La Sclerosi Laterale Amiotrofila (SLA) è una malattia neurodegenerativa che compare nella maggior parte dei casi dopo i 50 anni e porta ad una degenerazione dei neuroni di moto o motoneuroni. La malattia è conosciuta anche come Morbo di Lou Gehrig, dal nome del famoso giocatore americano di baseball che ne fu colpito, o come malattia di Charcot dal nome del neurologo francese che per primo la descrisse nel 1860. Nella maggior parte dei casi, oltre il 90 per cento, la malattia è sporadica e sulle sue cause non c’è ancora certezza nonostante negli ultimi anni siano stati compiuti numerosi studi e siano state avanzate molte ipotesi. Il  5 – 10 per cento dei casi sono invece di Sla familiare, presentano cioè dei precedenti in famiglia. La sua incidenza è di circa 1 – 3 casi ogni 100.000 abitanti all’anno. Attualmente in Italia non si conosce il numero esatto di malati poiché non sono stati ancora completati i relativi registri. Tuttavia si stimano almeno 3.500 malati e 1.000 nuovi casi all’anno con una forte concentrazione il Lombardia, seguita da Campania, Lazio e Sicilia anche se questo potrebbe dipendere in buona parte da una maggiore capacità di diagnosi delle strutture ospedaliere locali.

La prevalenza, cioè il numero di casi presenti sulla popolazione, è in aumento: questo grazie alle cure che permettono di prolungare la vita del malato. Tuttavia attualmente non ci sono cure in grado di arrestare la malattia e l’esito rimane infausto.
Esordio e decorso della malattia variano molto da individuo ad individuo e dipendono dalla forma di Sla da cui si è colpiti. In genere i sintomi iniziali sono brevi contrazioni muscolari, detti anche fascicolazioni, crampi oppure una certa rigidità dei muscoli, debolezza dei muscoli che influisce sul funzionamento di un arto e voce indistinta. Manifestazioni aspecifiche che possono essere confuse con molte altre malattie ritardando spesso la diagnosi. Questo tipo di esordio riguarda circa il 75% dei casi di Sla mentre il restante 25% ha un esordio detto bulbare che si manifesta con difficoltà nella parola fino alla perdita della capacità di comunicare verbalmente e difficoltà di deglutizione. I due tipi di esordio dipendono da quale motoneurone viene colpito prima, se il primo che si trova a livello della corteccia cerebrale (esordio bulbare) o il secondo che si trova a livello del tronco encefalico e del midollo spinale (esordio spinale)
In passato si riteneva che il malato, pur perdendo progressivamente la capacitò di muoversi, parlare, deglutire e spesso anche respirare autonomamente, mantenesse pressoché intatte le proprie capacità cognitive. Tuttavia studi recenti condotti con tecniche di imaging mostrano come in alcuni casi la Sla possa andare ad intaccare il lobo fronte temporale accompagnandosi così a demenza.
La diagnosi di Sla viene fatta per lo più in maniera sintomatica e avviene mediamente dopo un anno dall’insorgenza dei sintomi, anche se non mancano casi in cui la diagnosi viene fatta in tempi molto più lunghi. Solo negli ultimi anni sono stati messi a punto dei marcatori biologici per la diagnosi che sembrano avere un elevato grado – si parla di oltre il 90 per cento – di accuratezza. Si tratterebbe di tre proteine che nei malati di Sla avrebbero concentrazioni inferiori alla media nel liquor cefalorachidiano.
Attualmente si ritiene che la Sla sia una malattia con cause multifattoriali, cioè che il suo insorgere possa essere determinato da una serie di motivi di tipo sia genetico che ambientale.  
Studi recenti hanno individuato tra le cause di Sla il mutamente di un gruppo di geni la cui mutazione sarebbe un fattore predisponente. In particolare viene studiato con attenzione il ruolo del gene SOD1 che produce la superossido dismutasi Cu/Zn. Quando questo funziona correttamente ha il ruolo di ripulire le cellule  da un particolare radicale libero. Quando ciò non avviene si manifesta un accumulo tossico che finisce per uccidere le cellule dei neuroni.
Particolare attenzione viene attualmente rivolta a cause ambientali e stili di vita che possono, nel soggetti predisposti, facilitare l’insorgenza della malattia. Tra i fattori ci sono il contatto con agenti inquinanti, i traumi frequenti alla testa. Questa ipotesi di studio ha preso particolarmente vigore dopo che vari studi, sui quali però ci sono ancora delle controversie, hanno dimostrato una maggiore incidenza della malattia tra atleti professionisti in particolare di calcio e football.
Attualmente l’unico farmaco approvato e di cui sia stata dimostrata una certa efficacia nel ridurre la progressione della malattia è il Riluzolo che ha la funzione di ridurre il rilascio di glutammato che gli studi dimostrano accumularsi nel plasma e nel fluido cerebrospinale dei malati facendo morire progressivamente i neuroni. Altri trattamenti per la SLA sono mirati a rendere meno gravi i sintomi ed a migliorare la qualità della vita per i pazienti. Queste cure palliative vengono fornite al meglio da team multidisciplinari poiché la Sla è una malattia che investe tutte le aree funzionali del paziente.
La maggior parte dei pazienti alterna periodi di ricovero ospedaliero a periodi di assistenza domiciliare che richiedono un’assistenza continua, sia di tipo medico che non.  Non va pertanto sottovalutato l’altissimo impatto sociale della malattia che investe tutta la famiglia – la maggior parte delle persone che vengono colpite dalla Sla sono nel pieno della loro attività lavorativa e affettiva -; spesso il coniuge della persona malata lascia o riduce la propria attività lavorativa, la casa deve essere adattata alle esigenze del malato e l’impatti psicologico è molto forte anche per l’incapacità del malato di comunicare con voce o gesti i proprio bisogni e desideri.

Fonti e ulteriori informazioni - Orphanet


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