L’Università di Toronto ha analizzato i dati attualmente disponibili su questa specifica popolazione di pazienti, fornendo una panoramica aggiornata su diagnosi e trattamento
Era il 1990 quando per la prima volta, in uno studio pubblicato su Mayo Clinic Proceedings, venne segnalata la presenza di anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA) in alcuni pazienti con diagnosi iniziale di fibrosi polmonare idiopatica (IPF). La nuova patologia appena individuata prese il nome di “malattia polmonare interstiziale correlata a vasculiti ANCA-associate” (AAV-ILD) e, negli anni, è stato stimato che possa rappresentare circa il 45% delle diagnosi di vasculiti ANCA-associate e il 6% di quelle di interstiziopatia polmonare (ILD).
Nonostante i dati accumulati suggeriscano che l’interstiziopatia polmonare possa svilupparsi in una percentuale sostanziale di casi di vasculiti ANCA-associate, ad oggi non esiste una definizione condivisa di AAV-ILD e le raccomandazioni delle maggiori società scientifiche mondiali sul processo diagnostico della malattia interstiziale polmonare non prevedono la sistematica esecuzione di specifici esami sierologici per l’individuazione degli ANCA.
Un recente studio dell’Università di Toronto, pubblicato su Current Rheumatology Reports, fornisce una panoramica aggiornata della AAV-ILD sia per quanto riguarda i recenti progressi nella diagnosi e nella conoscenza della patogenesi della malattia, sia per quanto concerne i diversi approcci terapeutici.
LO STUDIO
Nonostante non esista ancora una definizione condivisa di malattia polmonare interstiziale correlata a vasculiti ANCA-associate (AAV-ILD), facendo riferimento alla letteratura pubblicata negli ultimi tre anni, i ricercatori dell’Università di Toronto sono riusciti a fornire una descrizione esauriente: la delineano come una condizione rara in cui gli anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili, tipici delle vasculiti ANCA-associate, non solo provocano infiammazione vascolare sistemica coinvolgendo vari organi - come tipicamente accade nelle AAV - ma si accaniscono in modo particolare contro i sistemi renale e polmonare.
Gli anticorpi ANCA danneggiano e indeboliscono le pareti vascolari attaccando erroneamente specifiche proteine costituenti dei granulociti neutrofili (un tipo di globuli bianchi), tipicamente la proteina mieloperossidasi (MPO) e la proteinasi 3 (PR3). A seconda del tipo di proteina bersagliata, le AAV si distinguono principalmente in granulomatosi con poliangioite (GPA, precedentemente denominata granulomatosi di Wegener), poliangioite microscopica (MPA) e granulomatosi eosinofila con poliangioite (EGPA, nota anche come sindrome di Churg-Strauss).
Gli anticorpi ANCA correlati in modo predominante alla malattia interstiziale polmonare sono quelli diretti contro la proteina MPO: per questo, circa il 90% dei pazienti con AAV-ILD risulta affetto da poliangioite microscopica, ma la ILD può essere osservata, sebbene meno spesso, anche in individui con GPA ed EGPA.
Nei pazienti con AAV-ILD si possono individuare cinque tipologie di compromissione del parenchima polmonare: emorragia alveolare diffusa; cavità e noduli polmonari (infiammazione granulomatosa necrotizzante); danni alle grandi vie aeree (infiammazione tracheobronchiale, stenosi sottoglottica); asma; malattia polmonare interstiziale. La gravità del coinvolgimento polmonare può variare notevolmente da persona a persona: si possono infatti riscontrare da lievi anomalie radiografiche asintomatiche all’insufficienza respiratoria severa.
DIAGNOSI E SINTOMI
In genere le diagnosi di AAV-ILD e AAV sistemica non vengono effettuate contemporaneamente. Nella maggior parte dei casi la diagnosi di AAV-ILD precede quella di AAV; l’individuazione delle patologie avviene in contemporanea nel 39-46% dei casi e in ordine inverso solo nel restante 10-30% dei casi.
La diagnosi di AAV-ILD prevede l’analisi delle caratteristiche radiografiche polmonari, alcuni test di funzionalità respiratoria e l’individuazione sierologica degli anticorpi ANCA. La conferma istopatologica – attraverso toracoscopia (introduzione di uno strumento endoscopico nella cavità pleurica) o biopsia polmonare – si è rivelata non definitiva, in quanto l’attività della vasculite, il più delle volte, non è contemporanea al peggioramento della malattia polmonare.
Solitamente, nei pazienti con AAV-ILD i sintomi più importanti riguardano, come detto, reni e polmoni, mentre sono meno comuni febbre, artralgie, manifestazioni cutanee, neuropatie e coinvolgimento di orecchie, naso, gola, cuore e apparato gastrointestinale.
PROGNOSI E TRATTAMENTO
Secondo i risultati della revisione della letteratura condotta dall’Università di Toronto, i tassi di sopravvivenza dei pazienti affetti da AAV-ILD sembrano essere complessivamente inferiori a quelli di coloro che convivono con la sola AAV, con una differenza statisticamente significativa. Per i pazienti affetti da AAV-ILD, infatti, l’aspettativa di vita a 1, 3 e 5 anni dalla diagnosi è rispettivamente del 96,7%, 80% e 66%, mentre per le persone affette solamente da AAV risulta pari a 93,5%, 89,6% e 83,8%.
Ad oggi, purtroppo, non sono disponibili dati sul trattamento dell'AAV-ILD provenienti da studi controllati e randomizzati, e tutte le informazioni sull’efficacia delle varie terapie sono basate su una serie di casi retrospettivi e studi di coorte. Per questo motivo, i pazienti affetti da questa patologia vengono spesso trattati come affetti da AAV sistemica, e quindi con una terapia a base di ciclofosfamide (agente chemioterapico con effetto immunosoppressivo), rituximab (anticorpo monoclonale che induce la morte dei linfociti) e glucocorticoidi (farmaci corticosteroidi). Da uno studio del 2021, pubblicato sul Journal of Clinical Rheumatology, si evince che il trattamento con rituximab è in grado di preservare la funzione polmonare, anche se le differenze rispetto al gruppo di controllo non sono risultate statisticamente significative.
Le nuove opzioni terapeutiche emergenti includono l’utilizzo di farmaci antifibrotici già utilizzati per la fibrosi polmonare idiopatica (IPF), come nintedanib e pirfenidone. Nintedanib è capace di bloccare l'attività di alcuni enzimi noti come tirosin-chinasi, implicati nella produzione del tessuto connettivo fibroso, mentre il pirfenidone riduce la proliferazione dei fibroblasti e inibisce la produzione di collagene stimolata dal fattore di crescita trasformante beta (TGF-beta). Uno studio dell’Università del Michigan mostra un netto miglioramento della capacità vitale forzata (FVC, un importante parametro per la valutazione della funzionalità polmonare) grazie all’utilizzo di nintedanib nei pazienti affetti da varie forme di interstiziopatia polmonare. Sebbene il numero dei pazienti AAV-ILD arruolati nello studio non sia riportato in modo specifico, essi risultano inclusi nella generica categoria “ILD autoimmune e altri sottogruppi” (14% dei 663 partecipanti). Purtroppo, però, nonostante il miglioramento impressionante nella FVC, nello studio in questione, durato 52 settimane, non è stata riscontrata alcuna differenza statisticamente significativa nella sopravvivenza dei pazienti.
Ad oggi non è ancora chiaro se le persone affette da AAV-ILD debbano essere sottoposte alle terapie indicate per le vasculiti ANCA-associate o a quelle utilizzate per le malattie interstiziali polmonari fibrosanti: determinare l'efficacia degli immunosoppressori rispetto agli antifibrotici in questa popolazione di pazienti rimane quindi una sfida da affrontare.
Inoltre, la mancanza di una caratterizzazione precisa e formale della AAV-ILD rende la ricerca sul campo complicata da condurre e la letteratura scientifica fitta di risultati eterogenei e difficili da riassumere. Per questa ragione, secondo i ricercatori dell’Università di Toronto, c’è un primo e imprescindibile passo da compiere: trovare una definizione condivisa della patologia.
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