Colpisce soprattutto le donne. Porta affanno dopo uno sforzo fisico anche minimo, gonfiore alle caviglie e senso di oppressione all’addome. E’ l’identikit dell’ipertensione polmonare, malattia rara che, in assenza di trattamento, può purtroppo risultare mortale entro due-tre anni dalla diagnosi. Per un ideale approccio a questa patologia è necessario far riferimento ad alcuni centri che hanno sviluppato una specifica preparazione. Tra questi c’è sicuramente l’Ospedale Monaldi di Napoli, dal cui centro per l’ipertensione parte l’iniziativa scientifica tenutasi all’Hotel La Palma di Capri, dall’11 al 13 maggio, dal titolo 'Fourth Focus on Pulmonary Hypertension'.
Un congresso internazionale che ha coinvolto ricercatori di tutto il mondo e che ha un duplice obiettivo, come spiega il dr. Michele D’Alto, Responsabile U.O.S. 'Management cardiocircolatorio dell’ipertensione polmonare', dell’Ospedale Monaldi: “da un lato condividere i nuovi dati di ricerca sull’ipertensione e dall’altro creare un network italiano ed internazionale che consenta una risposta sanitaria più adeguata e una gestione più razionale delle risorse. La creazione di un network specifico per l’ipertensione arteriosa polmonare rappresenta un momento imprescindibile per garantire un adeguato percorso diagnostico e per fornire al paziente le risposte terapeutiche più moderne”.
“L’ipertensione arteriosa polmonare – prosegue il dr. D’Alto - è una malattia grave, caratterizzata dal restringimento progressivo delle piccole arterie del circolo polmonare. E’ una patologia abbastanza rara e per certi versi poco conosciuta: colpisce circa 50 persone su un milione, quindi in Italia si stima ci siano più o meno 3.000 pazienti. La malattia ha spesso un esordio subdolo e poco specifico: dispnea, astenia, facile affaticabilità. Condizioni che sono presenti nella maggior parte delle patologie cardiologiche o pneumologiche, dilatando proprio per questo i tempi di diagnosi”.
E proprio l’accertamento precoce della malattia può fare la differenza, soprattutto se si pensa ai tempi di esordio. Anche se può colpire tutte le fasce d’età, l’ipertensione polmonare insorge in genere tra i 30 e i 50 anni, nel pieno cioè dell’attività lavorativa e affettiva di una persona, se non addirittura quando un giovane sta ancora programmando il proprio futuro. “I principali 'unmet needs' del paziente – conferma il dr. D’Alto - sono da un lato il ritardo diagnostico (l’intervallo medio tra l’insorgenza dei sintomi e la diagnosi è di oltre due anni), dall’altro la scarsa esperienza dei centri periferici e la mancanza di una vera rete tra centri esperti (o di riferimento) e questi centri periferici. L’Ospedale Monaldi, che segue oltre 250 pazienti con ipertensione polmonare, ha attualmente il secondo centro italiano per dimensioni, e ci consente di trattare al meglio una malattia che, ricordo, è altamente invalidante, caratterizzata da un elevato tasso di ospedalizzazione e con un forte impatto sociale, in quanto la disabilità si ripercuote sull’attività lavorativa e relazionale”.
Fortunatamente la ricerca in questo campo è in continua evoluzione e ha consentito di identificare, negli ultimi due decenni, numerose molecole attive sulle cellule delle arterie polmonari malate. “Ultimamente – conclude il dr. D’Alto - la ricerca si sta orientando sullo studio delle associazioni di farmaci da somministrare precocemente, ossia appena la malattia viene diagnosticata. Studio capostipite di queste associazioni è stato AMBITION, che ha valutato e verificato l’efficacia della terapia combinata di volibris e tadalafil. Pur rimanendo una condizione grave e progressiva, l’avvento di nuovi farmaci e di approcci terapeutici più aggressivi ha migliorato sensibilmente la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare. La diagnosi precoce e un approccio terapeutico adeguato rappresentano la migliore risposta a tale malattia”.
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