Un terzo dei casi esordisce con la miastenia ma negli altri è asintomatico e ritarda la diagnosi. A Milano si sperimenta oggi un nuovo farmaco
Milano - Si contano solo 0,12 casi su 10 mila individui di timoma, stando alle più recenti stime europee. Si tratta di una neoplasia molto rara, anche per gli stessi medici che si occupano di pochi casi all’anno. Riconoscere e, di conseguenza, classificare in modo corretto le diverse forme di tumore del timo dipende quindi dall’esperienza dell’equipe assistenziale e influenza in modo significativo la scelta di un percorso terapeutico efficace e misurato sul paziente.
Il timo è l’organo dove maturano le cellule T nel bambino, indispensabili per la difesa immunitaria nei primi anni di vita. Dopo i 7 anni di età, invece, regredisce e perde la quasi totalità delle sue funzioni. Nonostante sia pressochè inattivo, le sue cellule possono essere soggette a proliferazione tumorale dettata da un’eziologia poco conosciuta.
“Ancora oggi non sappiamo quali siano i fattori che riacutizzano la presenza del timo nell’organismo dell’adulto e inducano la malattia”, spiega Marina Garassino della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, uno dei principali centri per la gestione delle neoplasie del timo, che conta circa 60 casi all’anno di questo tumore raro. Alcuni studi scientifici hanno escluso dalla lista delle possibili cause il fumo e l’alcol, mentre non ci sono dati certi sull’eventuale associazione della malattia con dieta, fattori ambientali o occupazionali. Escluso anche il virus dell’HIV, che come il timoma comporta un’alterazione delle cellule T, e persistono alcuni sospetti su una possibile influenza del virus di Epstein-Barr, comune nell’uomo, seppure non ci siano ancora conferme scientifiche.
“Sono state ricercate variabili genetiche, non ancora individuate. E’ stato evidenziato un maggiore numero di casi in alcune aree geografiche, come il Pacifico. Un terzo dei casi di timoma esordisce con la miastenia, una rara patologia.”, prosegue. I due terzi restanti non sono correlati ad altre malattie e, molto spesso, sono diagnosticati per caso: una semplice radiografia del torace, magari prescritta per accertamenti di altra natura, può infatti essere il primo strumento per individuare un allargamento del mediastino, lo spazio nella cavità toracica in cui alloggia il timo, che rappresenta un segnale di allarme. Quando esordisce la malattia è asintomatica e ciò può comportare un ritardo nella diagnosi.
Riconoscere un tumore del timo può essere piuttosto semplice, più complessa è invece la sua classificazione fondata esclusivamente su parametri anatomo-patologici. “Esistono diverse sottocategorie di questo tumore, che hanno prognosi differente e sono anche caratterizzate da risposte diverse a chemioterapia e radioterapia. Per questo è importante rivolgersi a un centro di riferimento specializzato o, quantomeno, con un alto numero di casi curati: la classificazione dipende solo dall’esperienza professionale del patologo e la scelta del migliore percorso terapeutico deve essere a carico di una equipe multidisciplinare specializzata per questo tipo di malattia.”
Quando localizzato, la chirurgia rappresenta la terapia di elezione con una prognosi favorevole. Diverse le indicazioni per neoplasie del timo già estese, in modo più o meno massiccio, per cui è indicata anche la radioterapia. Il carcinoma timico, che rappresenta una piccola porzione di queste neoplasie, è più aggressivo e ha una sopravvivenza a 5 anni molto bassa. Oggi i ricercatori guardano con interesse ad alcune molecole che potrebbero essere efficaci nei timomi in fase avanzata o recidivanti e già sperimentati su altre forme tumorali: gli inibitori di mTOR, il sorafenib e il milciclib meleato. Quest’ultimo, una molecola che blocca l’azione delle chinasi ciclina-dipendenti con un ruolo chiave nella divisione cellulare e la proteina TRKA coinvolta nella crescita delle cellule tumorali del timoma, è al centro di uno studio investigativo, open-label, di fase II presso l’istituto milanese in collaborazione con il National Cancer Institute americano. Lo studio, avviato nel 2011, si concluderà entro i prossimi due anni e valuterà, come endpoint primario, la sopravvivenza libera da progressione (PFS) a 3 mesi. Il milciclib meleato ha recentemente avuto designazione orfana per il trattamento del timoma.
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