Il weekend, dedicato alle famiglie dei pazienti, ha fornito l’occasione per il fare il punto sulla ricerca e sulle attuali opportunità terapeutiche
Il convegno dell’Associazione Nazionale Atassia Telangiectasia (ANAT) si è tenuto quest’anno a Lainate, sabato 24 settembre, nell’ambito dell’ormai consolidato A-T Family weekend, giunto quest’anno alla quinta edizione. Come ogni anno, c’è stata la partecipazione dei componenti del Comitato Scientifico ANAT e di ricercatori attivi nel campo dell’atassia-telangiectasia (A-T). La conferenza è stata moderata dalla Dr.ssa Sara Biagiotti, Presidente ANAT, e dal Prof. Claudio Pignata, Presidente del Comitato Scientifico.
La conferenza è stata aperta dalla Prof.ssa Luciana Chessa, genetista di fama internazionale della Fondazione Sapienza di Roma. La prof. Chessa ha fornito un bell’excursus sui dati epidemiologici raccolti in Italia, dal 1985 ad oggi, su circa 200 pazienti A-T. I dati più salienti hanno riguardato, oltre al prolungamento dell’aspettativa di vita, l’importanza della correlazione genotipo/fenotipo (ovvero della correlazione tra la mutazione e gli aspetti clinici osservati) con particolare riferimento al dosaggio della proteina ATM. Interessanti anche i dati sull’alfa-fetoproteina che, dopo un iniziale aumento dalla diagnosi, tende a diminuire con il progredire dell’età. Segnalata anche l’importanza di colmare i gap presenti riguardo i dati generali, come indice di massa corporea, glicemia, parametri biochimico clinici, etc.
La giornata è dunque proseguita con gli interventi delle Dr.sse Annarosa Soresina e Anna Molinaro, rispettivamente immunologa e neuropsichiatra dell’ASST Spedali Civili di Brescia. La Dr. Soresina ha fatto una bella presentazione alle famiglie di tutte le possibilità terapeutiche ad oggi a disposizione per la gestione dei sintomi immunologici, andando dalle vaccinazioni obbligatorie e facoltative all’antibiotico profilassi per ridurre le possibilità di infezioni, fino alla terapia sostitutiva con immunoglobuline (Ig) indicata quando vi è un difetto di risposta anticorpale specifica. Infine, uno speciale focus è stato fatto sulla gestione delle infezioni da SARS-CoV-2.
La Dr.ssa Molinaro ha proseguito l’intervento portando l’attenzione, invece, sulle possibilità terapeutiche ad oggi disponibili per la gestione dei sintomi neurologici. In prima linea è stata riportata la cura sperimentale con desametasone intra-eritrocitario (ovvero somministrato tramite globuli rossi del sangue) che è stata intrapresa allo Spedali Civili una decina di anni fa e che ancora oggi prosegue su alcuni pazienti. Questa terapia si è rivelata promettente per la gestione dei sintomi atassici o, più genericamente, del sistema nervoso centrale. Mentre per quanto riguarda i sintomi periferici (quali per esempio tremori, discinesie, etc.) ad oggi sono stati testati farmaci quali l’amantadina e la dopamina. Il loro effetto, però, è ancora oggetto di controversie.
A proposito di discinesie, la conferenza è proseguita con l’intervento della Dr.ssa Caterina Caputi, in rappresentanza del gruppo del Prof. Vincenzo Leuzzi dell’Unità di Neuropsichiatra Infantile dell’Umberto I di Roma, proprio con un focus sulle alterazioni del movimento che sopraggiungono in età tardiva. Dalla discussione è emerso come sia di grande importanza acquisire maggiori conoscenze sulla gestione di tali sintomi vista la sempre maggiore percentuale di pazienti che raggiungono l’età adulta. Si propone di fare una discussione dedicata radunando gli esperti del campo.
La prima parte della giornata si è conclusa con l’intervento della Dr.ssa Emilia Cirillo, del reparto di Immunologia Pediatrica del Federico II di Napoli. La dottoressa ha riportato alcuni dati preliminari di uno studio che ha riguardato la raccolta di sangue di pazienti afferenti a diverse aziende ospedaliere del circuito IPINET (network delle immunodeficienze primitive, tra le quali rientra l’A-T). Dai dati preliminari è emerso come alcune piccole molecole circolanti, i microRNA, potrebbero essere marcatori della fisiopatologia della A-T e/o di eventuali risposte ai trattamenti farmacologici. Al momento i dati disponibili derivano da pochi pazienti, per cui è auspicabile un aumento dei campioni raccolti.
La seconda parte della mattinata è stata aperta dal Prof. Alfredo Brusco, genetista dell’Università degli Studi di Torino, che ha riportato alcuni dati preliminari sul progetto “Cellule staminali da polpa dentaria”. Il progetto, presentato per la prima volta nella conferenza 2021 a Tivoli, prevede la raccolta di denti decidui (o da latte) dei ragazzi con A-T. I dentini, spediti grazie all’associazione ANAT al laboratorio di Torino (entro 24-48 ore) sono trattati per estrarre la polpa dentaria. Da questa si ricavano, in pochi giorni, delle cellule che sono in grado di moltiplicarsi in modo indefinito in laboratorio. Una caratteristica importante di queste cellule è la possibilità di ottenere in coltura cellule specifiche di vari organi e tessuti (ad esempio, muscolo, osso, neuroni), dopo opportuni trattamenti. Si può così ricreare in laboratorio il tessuto colpito nella malattia: nell’A-T sarebbe particolarmente rilevante ricreare i neuroni dalle cellule staminali da polpa dentaria. Obiettivo iniziale del progetto è quello di avere una ‘banca’ di cellule staminali da polpa dentaria, da utilizzare a scopo di ricerca e per lo studio dei meccanismi associati ad A-T e anche di potenziali terapie. Al momento, sono state raccolte cellule staminali pluripotenti da cinque soggetti A-T; lo studio prosegue e le famiglie non ancora coinvolte sono state esortate a partecipare. Il prossimo passo sarà quello di sviluppare in laboratorio il metodo per ottenere i neuroni da queste cellule staminali.
Proseguendo, il Prof. Mauro Magnani, dell’Università degli Studi di Urbino, ha riportato ulteriori aggiornamenti sullo studio clinico di Fase III sul desametasone intra-eritrocitario. È la prima volta che uno studio sulla A-T raggiunge l’ultima fase della sperimentazione clinica, il che significa che i dati ottenuti serviranno per l’autorizzazione all’utilizzo del trattamento nei pazienti da parte delle autorità regolatorie. Lo studio si è concluso lo scorso anno e i dati preliminari sono stati sottomessi alla FDA (Food and Drug Administration) per l’autorizzazione negli USA. Purtroppo, la situazione pandemica e altre complicazioni hanno fatto sì che non tutti i pazienti rispettassero il protocollo clinico così come era previsto. Dai dati è comunque emerso che il trattamento si è rivelato efficace nel rallentare la progressione neurologica nella fascia di età 6-9 anni. Per poter limitare l’efficacia a questa fascia di età, e dunque approvare il trattamento, FDA ha chiesto che venga effettuato un ulteriore studio focalizzato solo sui ragazzi in questa fascia di età. A tal proposito, ANAT e tutte le associazioni mondiali parteciperanno in prima linea per facilitare l’arruolamento dei pazienti e la conclusione dello studio in tempi brevi. Mentre per quanto riguarda l’Europa, il parere preliminare dell’organo competente (l’Agenzia Europea per i Medicinali, EMA) è stato molto positivo e ora EryDel (la compagnia promotrice dello studio) dovrà fornire l’intero pacchetto dei risultati ottenuti per la valutazione definitiva. Se il parere fosse favorevole, il trattamento potrebbe cominciare in Europa prima che in America. Da rivedere anche i parametri utilizzati per la valutazione della qualità della vita, che potrebbero essere maggiormente focalizzati su quelli che i pazienti stessi definiscono più importanti. Per questo, si chiederà l’aiuto da parte delle famiglie per costruire una scala effettivamente rilevante tramite somministrazione di un questionario.
L’ultima parte della conferenza è stata dedicata alla presentazione dei progetti di ricerca finanziati da ANAT nel 2022. La prima a presentare è stata la Dr.ssa Eriola Hoxha, dell’Università dello studio di Torino, che vince per il secondo anno il finanziamento ANAT grazie alla messa a punto del primo modello murino (di topo) che presenta le caratteristiche neurodegenerative osservate nei pazienti A-T. Questo modello di studio è da tempo atteso da tutti i ricercatori del mondo perché consente una serie di studi cosiddetti “preclinici” che ad oggi non erano stati possibili per la mancanza del suddetto modello.
La conferenza è stata chiusa dalla Prof.ssa Flavia Antonucci, dell’Università degli Studi di Milano, che ha presentato il suo progetto neo-vincitore sulla possibilità di usare la fluoxetina, un noto farmaco antidepressivo, per il miglioramento degli aspetti cognitivi dei pazienti A-T. A tal proposito si rinnova la necessità di uno studio per introdurre una scala di valutazione delle capacità cognitive nei pazienti A-T. Il progetto è appena partito ci auguriamo proceda sotto i migliori auspici.
La conferenza è stata chiusa con i saluti del Prof. Pignata, che ha sollecitato l’audience di famiglie ad esprimere la propria opinione, dal momento che il convegno è dedicato a loro, e con i saluti del presidente ANAT e di un rappresentante delle famiglie, con il monito condiviso di prevedere contenuti pratici nella prossima edizione per migliorare la qualità della vita dei ragazzi A-T e delle loro famiglie.
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