Il farmaco è stato testato in un'ampia coorte di pazienti adulti positivi agli anticorpi anti-AChR o anti-MuSK
In occasione del recente Congresso dell’American Association of Neuromuscolar & Electrodiagnosis, l’azienda farmaceutica Amgen ha presentato i dati postivi dello studio clinico di Fase III MINT, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, che ha valutato l’efficacia e la sicurezza di inebilizumab per il trattamento di pazienti adulti affetti da miastenia gravis generalizzata (gMG) positivi agli autoanticorpi diretti contro il recettore dell’acetilcolina (AChR) o contro la chinasi muscolo-specifica (MuSK).
La miastenia gravis (MG) è un raro disturbo autoimmune cronico mediato da specifici autoanticorpi, la cui produzione è indotta dai linfociti B, cellule del sistema immunitario umano. La patologia compromette la comunicazione neuromuscolare, causando estrema debolezza, difficoltà respiratorie, difficoltà a deglutire e alterazioni della parola e della vista, a seconda dei distretti muscolari coinvolti. Circa l’85% dei pazienti con miastenia gravis presenta anticorpi rilevabili contro l’acetilcolina (AChR) e circa il 7% presenta anticorpi rilevabili contro la chinasi muscolo-specifica (MuSK).
Il trial MINT, che ha coinvolto anche centri italiani, è il più ampio studio clinico controllato con placebo per la gMG relativo a una terapia biologica (con 238 pazienti adulti arruolati). La sperimentazione ha raggiunto il suo endpoint primario, ovvero dimostrare l’efficacia di inebilizumab nel migliorare le funzioni quotidiane dei pazienti, valutate mediante la scala di punteggio Myasthenia Gravis Activities of Daily Living (MG–ADL). Alla settimana 26, inebilizumab ha dimostrato un cambiamento clinicamente significativo, rispetto al basale, nel punteggio MG–ADL, che misura l’impatto della malattia su attività quotidiane come respirare, parlare e deglutire. Nei pazienti trattati con inebilizumab il punteggio è diminuito di 4,2 punti, rispetto ad una diminuzione di 2,2 punti nei pazienti trattati con placebo. Lo studio MINT ha anche raggiunto gli endpoint secondari chiave, con inebilizumab che ha mostrato, alla settimana 26 rispetto al placebo, una riduzione statisticamente significativa e clinicamente rilevante del punteggio MG-ADL sia nel gruppo di pazienti AChR+ che in quello MuSK+.
MINT è anche il primo e unico studio di Fase III condotto su terapia biologica che ha previsto una riduzione dei corticosteroidi nella gMG: l’utilizzo di inebilizumab ha permesso ai pazienti, che all’arruolamento assumevano corticosteroidi, di diminuire gradualmente la dose di prednisone fino a 5 milligrammi al giorno, a partire dalla settimana 4 fino alla settimana 24. Quest’ultimo è un elemento fondamentale per i pazienti, poiché l’uso prolungato di steroidi ad alte dosi contribuisce in modo significativo al carico complessivo della malattia.
“Le terapie attuali per la gMG, come gli steroidi ad alto dosaggio, possono avere effetti collaterali significativi che a lungo termine compromettono la qualità della vita dei pazienti, per questo è necessario offrire trattamenti mirati che possano modificare il decorso della malattia”, dichiara il Dott. Raffaele Iorio, Dipartimento Neuroscienze, Università Cattolica del Sacro Cuore, IRCCS Policlinico A. Gemelli Di Roma. “I dati emersi dallo studio MINT vanno in questa direzione e sono estremamente promettenti. Inebilizumab, anticorpo monoclonale specifico per la molecola CD19 espressa dai linfociti B, ha dimostrato una significativa efficacia nel ridurre la disabilità associata alla miastenia gravis generalizzata. Questo non solo sottolinea l’importanza dei linfociti B come bersaglio terapeutico nella gestione della patologia, ma apre la strada a nuove terapie mirate che promettono un miglior controllo della malattia rispetto ai trattamenti convenzionali, offrendo ai pazienti una speranza concreta di maggiore efficacia e potenzialmente una migliore qualità della vita”.
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