Ricerca scientifica

La modulazione di enzimi coinvolti nel declino senile dell’organismo potrebbe aprire la strada a nuove terapie per le malattie neurodegenerative

L'invecchiamento è l’insieme dei cambiamenti che avvengono nelle cellule e nei tessuti con l'avanzare dell'età e che aumentano il rischio di malattie e morte. Questi cambiamenti seguono una sequenza programmata comune e sono principalmente caratterizzati dal deterioramento delle funzioni cognitive e dal declino delle capacità locomotorie. Tali manifestazioni coincidono con i sintomi di malattie neurodegenerative come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), l'Alzheimer e il Parkinson, suggerendo che questo tipo di patologie condividano una base molecolare comune con il processo di invecchiamento.

I risultati di uno studio che ha approfondito le interconnessioni tra invecchiamento e malattie degenerative sono stati di recente pubblicati sulla rivista Cell Death and Discovery. Lo studio è stato coordinato da Fabian Feiguin, del Dipartimento di Scienze della vita e dell’ambiente dell’Università di Cagliari, e da Laura Ciapponi, del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin della Sapienza Università di Roma. La ricerca è stata finanziata da Fondazione AriSLA, principale ente non profit che supporta la ricerca scientifica sulla SLA in Italia, e da AFM-Telethon.

In particolare, lo studio ha analizzato le modifiche epigenetiche che si verificano con l’invecchiamento. Si tratta di cambiamenti nella struttura della cromatina, sostanza localizzata nel nucleo cellulare e composta da DNA e proteine che influenzano l'espressione genica, ovvero il processo attraverso cui l'informazione contenuta in un gene viene convertita in una proteina, senza cambiare la sequenza del DNA. Queste modifiche possono alterare i livelli di espressione di fattori di rischio per malattie neurodegenerative.

“Nel nostro studio – spiega Fabian Feiguin, dell’Università di Cagliari – abbiamo scoperto per la prima volta che la proteina TDP-43, che ha un ruolo centrale nella patogenesi della SLA, riduce gradualmente la sua espressione man mano che invecchiano i cervelli del comune moscerino della frutta (Drosophila melanogaster) e del modello murino".

Lo studio ha individuato un nuovo ruolo dell’enzima Suv39 che, attraverso il meccanismo di metilazione, determina la modificazione chimica di una specifica proteina istonica (componente principale della cromatina), andando a influire sulla regolazione dell'espressione genica. “Il nostro lavoro – spiega Marta Marzullo, del team della Sapienza – ha evidenziato che durante l’invecchiamento, sia nel moscerino della frutta che nel modello murino, la metiltransferasi Suv39 agisce sul gene TDP-43 riducendone l’espressione”.

“Sorprendentemente – sottolinea Laura Ciapponi, dell’Ateneo romano – quando abbiamo inattivato genicamente o chimicamente l’attività di Suv39 abbiamo osservato livelli più elevati di TDP-43, e soprattutto una significativa riduzione del declino locomotorio dipendente dall’età”.

Secondo le autrici e gli autori, i risultati raggiunti dallo studio, dunque, individuano un nuovo ruolo dell’enzima Suv39 nella regolazione dell'espressione di TDP-43 e della senescenza locomotoria, e suggeriscono inoltre che la modulazione delle attività enzimatiche coinvolte in queste modifiche epigenetiche potrebbe essere un approccio promettente per comprendere, e potenzialmente trattare, le malattie neurodegenerative legate all'invecchiamento, come la SLA.

“Siamo soddisfatti di aver sostenuto questo filone di ricerca che ha contribuito ad aggiungere conoscenza sui meccanismi molecolari legati all’insorgenza della SLA”, commenta Mario Melazzini, presidente di Fondazione AriSLA, ente co-finanziatore dello studio. “L’importanza di svolgere studi sul ruolo della TDP-43 è stata evidenziata recentemente anche dal piano strategico della ricerca sulla SLA del NINDS (National Institute of Neurological Disorders and Stroke), il principale istituto degli NIH americani per la ricerca neurologica. In linea con questa visione, riteniamo strategico continuare a supportare ricerca di base, finalizzata a fornire risposte concrete ai pazienti”.

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