MENU

Che i sardi abbiano familiarità con le malattie autoimmuni è noto. Tra queste c’è la malattia di Behçet, una vasculite rara, che non smentisce il triste primato e fa registrare nell’isola un dato d’incidenza fra i più alti d’Italia: circa 90 pazienti su 700, anche se i numeri esatti non ce ne sono. I primi sintomi possono comparire con già nei bimbi, ma la diagnosi arriva di solito dopo, intorno ai 30 anni. Gravi problemi agli occhi che possono portare alla cecità, dolorose afte a bocca e genitali, manifestazioni cutanee come l’eritema nodoso e dolori reumatici sono i problemi più frequenti, ma non sempre per i medici è facile ‘metterli insieme’. Una terapia risolutiva non c’è, si può solo agire sui sintomi.

Per i pazienti sardi le possibilità di trovare assistenza medica sembrerebbero buone. Infatti, quando, in base al DL 279/2001, ogni Regione fu chiamata ad accreditare i propri centri di riferimento per le malattie rare, la Sardegna ha risposto indicando per la Behçet ben 20 unità operative di diverse specialità mediche: 13 a Cagliari - tra Brotzu, Azienda Universitaria, Microcitemico e Santissima Trinità - le altre a Nuoro e Sassari.

A sentire l’associazione pazienti SIMBA Onlus però la situazione sarebbe rosea solo sulla carta.

“L’unico centro che realmente funziona, e che ringraziamo per questo, è la Reumatologia dell’Università di Cagliari diretta dal prof. Alessandro Mathieu, dove il dottor Matteo Piga e i suoi colleghi cercano di seguirci tutti”. A raccontarlo è Nicoletta Sarritzu Comella, referente in Sardegna dell’Associazione SIMBA, nonché persona che da 40 anni vive con la Behçet.

“Visto che la malattia colpisce vari organi abbiamo bisogno di essere seguiti da diversi specialisti. Trovarli tutti insieme, però, è molto complicato: nemmeno a Cagliari, nonostante tutti questi centri accreditati, riusciamo agevolmente a compiere un percorso diagnostico idoneo. Giriamo da una parte all’altra, a volte con poco coordinamento. Così ci sono anche quelli che nonostante i disagi vanno fuori: in Toscana – tra Firenze, Prato, Siena e Pisa – alcuni addirittura all’estero”.

Anche Nicoletta ad un certo punto ha fatto così: “Nel 2010 sono andata a Prato. Tutte le visite per le quali a Cagliari avevo impiegato 6 mesi lì me le hanno fatte in 4 giorni e mi hanno anche messo nel piano terapeutico un farmaco “off label” che in Sardegna mi rifiutavano e che si è rivelato utilissimo”.

I pazienti sanno che la scienza, per quanto si impegni, ha i sui tempi: non chiedono cure miracolose ma una più efficiente organizzazione dei centri e una maggiore conoscenza della patologia tra i medici di medicina generale e i pediatri.

“Se si riuscisse a costruire una équipe multidisciplinare o un coordinamento intorno alla Reumatologia del prof. Mathieu – spiega Nicoletta - di certo molti riuscirebbero a farsi seguire in Sardegna. Non dobbiamo però dimenticare che c’è da superare anche lo scoglio della diagnosi: per esperienza so bene che i medici ‘di base’ e i pediatri non ne sanno quasi nulla, eppure sono proprio loro a vedere i primi sintomi del paziente. Ci vorrebbe uno sforzo per formali almeno al sospetto terapeutico: se si arriva tardi a una risposta la maggior parte di noi è condannata alla cecità, e qui in Sardegna ne conosco tanti  in questa condizione. E’ una disabilità che si potrebbe evitare”.

In attesa che l’organizzazione migliori Nicoletta Sarritzu Comella è a disposizione di chi abbia bisogno di informazioni, tutti i suoi recapiti sono sul sito www.behcet.it.

Seguici sui Social

Iscriviti alla Newsletter

Iscriviti alla Newsletter per ricevere Informazioni, News e Appuntamenti di Osservatorio Malattie Rare.

Sportello Legale OMaR

Tumori pediatrici: dove curarli

Tutti i diritti dei talassemici

Le nostre pubblicazioni

Malattie rare e sibling

30 giorni sanità

Speciale Testo Unico Malattie Rare

Guida alle esenzioni per le malattie rare

Partner Scientifici

Media Partner


Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni