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E’ stato recentemente pubblicato su Autoimmunity Reviews , una tra le maggiori riviste di autoimmunità a livello mondiale, uno studio svolto dai ricercatori dell’Università di Firenze afferenti al Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica (Direttore Prof. Corrado Poggesi) ed al Centro per la cura della malattia di Behçet della SOD di Medicina Interna Interdisciplinare dell’AOU Careggi (Direttore Prof. Domenico Prisco), in collaborazione con l’Istituto di Tecnologie Biomediche CNR di Milano ed il Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna.

In questo lavoro è stato sequenziato per la prima volta il microbiota intestinale di pazienti affetti da malattia di Behçet, valutando l'attività metabolica dei microrganismi intestinali misurando la produzione di acidi grassi a corta catena; in particolare è stata dimostrata una significativa riduzione nei pazienti con Behçet, rispetto ai controlli, di butirrato, uno dei principali prodotti di fermentazione a partire dai polisaccaridi.

Questo metabolita, oltre ad avere un elevato valore energetico necessario per il trofismo degli enterociti, è in grado di modulare profondamente la risposta immunitaria, inducendo a concentrazioni normali nel soggetto sano lo sviluppo dei linfociti T di tipo regolatorio. La mancanza nei pazienti con Behçet di butirrato, e la conseguente riduzione di cellule ad attività regolatoria, potrebbe spingere quindi verso un’esagerata riposta dei linfociti T effettori, con successivo innesco della malattia.

Questa scoperta - dicono Domenico Prisco, Lorenzo Emmi e Mario Milco D’Elios, tra i coordinatori del Progetto assieme ad i Colleghi di Milano e Bologna – apre un nuovo capitolo nella comprensione di questa malattia. La malattia di Behçet infatti è una vasculite sistemica, che colpisce la cute e le mucose, ma anche gli occhi, il sistema nervoso centrale, i vasi ed il tratto gastro-intestinale, causando gravi danni, spesso anche permanenti. L’alterazione del microbiota intestinale in questi pazienti può modificare la risposta del sistema immunitario, attivando così meccanismi “autoaggressivi”. La nostra osservazione, come già avviene in altri ambiti, potrà spingere in futuro verso la ricerca di strategie terapeutiche del tutto innovative, basate sull’uso di specifici probiotici o “diete” modificate.

La ricerca è stata sostenuta e fortemente voluta dall’Associazione Italiana Malattia e Sindrome di Behçet (SIMBA onlus), che ha sponsorizzato il progetto presentato dal gruppo di Firenze. "Questa scoperta – dice Alessandra Del Bianco, Presidente dell’Associazione – apre nuove speranze e diverse prospettive terapeutiche per i pazienti colpiti da questa malattia. Siamo molto contenti di questo risultato e di aver contribuito in maniera essenziale alla realizzazione di questo importante progetto".

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