La sindrome emolitico uremica atipica (aHUS) è una patologia di origine genetica principalmente caratterizzata da alterazioni del cosiddetto sistema del complemento. Questa visione della malattia, emersa soprattutto durante l'ultimo decennio, ha facilitato lo sviluppo di nuove opzioni terapeutiche in grado proprio di contrastare l'attivazione del sistema del complemento come, ad esempio, il farmaco eculizumab. Un gruppo internazionale di esperti, denominato 'HUS International', ha portato avanti un'indagine sulle problematiche connesse all'impiego di questo nuovo approccio terapeutico nella gestione clinica degli individui affetti da aHUS, dando particolare rilievo ai pazienti più giovani.
I risultati di questo studio sono stati recentemente pubblicati sulla rivista specializzata Pediatric Nephrology. Al lavoro, guidato dalla professoressa Chantal Loirat, dell’ospedale Robert Debré di Parigi hanno partecipati anche due specialisti italiani, la dottoressa Paola Coppo, dell’Ospedale Regina Margherita di Torino, e il dott. Francesco Emma della nefrologia dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma
La aHUS è una malattia rara che si manifesta con anemia emolitica, basso numero di piastrine (trombocitopenia) e insufficienza renale acuta. La patologia, provocando l'attivazione cronica e incontrollata del sistema del complemento, determina la formazione di coaguli di sangue a livello dei piccoli vasi sanguigni di tutto il corpo (microangiopatia trombotica), con il conseguente danneggiamento di organi vitali come il cuore, il cervello e, soprattutto, i reni. Circa il 65% dei pazienti affetti da aHUS va incontro ad un'insufficienza renale permanente, a dialisi o a morte, entro il primo anno di distanza dalla diagnosi della malattia.
Fino a poco tempo fa, le principali opzioni terapeutiche disponibili per i pazienti con aHUS erano rappresentate da plasmaferesi o da infusione di plasma fresco, due tipi di trattamento che, tuttavia, sono caratterizzati da effetti benefici incerti e da complicazioni piuttosto frequenti, che si verificano in modo particolare nei pazienti più giovani. Per i soggetti sottoposti a dialisi esiste la possibilità di ricorrere ad un trapianto di rene, anche se risulta di fondamentale importanza prevenire il rischio di un'eventuale recidiva della malattia, che potrebbe causare il danneggiamento dell'organo trapiantato.
Da qualche anno, per il trattamento della aHUS si è reso disponibile un nuovo farmaco denominato eculizumab, un anticorpo monoclonale che è in grado di bloccare l'attivazione incontrollata del sistema del complemento agendo contro la 'frazione proteica C5'. Eculizumab, commercializzato da Alexion Pharmaceuticals col nome di Soliris®, si è dimostrato in grado di inibire il processo di microangiopatia trombotica e di determinare un significativo miglioramento della funzionalità renale nei pazienti con aHUS.
Essendo evidente che l'approvazione del primo agente anti-complemento rappresenti un'importante passo avanti nella cura della aHUS, gli esperti del comitato HUS International hanno deciso di condurre un'indagine per comprendere come eculizumab abbia rivoluzionato non soltanto l'odierna concezione di questa patologia, ma, soprattutto, le attuali possibilità terapeutiche. Infatti, gli autori della ricerca hanno tentato, attraverso una revisione della letteratura scientifica e un'ampia analisi della casistica, di dare una risposta alle problematiche e agli interrogativi connessi all'impiego di eculizumab per il trattamento della aHUS, allo scopo di fornire una serie di raccomandazioni pratiche che possano essere utili a medici e specialisti per una migliore gestione clinica dei pazienti affetti dalla malattia.
Nello specifico, le principali tematiche affrontate nello studio riguardano i criteri di selezione dei pazienti idonei ad essere trattati con eculizumab, i parametri in base a cui dare inizio alla terapia o procedere a eventuali modifiche della stessa, il monitoraggio del trattamento e la prevenzione delle conseguenze correlate all'inibizione del sistema del complemento, come il rischio di infezione meningococcica, nonché l'approccio da utilizzare nel caso di un trapianto di reni o di un trapianto combinato di fegato e reni.
Gli specialisti di HUS International hanno messo in particolare risalto due specifiche problematiche emerse dalla loro indagine: la prima è relativa alla durata del trattamento con eculizumab, un tema che, secondo gli autori dello studio, solleva molti interrogativi ed evidenzia la necessità di effettuare studi prospettici che contribuiscano a stabilire i criteri oggettivi per cui decidere la continuazione o la cessazione di una terapia anti-complemento; la seconda questione riguarda l'elevato costo di eculizumab, un fattore che, attualmente, determina un'eccessiva disparità nella disponibilità del farmaco a seconda delle diverse aree geografiche del mondo.
Seguici sui Social