L’intervista-video al prof. Giuseppe Limongelli, responsabile del Centro di Coordinamento Malattie Rare della Campania
La malattia da SARS-CoV-2, nota a tutti come COVID-19, si è dimostrata un nemico insidioso, a prescindere dall’età dei pazienti e dalle patologie pregresse. Nonostante questo, la fascia fragile della popolazione è quella che va maggiormente tutelata e protetta, con misure ad hoc, finché questa pandemia non verrà dichiarata ufficialmente conclusa. Tra le persone più a rischio, incluse in questa categoria, ci sono sicuramente i malati rari, che spesso si trovano in una condizione medica di immunodeficienza, e che necessitano di terapie specifiche e di un approccio assistenziale mirato.
Le malattie rare sono tantissime: ne sono state classificate oltre 7.000. Differiscono tra loro per le rispettive manifestazioni cliniche, ma spesso sono accomunate da problemi di ritardo nella diagnosi e da mancanza di trattamenti adeguati. L'emergenza dettata dal nuovo Coronavirus ha imposto una riflessione sulla gestione terapeutica e la presa in carico dei malati rari, che in Italia si stima siano oltre 2 milioni.
“Il Coronavirus ha investito, come uno tsunami, tutti i sistemi sanitari”, afferma il professor Giuseppe Limongelli, responsabile del Centro di Coordinamento Malattie Rare della regione Campania. “Non nascondiamo che molti malati cronici rari hanno sofferto e stanno attualmente soffrendo per questa situazione. Per evitare il contagio, infatti, soprattutto in fase emergenziale, la somministrazione di alcune terapie e prestazioni sanitarie, di norma effettuata in ospedale, è stata rinviata, a volte ‘a data da destinarsi’, o addirittura sospesa”.
Tuttavia, grazie al lavoro di molte Regioni, e con il supporto dell’AIFA, in alcuni casi è stato possibile ridurre al minimo i rischi, consentendo in sicurezza la continuità terapeutica tramite il teleconsulto, le televisite, la telediagnosi clinica, la teleassistenza, il telemonitoraggio e la ‘home therapy’ (terapia a domicilio) gestita da equipe infermieristiche. “Qui in Campania, grazie a una serie di riunioni con tutti i referenti aziendali dei presidi, delle ASL e delle principali associazioni, abbiamo cercato di fare una mappatura di quelle che sono le problematiche e le esigenze dei pazienti”, spiega Limongelli. “La Regione ha identificato il Centro di Coordinamento come nucleo centrale per la raccolta delle difficoltà e la discussione di casi complessi, ed è stato attivato un Numero Verde. A questo si aggiunge il numero per le emergenze, messo a disposizione dall’Azienda Ospedaliera Universitaria OO.RR. San Giovanni di Dio Ruggi d'Aragona e dedicato alla gestione dei pazienti immunodepressi”.
“Senza dubbio sono stati fatti molti passi avanti sia per quanto riguarda l’assistenza domiciliare che per la telemedicina, ma la strada da percorrere è ancora lunga”, sottolinea il professor Limongelli. “Ad esempio, siamo ancora in attesa di una delibera regionale che possa permettere a tutte le aziende di utilizzare un unico software per il teleconsulto. La Campania ha già fatto suo l’Accordo Stato-Regioni sul teleconsulto nei malati rari, ma avere gli strumenti per poterlo utilizzare in maniera omogenea su tutto il territorio regionale sarebbe il passo decisivo”.
“Ritengo che questa pandemia ci abbia imposto un giusto cambio di prospettiva”, conclude il responsabile del Centro di Coordinamento Malattie Rare della Campania. “Non è il paziente che si deve spostare: è l’informazione che deve arrivare a lui e, dove necessario, anche il personale medico”.
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