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Il farmaco è già stato approvato della Food and Drug Administration statunitense e i pazienti sperano che possa presto arrivare anche in Italia 

Per un farmaco sperimentale, quello delle malattie neurodegenerative può essere considerato uno degli ambiti medici più difficili da superare: i complessi meccanismi alla base di patologie quali la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), la malattia di Huntington, le demenze frontotemporali o l’atassia di Friedreich, rappresentano una ‘giungla’ in cui ci si può facilmente smarrire. Pertanto, quando un farmaco si rivela in grado di produrre risultati clinici promettenti gli enti regolatori dovrebbero impegnarsi a renderlo disponibile con celerità: questo è ciò che ha fatto la Food and Drug Administration (FDA) statunitense, che ha recentemente approvato l’utilizzo dell’omaveloxolone per il trattamento di pazienti con atassia di Friedreich di almeno 16 anni di età.

Come si legge in una dichiarazione congiunta sottoscritta dai rappresentanti dell’Associazione Italiana Sindromi Atassiche (AISA) e dai medici neurologi italiani impegnati nell’assistenza e cura dei pazienti con atassia di Friedreich, “il farmaco omaveloxolone è stato somministrato per oltre un anno a pazienti di età compresa tra i 16 e i 40 anni. I risultati dello studio hanno dimostrato un’attenuazione dei sintomi della malattia, quantificabile con una riduzione di 2 su 99 punti della scala clinica dell’atassia. Questa scala prevede una serie di valutazioni neurologiche e di test motori che assegnano un punteggio che può andare da 0 (nessun sintomo) a 99 (massima severità dell’atassia). In Italia i tempi e le modalità per un’eventuale prescrivibilità del farmaco ai pazienti dipendono dalla valutazione da parte dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) e dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)”.

Reata Pharmaceuticals, l’azienda produttrice dell’omaveloxolone, ha già richiesto all’EMA l’autorizzazione alla commercializzazione del farmaco in Europa, e si prevede che la valutazione finale potrebbe arrivare entro i primi mesi del 2024: in caso di parere favorevole da parte dell’Agenzia europea, toccherebbe poi ad AIFA stabilire le modalità di prescrizione e i costi del medicinale per il Servizio Sanitario Nazionale.

Nella suddetta dichiarazione si riporta che “in attesa del pronunciamento degli enti regolatori EMA e AIFA, i medici, insieme al Presidente nazionale di AISA e ai rappresentanti delle sedi regionali dell’associazione, si sono incontrati in occasione del Congresso Nazionale di AISA (tenutosi lo scorso 29 aprile) per l’attuazione di un possibile programma di accesso precoce al farmaco omaveloxolone. Con l’appoggio dell’associazione dei pazienti AISA, è stata chiesta alla casa farmaceutica Reata la possibilità di una fornitura gratuita del farmaco che potesse essere concessa ai pazienti tramite le modalità previste per l’uso compassionevole o, in alternativa, per l’avvio di un programma di allargamento della sperimentazione clinica (Expanded Access Program-EAP). Questo tipo di programma prevede la fornitura gratuita per un numero determinato di pazienti per continuare l’osservazione clinica e gli effetti del farmaco. La risposta di Reata Pharmaceuticals è stata purtroppo negativa riguardo entrambe queste opzioni. L’azienda ha indicato come unica alternativa quella di sottoporre ad AIFA la richiesta di istituire un registro specifico (come previsto dalla Legge 648/1996) che consentirebbe, se approvato da AIFA, la prescrizione del farmaco. Questa modalità di prescrizione prevede tuttavia che il farmaco venga acquistato dagli ospedali o delle Aziende Sanitarie che hanno in carico i pazienti al prezzo attualmente previsto per il mercato americano. Per questa opzione sono comunque da tenere in considerazione, oltre al costo del farmaco, anche i tempi di attesa per avere l’approvazione del registro da parte di AIFA, e le limitazioni nella quantità di farmaco che Reata è in grado di produrre attualmente e che non sarebbe sufficiente a coprire il fabbisogno per tutti i pazienti italiani”.

“Tenendo conto dei risultati medico-scientifici e degli aspetti burocratici – prosegue la dichiarazione – i medici dei centri italiani che si occupano di sindromi atassiche, insieme ai rappresentanti dell’associazione AISA, sono concordi nel sostenere un’azione che possa garantire l’accesso a omaveloxolone in maniera equa per tutti i pazienti. In questo momento, l’unica possibilità per garantire l’accesso al trattamento per tutti i pazienti afferenti ai centri italiani è quella di attendere il pronunciamento di EMA in merito all'efficacia del farmaco e le successive disposizioni di prescrivibilità e rimborsabilità in Italia da parte di AIFA”.

AISA e i medici della Commissione Scientifica dell’associazione stanno perciò attivamente collaborando con gli Enti regolatori del farmaco, con il Consorzio Europeo per l’Atassia di Friedreich (EFACTS), con le associazioni europee dei pazienti e con la Rete delle Malattie Rare per un’azione comune che possa sensibilizzare le istituzioni e avere le risposte attese nel più breve tempo possibile.

La dichiarazione congiunta è stata sottoscritta, oltre che dalla prof.ssa Maria Litani, Presidente Nazionale di AISA, e dal prof. Alessandro Filla, Presidente Commissione Medico-Scientifica di AISA, anche dalle dottoresse Caterina Mariotti e Isabella Moroni e dai dottori Franco Taroni, Lorenzo Nanetti e Mario Fichera (Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta, Milano), dal dott. Francesco Saccà (Università degli Studi di Napoli), dal dott. Filippo Santorelli (IRCCS Stella Maris, Pisa), dal dott. Enrico Bertini e dalla dott.ssa Gessica Vasco (Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma), dal dott. Carlo Casali (Università La Sapienza, Roma), dal dott. Roberto Fancellu (Ospedale San Martino, Genova), dalla dott.ssa Olimpia Mesumeci (Università degli Studi di Messina), dal dott. Andrea Martinuzzi (Istituto Scientifico E. Medea, Conegliano) e, infine, dalla dott.ssa Camilla Ferrari (Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze).

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