conclude la Prof. Salgarello - che ha come primo momento la divulgazione a tutti i pazienti di queste nuove possibilità terapeutiche: fare arrivare a loro, i pazienti, la conoscenza di questa novità di cura è il nostro primo passo, che getta le basi per la cura di domani”.
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