La predisposizione genetica viene rivalutata rispetto alla cause ambientali, che non sono però da escludere.
Finalmente la conferma tanto attesa è arrivata, anche la Sla – Sclerosi Laterale Amiotrofica in forma sporadica ha delle cause genetiche. Il gene coinvolto in questa forma prevalente della malattia è stato individuato grazie ad una ricerca internazionale recentemente pubblicata su Neuron e alla quale hanno lavorato, insieme ad un gruppo di ricercatori americani anche quattro ricercatori italiani. Si tratta del prof. Adriano Chiò, direttore del Centro Sla delle Molinette di Torino e della dottoressa Gabrielle Restagno, del dipartimento di genetica molecolare del Sant’Anna di Torino, del Prof. Mario Sabatelli dell’Università Cattolica di Roma e del prof. Giuseppe Borghero dell’Università di Cagliari. La scoperta fatta, che identifica nel gene c9orf72 – un gene mai studiato fino ad ora e posto nel cromosoma 9 - il ‘responsabile’ per questa malattia, è veramente decisiva dato che fino ad oggi il difetto genetico coinvolto nella malattia era stato individuato solo per una piccola percentuale di casi, principalmente quelli di tipo familiare, mentre rimaneva misteriosa l’origine dei casi sporadici che rappresentano la parte prevalente.
La scoperta è stata il risultato di una analisi condotta su 268 casi familiari di SLA verificatisi tra pazienti americani, tedeschi e italiani e 402 casi familiari e sporadici di SLA di pazienti finlandesi. Si è così scoperto che il 38 per cento dei casi familiari e circa il 20 per cento dei casi sporadici erano portatori di un’alterazione di questo specifico gene.
Oltre a contribuire in maniera significativa alla conoscenza della malattia questa scoperta ridimensiona almeno in parte le polemiche sorte in passato relativamente alle ‘cause ambientali’ della malattia, cioè cause legate a fattori come inquinamento, fumo o magari presunte sostanze dopanti, sospettate vista l’alta incidenza della malattia tra alcune categorie di sportivi, in primis i calciatori. Ipotesi che in passato avevano generato forti polemiche e anche delle specifiche indagini.
Naturalmente il fatto che sia stata individuata una componente genetica non esclude che i fattori ambientali abbiano un ruolo nell’insorgenza della malattia ma sposta un po’ l’ago della bilancia dando al fattore genetico un peso più rilevante rispetto a quello che, in assenza di un gene ‘responsabile’, gli era stato attribuito fino ad oggi. Insomma, se l’ambiente influisce – in questa come in tutte le malattie – alla base è sempre più evidente che ci sia una precisa predisposizione genetica . Non solo, individuando in gene anche per le forme che fino ad oggi erano state definite ‘sporadiche’ è questo stesso termine che potrebbe essere messo in dubbio: dal momento che c’è un gene legato alla malattia anche questa sarebbe in qualche modo trasmissibile e dunque familiare, ma probabilmente con una penetranza molto ridotta rispetto alle altre mutazioni, quelle responsabili della forma fino ad ora chiamata ‘familiare’.
“Se si sono raggiunti questi risultati – ha spiegato il prof Chiò delle Molinette di Torino – è perché negli ultimi anni sono stati attivati dei consorzi internazionale per la ricerca sulla malattia, come ad esempio, in Italia, ITALSGEN che riunisce 14 centri universitari ed ospedalieri”.
A Torino l’attenzione sulla malattia è partcilarmente alta, non a caso dei 4 ricercatori che hanno partecipato alla ricerca due provengono proprio da sotto la Mole e, di nuovo, non è un caso che il 1 ottobre prossimo in questa città si svolgerà una originale iniziativa di sensibilizzazione, si chiama ‘Your Face For Life. Mettici la faccia’ ed è organizzato da TempoReale Tv Lab e Imaginarium. L’obiettivo è quello di accendere un riflettore sulla condizione del malato, della sua famiglia e dei suoi bisogni; lo fa attraverso una mostra ‘work in progress’ del fotografo Paolo Ranzani. L’artista contrapporrà la bellezza e la creatività alla violenza della malattia che fa a pezzi la persona proprio come lo stesso Ranzani, provocatoriamente, farà con chi si farà fotografare, attraverso scatti che una volta ‘ricomposti’ metteranno insieme il corpo prima disfatto. Con il contributo dei partecipanti all’iniziativa ‘Your Face For Life’, sarà possibile sostenere l’associazione Piemontese per l’Assistenza alla Sclerosi Laterale Amiotrofica A.P.A.S.L.A. onlus.
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