Boccia paralimpica

È in corso in questi giorni a Olbia il World Boccia Challenger. Vincenzo Santucci (FIB): “La disciplina si adatta alle capacità residue degli atleti”

È lo sport più inclusivo del mondo paralimpico, quello davvero aperto a tutti, soprattutto a chi ha una disabilità grave o gravissima. Introdotta per la prima volta ai Giochi di Los Angeles 1984, in Italia la boccia paralimpica è al centro di un movimento in forte crescita, con oltre 300 atleti tesserati e 81 società diffuse su tutto il territorio nazionale e federate alla FIB, la Federazione Italiana Bocce, riconosciuta dal Comitato Italiano Paralimpico. “E proprio questo sport sarà protagonista, dal 30 settembre fino al 6 ottobre, del World Boccia Challenger di Olbia, una kermesse internazionale che vede oltre 20 Nazioni e circa 100 atleti impegnati”, spiega il responsabile nazionale dell'attività paralimpica della FIB, Vincenzo Santucci. “Quest’anno abbiamo fatto un’ottima stagione e siamo arrivati a un passo dalle Paralimpiadi di Parigi, dove però non siamo riusciti a partecipare, ora puntiamo ai Giochi di Los Angeles 2028”.

La boccia paralimpica è praticata da atleti in carrozzina e si gioca in palestra e non sul campo, con bocce in tessuto leggermente più grandi di una palla da tennis, che possono essere tirate, spinte o fatte scivolare da una rampa. Chi non è in grado di lanciare la boccia in autonomia usufruisce di un assistente, che però non può guardare il campo da gioco durante la partita né parlare con l’atleta. Come nella boccia tradizionale, lo scopo del gioco è quello di avvicinare il più possibile le bocce al jack (il boccino). “Si tratta di una disciplina adatta ad atleti che, per le loro condizioni fisiche, non riuscirebbero a praticare altri sport perché colpiti da malattie degenerative, distrofie muscolari, atassie, paralisi cerebrali, per fare solo alcuni esempi”, prosegue Santucci. “Si tratta sempre di atleti tetraplegici, che nelle gare internazionali sono divisi in quattro categorie sulla base delle capacità residue: BC1, BC2, BC3 e BC4. La BC3 rappresenta gli atleti con disabilità più grave, quelli che non avendo la possibilità di lanciare la palla utilizzano la rampa e si avvalgono sempre di un assistente”. Le altre categorie comprendono gli atleti con lesioni al sistema nervoso centrale e disabilità neurologiche gravi non progressive che possono ricevere aiuto da parte di un assistente (BC1), atleti con lesioni al sistema nervoso centrale e disabilità neurologiche gravi non progressive che possono giocare in autonomia (BC2), gli atleti con disabilità di origine non cerebrale, che hanno la possibilità di giocare con i piedi e possono gareggiare in maniera indipendente (BC4). In Italia si aggiunge la categoria BC5, che non è riconosciuta a livello internazionale e riguarda atleti con una spasticità inferiore rispetto alle atre classi.

“Prima di praticare la boccia non avevo mai provato l'ebbrezza di fare sport”, racconta Mirco Garavaglia, atleta della Nazionale Italiana categoria BC3, che quest’anno ha mancato per un pelo il pass per Parigi. “Avendo una disabilità motoria grave non sono molti gli sport che si possono praticare. Ho iniziato nel 2015 con la ASD Polisportiva Superhabily di Abbiategrasso (MI), grazie al mio fisioterapista che mi ha parlato della disciplina e mi ha portato a un allenamento a Milano”. Nato a Legnano 24 anni fa e residente a Mesero, a una trentina di chilometri da Milano, Garavaglia è affetto da distrofia muscolare ed è uno degli atleti di punta della Nazionale italiana. “Partecipare a gare e competizioni è stimolante, ma anche il tempo che dedico agli allenamenti è per me un momento molto importante, con tanto impegno, passione e soprattutto divertimento”, prosegue. “La Boccia mi ha dato la possibilità di conoscermi meglio e di affinare alcune mie caratteristiche, come la precisione e la concentrazione. Certamente lo sport è occasione di nuove conoscenze e amicizie, e così è stato per me”.

“Il bello della boccia paralimpica è che si adatta alle capacità residue degli atleti, ma sono sempre loro al centro della scena, cercando di dare il massimo con ciò che hanno a disposizione”, commenta Santucci. E poi c’è la valenza sociale, naturalmente. “La boccia migliora l’autocontrollo e l’autostima, favorendo la realizzazione personale e l’inclusione. Ora il nostro obiettivo è portarla anche nelle regioni dove non è ancora presente, per diffondere sempre di più questo sport, coinvolgendo tante ragazze e ragazzi, che non hanno ancora l’opportunità di praticarlo”

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