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Dott.ssa Elena Fornari (Verona): “Queste terapie riducono la produzione o aumentano il catabolismo delle lipoproteine, permettendo ai pazienti di sottoporsi meno spesso all’aferesi lipoproteica”

Quando parliamo di colesterolo elevato e dei conseguenti problemi cardiovascolari che esso comporta ci figuriamo un paziente adulto, magari in età avanzata; tuttavia, alcune forme di ipercolesterolemia possono interessare anche i bambini, come quello in cura dalla dottoressa Elena Fornari, presso il reparto di Pediatra B dell’Ospedale di Borgo Trento a Verona. Affetto da ipercolesterolemia familiare omozigote resistente alla terapia standard, il bambino - che ha ricevuto la diagnosi all’età di otto mesi - aveva valori di colesterolo totale superiore a 1000 mg/dL (quelli desiderabili sono inferiori a 200) e di colesterolo LDL (quello “cattivo”) superiori a 800 mg/dL (la norma è al di sotto di 115). Dopo il trattamento con evinacumab è stata raggiunta una riduzione del colesterolo di circa l’80%.

“La dislipidemia mista può dipendere per la maggior parte dallo stile di vita e, generalmente, ha un’eredità poligenica”, precisa Fornari (clicca qui o sull’immagine dell’articolo per guardare la video-intervista). “Invece, la forma familiare di ipercolesterolemia è dovuta alla mutazione di un gene specifico e si può presentare in due forme: quella eterozigote, con valori di colesterolo generalmente più bassi, è la più frequente; la forma omozigote, invece, determina valori di colesterolo più elevati e implica maggiori difficoltà nel trattamento”.

Infatti, il bambino in cura dalla dott.ssa Fornari aveva un profilo genetico caratterizzato dalla presenza di una mutazione che rendeva difficoltosa l’azione della terapia standard, di solito costituita dalle statine o dall’ezetimibe. Perciò, i medici hanno deciso di avviare un regime terapeutico a base di evinacumab, facendo di lui il bambino più piccolo al mondo trattato con questo farmaco innovativo. E con risultati straordinari.

Gli anticorpi monoclonali come evolocumab o evinacumab, ora disponibili anche per l’età pediatrica, agiscono sui meccanismi molecolari propri del metabolismo delle lipoproteine, riducendone la produzione o aumentandone il catabolismo”, prosegue Fornari. “Si possono somministrare per via iniettiva oppure per infusione e hanno consentito di migliorare la qualità di vita dei pazienti, evitando loro di doversi sottoporre frequentemente all’aferesi lipoproteica”. Difatti, il rischio più elevato per i pazienti è associato all’insorgenza - già nelle prime decadi di vita - di eventi cardiovascolari gravi che possono condurre anche al decesso. Una diagnosi precoce è essenziale per abbassare tale probabilità.

“L’introduzione di questi nuovi farmaci può avere diversi vantaggi”, precisa la pediatra veronese. “Ad esempio, una terapia che può essere somministrata con un’iniezione sottocutanea a casa, oppure una terapia infusiva che può essere erogata in circa un’ora di tempo, costituiscono un passo avanti rispetto a un trattamento che esige svariate ore di ospedalizzazione e impegna il paziente fino a due volte al mese. Non bisogna infatti scordare che quando trattiamo un paziente pediatrico ci troviamo in realtà di fronte a una triade, costituita dal bambino e dai suoi genitori. Quindi, presentarsi in ospedale per effettuare una visita o una seduta di trattamento significa per i genitori dover rinunciare a una giornata lavorativa”. Una terapia efficace, sicura e semplice da somministrare è uno dei più grandi desideri di tantissimi malati.

La video-intervista alla dottoressa Elena Fornari è stata realizzata da OMaR con il contributo non condizionante di Ultragenyx.

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