Se ben compresi e classificati, sintomi come quelli autonomici, gastrointestinali e vascolari potrebbero rappresentare dei precoci segnali d’allarme della patologia
Come da tradizione, ogni anno il 17 settembre ricorre la Giornata Nazionale dedicata alla sclerosi laterale amiotrofica (SLA), una malattia neurodegenerativa che non ha più bisogno di presentazione e per la quale, purtroppo, non esiste ancora una cura in grado di interrompere la progressione dei sintomi. In questa situazione è opportuno rivolgere l’attenzione ai segnali precoci della malattia in modo da dare inizio a una terapia di supporto che ne rallenti il più possibile l’avanzata: un recente articolo scientifico pubblicato sulla rivista Amyotrophic Lateral Sclerosis and Frontotemporal Degeneration esplora proprio il capitolo dei sintomi non motori della SLA, piuttosto eterogenei e spesso trascurati ma capaci di incidere in maniera significativa sulla qualità di vita dei malati.
Molte storie di pazienti con SLA descrivono persone che gradualmente si ritrovano ad essere più stanche, incespicano e non riescono a camminare bene, e proprio per questo si sottopongono a delle visite di approfondimento al termine delle quali giunge la diagnosi della malattia. È il caso di Domenica Monica Guglielmo - la cui storia è stata riportata da Giusy Andreoli sul quotidiano Il Mattino di Padova. Domenica, una donna attiva e dinamica, ha convissuto per oltre 10 anni con la sclerosi laterale amiotrofica, che l’ha costretta a restare paralizzata a letto, togliendole ogni possibilità di movimento e, alla fine, anche la voce. Nel suo ricordo, il marito Alberto ha sottolineato l’urgenza di investire nella ricerca contro la SLA, definita una “subdola malattia”. In questo senso assume valore lo studio dei neurologi del King’s College - tra i quali figura l’italiana Silvia Rota - che ha descritto una gamma di sintomi spesso sottovalutati nella SLA.
Infatti, la natura non specifica ed eterogenea della sintomatologia che contraddistingue la sclerosi laterale amiotrofica rende complesso lo studio della malattia: la debolezza a livello degli arti, la confusione nel linguaggio, le difficoltà di deglutizione e le contrazioni muscolari sono tra i sintomi più classicamente associati alla SLA ma, come notano gli autori dell’articolo, esistono ulteriori manifestazioni di patologia direttamente correlate alla prognosi e alla qualità di vita dei malati. E per dimostrare ciò, i ricercatori hanno tracciato un paragone con la malattia di Parkinson, nella quale sono stati identificati alcuni sintomi “prodromici”, ossia dei segnali che anticipano l’esordio della patologia. Nella SLA, invece, l’attenzione a sintomi ‘secondari’, come quelli non motori, rimane ancora piuttosto scarsa, fatto salvo per le manifestazioni cognitive.
Ma quali sono i sintomi non motori nella SLA? Secondo gli autori dell’articolo, possono essere distinti in 5 categorie: neuropsichiatrici, autonomici, gastrointestinali e vascolari, più altri di tipo sistemico ma diversi dai precedenti. Associati anche ad altre condizioni neurodegenerative, fra cui la demenza frontotemporale, i sintomi neuropsichiatrici della SLA sono i più noti e meglio caratterizzati. Essi includono depressione, ansia, idee suicide, compromissioni della sfera cognitivo-comportamentale, sindrome pseudobulbare (vale a dire una condizione di incapacità di controllo dei muscoli del distretto facciale) e disturbi del sonno. I cosiddetti sintomi autonomici comprendono dolore, incontinenza urinaria, dispnea e disturbi della funzionalità sessuale, mentre tra le manifestazioni del comparto gastrointestinale la scialorrea (cioè l’eccessiva produzione di saliva) è riportata in oltre la metà dei casi di sclerosi laterale amiotrofica. Infine, vi sono sintomi come il prurito, il cui significato nel difficile contesto della patogenesi della SLA non trova ancora spiegazione.
Parecchie di queste manifestazioni possono esser associate alla sfera motoria (il dolore, ad esempio, può risultare dall’immobilità e dal cambiamento posturale a cui sono costretti i malati): pertanto, è spesso arduo catalogarle in maniera corretta. Al contrario, nel caso della malattia di Parkinson il profilo non motorio è ben tratteggiato e la progressione delle manifestazioni ascrivibili a questa categoria è solidamente correlata con l’avanzare della patologia. “Depressione, apatia, affaticamento e disturbi del sonno sono i sintomi in cui è più forte l’associazione negativa con la qualità della vita”, scrivono gli autori riferendosi alla malattia di Parkinson, per la quale sono già disponibili questionari e scale di valutazione delle manifestazioni non motorie della malattia. Al contrario, per la sclerosi laterale amiotrofica mancano strumenti simili.
Di fatto, l’attuale carenza di sistemi per la diagnosi precoce della SLA non riguarda unicamente i test biochimici o quelli genetici, ma anche strumenti come le scale di valutazione dei sintomi non motori. Per quanto alcuni di questi sintomi - depressione, ansietà, apatia, oppure le disfunzioni della sfera olfattiva e la disfagia - siano comuni alla malattia di Parkinson e alla SLA, altri evolvono in maniera distinta: è il caso del processo di deterioramento cognitivo, che all’esordio del Parkinson colpisce le funzioni esecutive e la capacità di attenzione, mentre nella SLA interessa l’elaborazione delle emozioni, la cognizione sociale e gli ambiti comportamentale e del linguaggio.
La compromissione dell’olfatto, i disturbi del sonno e la stitichezza sono stati ampiamente associati a una fase anticipatoria dell’insorgenza della malattia di Parkinson e, sebbene l’esistenza di un tale stadio sia riconosciuta anche nella SLA, i sintomi che lo definiscono non sono stati ancora identificati: non è semplice capire quali siano queste manifestazioni anche perché, in certi casi, la SLA insorge su altre malattie degenerative, fra cui la demenza frontotemporale, ma occorre continuare gli studi. I risultati ottenuti nella malattia di Parkinson, infatti, testimoniano la validità di questo approccio.
Tenuta presente la storia naturale della sclerosi laterale amiotrofica, e il fatto che alcuni passaggi del meccanismo che la origina devono ancora essere compresi e spiegati, la messa a punto di strumenti validati e accettati dalla comunità scientifica per valutare la presenza di sintomi non motori nella SLA è quindi un obiettivo prioritario, che potrebbe consentire di comprendere a fondo la malattia, aumentare il livello di consapevolezza dei pazienti, invitandoli a non trascurare questi campanelli d’allarme, e migliorare anche la loro qualità di vita.
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