Rete segnata dai ricercatori dell’Istituto Telethon di genetica e medicina di Napoli nei confronti della retinite pigmentosa, la più comune forma di cecità ereditaria: la partita è solo all’inizio, ma come descritto sulle pagine della rivista scientifica EMBO Molecular Medicine, i ricercatori napoletani guidati da Enrico Maria Surace hanno compiuto il primo passo necessario per arrivare alla correzione del difetto genetico responsabile di questa grave malattia della vista. La retinite pigmentosa colpisce circa una persona su 3000 ed è una malattia molto eterogenea, sia per come si manifesta, sia per come si trasmette da una generazione all’altra. In particolare, il gruppo di Surace si è concentrato su quelle forme in cui basta ricevere il gene difettoso da uno dei genitori (malato a sua volta) per sviluppare la malattia.

Dalla fibrosi cistica all’assai più rara malattia di Tay-Sachs fino alla sindrome di Lesch-Nyhan e tante altre malattie genetiche per le quali al momento non ci sono adeguate analisi. Sono questo solo alcune delle tantissime malattie che, secondo quanto appena pubblicato su Science Translational Medicine, si potranno individuare grazie ad un nuovo test genetico messo a punto da alcuni ricercatori dell’americano National Center for Genome Resources. Secondo gli autori questo nuovo test sarebbe infatti in grado di rilevare le mutazioni genetiche nelle coppie in età fertile di oltre quattrocento disturbi e malattie ereditarie che potrebbero insorgere nei figli.

Diagnosi prenatale e uso delle cellule staminali: i due argomenti, che tanto spesso dividono sul terreno dell’etica, hanno trovato ora un’alleanza a favore della vita e, in particolare, per una vita migliore. Sembra infatti che conservando solo 3 millilitri di liquido amniotico – una parte di quelle normalmente prelevato a chi si sottopone ad amniocentesi – si possa disporre di una riserva di staminali mesenchimiali potenzialmente in grado di svilupparsi in tessuto osseo, cartilagineo, adiposo, miocenico, neurale, epatico, renale ed endoteliale. In poche parole si avrebbe a disposizione una fonte di produzione di tessuti da usare a scopo rigenerativo nel caso in cui il bambino nasca, o vado poi incontro nella vita, a malformazioni, malattie o traumi importanti. La novità è stata annunciata ieri da Claudio Giorlandino, segretario generale della Sidip  - Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno fetale, intervenuto a Milano a un incontro promosso da Biocell Center, un’azienda privata della provincia di Varese che offre già la crioconservazione di staminali da liquido amniotico a uso autologo, cioè ad uso della famiglia stessa che le deposita, cosa che le leggi italiane non permettono,  eccetto casi di particolari malattie, per il cordone ombelicale.

Si chiama baby-cooling ed è la terapia del freddo che salva i neonati dai danni dell'asfissia, una delle principali cause di mortalità tra i neonati, di paralisi cerebrale infantile e di ritardo psicomotorio. L’asfissia del neonato in alcuni casi può essere collegata alla presenza di malattie rare come la miopatia centronucleare, altre volte invece può essere dovuta alla nascita prematura del bambino. L'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma è il primo centro nel Lazio in grado di offrire questa terapia innovativa - di recentissima introduzione in Italia - ai neonati con problemi di ossigenazione dei tessuti ricoverati entro poche ore dalla nascita.

Identificata la causa genetica di una rara malattia ereditaria dovuta alla forte carenza di piastrine, gli elementi del sangue responsabili dell’arresto delle emorragie: è quanto afferma una ricerca finanziata da Telethon e coordinata da Carlo Balduini, direttore della Clinica Medica III della Fondazione Irccs Policlinico San Matteo e docente dell’Università di Pavia. Pubblicato sull’American Journal of Human Genetics, lo studio ha visto la partecipazione di diversi gruppi storicamente impegnati con Telethon nello studio dei difetti ereditari della coagulazione, tra cui quelli di Anna Savoia dell’Università di Trieste-Irccs Burlo Garofolo, Marco Seri dell’Università di Bologna e Silverio Perrotta della Seconda Università di Napoli. “Sono dieci anni che studiamo questa malattia, osservata per la prima volta in due famiglie, una italiana e una americana - spiega Balduini - La difficoltà più grande stava nel fatto che, a differenza di quanto accade in altre piastrinopenie ereditarie già note, le piastrine di questi pazienti hanno un aspetto pressoché normale. Era quindi molto difficile diagnosticarla, non sapevamo di fatto che cosa andare a cercare. Questo ha fatto sì che in passato molti pazienti abbiano ricevuto trattamenti non solo inadatti, ma anche dannosi come una massiccia terapia a base di cortisone o l’asportazione della milza”.  L’identificazione del gene responsabile - ANKRD-26 - segna quindi un punto di svolta per questi malati.

Per le persone affette da ARDS – la sindrome da distress respiratorio dell’adulto, e per coloro che corrono il rischio di svilupparla a seguito di altre malattia, arriva una interessante novità. Un gruppo di ricercatori della Pennsylvania ha infatti individuato un nuovo bersaglio terapeutico, una proteina chiamata delta chinasi (PKC delta). Bloccando l’attivazione di questa proteina attraverso uno specifico inibitore, il peptide TAT, sembra infatti – anche se per ora lo studio è stato condotto solo su modelli animali – che si riesca a controllare l’infiammazione polmonare tipica di questa malattia, una delle maggiori cause di morte in terapia intensiva. I risultati della ricerca sono appena stati pubblicati sul Journal of Leucocite Biology. In particolare, bloccando l’attivazione di questa proteina, si riuscirebbe a ridurre il danno causato dai neutrofili, che sono i globuli bianchi più abbondanti nel sangue e che normalmente hanno la funzione di riconoscere e distruggere microrganismi patogeni, ma che in condizioni di infiammazione, come appunto nell’ARDS possono anche provocare un danno nei tessuti.

La Banca europea degli investimenti e Cariparma finanziano con 80 milioni il settore ricerca e sviluppo di Chiesi Farmaceutici. Nel 2011 saranno erogate le due linee di credito dal valore totale di 80 milioni di euro, che avranno una durata complessiva di otto anni e supporteranno Chiesi nello sviluppo di nuove terapie per le patologie respiratorie, tra cui asma e malattia polmonare cronica ostruttiva, e per patologie che richiedono terapie intensive, quali ad esempio la sindrome da distress respiratorio e fibrosi cistica.

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