Dopo 6 anni per ottenere la diagnosi ha creato un avatar, Lady M, e una pagina Instagram dedicata all'awareness di patologia
“Ho sempre sognato di fare l’illustratrice di letteratura per l’infanzia, fin da quando ero bambina. Sognavo di studiare alla scuola per illustratori… la mia mamma però, donna estremamente pragmatica, mi ha sempre detto che per fare l’artista mi sarebbe servito anche un lavoro “vero”. E così mi sono laureata in chimica e tecnologie farmaceutiche, e ho aperto la mia parafarmacia, qui a Pula, in Sardegna. Ma una grossa parte della mia giornata, oltre al lavoro, è dedicata all’arte. Una cosa che ha sempre fatto parte di me. L’immagine di Lady M è nata dal mio desidero di accettare i cambiamenti che il mio corpo stava subendo a causa della malattia, in particolare per cercare di accettare la mia ptosi, per cercare di vedere la bellezza anche su un volto con un occhio chiuso”. Sono le parole con cui Lady M, al secolo Maya Uccheddu, inizia il suo racconto.
La malattia di cui parla è la miastenia gravis, patologia neuromuscolare autoimmune di cui Maya ha scoperto di essere affetta dopo circa 6 lunghi anni.
“La ptosi palpebrale, che possiamo definire palpebra cadente è stato il sintomo della svolta diagnostica: uno dei miei occhi non si apriva più, il corpo non rispondeva ai miei comandi. Ma i sintomi sono comparsi molto tempo prima, anche se erano più sfumati. Ho avuto una serie di problemi legati a un’infezione virale per qualche anno, e imputavo la mia stanchezza inspiegabile e cronica a quello. Poi però i disturbi si sono aggravati, ho iniziato ad avere disturbi agli arti inferiori: non riuscivo a salire le scale e a guidare. La vista mi si offuscava spesso, faticavo a tollerare la luce. Avevo problemi di deglutizione, mi andava continuamente di traverso l’acqua: un disastro. Ho fatto molte visite, soprattutto oculistiche, ma non risultava nulla. Mi sono rivolta anche a dei neurologi, ho effettuato esami strumentali (come la risonanza magnetica cerebrale) ma nulla. Sospettavano avessi la sclerosi multipla, ma una volta esclusa questa diagnosi nessuna risposta. I miei sintomi sono sempre stati fluttuanti: avevo periodi buoni e periodi in cui mi trascinavo letteralmente strisciando al lavoro.”
Maya però non è una persona che si piange addosso. Suo marito la aiuta sempre, anche nei periodi più faticosi.
“Nel 2019 la situazione è peggiorata drasticamente, avevo il fiato corto, non riuscivo nemmeno a finire una frase senza avere il fiatone. Sono finita in pronto soccorso, ma mi hanno liquidata dicendo che non avevo nulla. Qualcuno sospetta anche un po’ di depressione, ansia, stress…non me lo dicono ma si capisce da come mi trattano.”
“L’anno dopo, nel periodo estivo 2020, un’amica ha cominciato a dirmi, per più giorni di fila, che mi ero truccata male gli occhi, ma non capivo cosa volesse dire. Dopo un paio di giorni ho capito: un occhio mi si è chiuso completamente, non riuscivo ad alzare la palpebra in nessun modo, avevo inoltre una fotofobia intensa.
Riesco a farmi visitare da un’oculista solo a settembre – prosegue – e mi presento di fatto con un occhio chiuso. Lo specialista sospetta una paralisi a freddo (paralisi iatrogena, o paralisi di Bell, un disturbo transitorio piuttosto comune) e mi suggerisce di vedere un neurologo. Il neurologo, nonostante avessi esposto tutti i miei sintomi conferma la diagnosi e mi imbottisce di cortisone. In effetti inizio a stare meglio e l’occhio si riapre, ma terminato il ciclo di terapia i sintomi ricompaiono, l’occhio si richiude. Ricomincio a fare dei cicli di cortisone ma ogni volta i sintomi ricompaiono e in particolare la palpebra, verso sera, letteralmente cala. Dunque scatta, da parte del neurologo, il primo sospetto di miastenia, eseguo gli esami anticorpali specifici ma risulto sieronegativa. Quindi la miastenia gravis è stata esclusa.”
La miastenia gravis è causata principalmente dalla disfunzione del recettore per l’acetilcolina localizzato a livello della giunzione muscolare. Si tratta di una molecola rilasciata dall’estremità dei nervi periferici che vengono a contatto con i muscoli (giunzione neuro-muscolare) per permetterne la contrazione e produrre il movimento muscolare. Nei pazienti con miastenia gravis si riscontrano alcuni anticorpi che bloccano, alterano o distruggono il recettore per l’acetilcolina o modificano la funzione di altre proteine della giunzione neuromuscolare, bloccando in tal modo la trasmissione degli impulsi dal nervo al muscolo. Di conseguenza i muscoli si contraggono in maniera alterata, si affaticano e si indeboliscono. Alcuni degli anticorpi “dannosi” sono noti e possono essere riscontrati con specifici esami. In altri casi (circa il 10-15%) i pazienti risultano negativi a queste indagini (e vengono definiti “sieronegativi”). Esistono però altre indagini diagnostiche (disponibili nei centri specializzati) che, unitamente alla valutazione clinica, possono condurre alla corretta diagnosi.
Maya però non è convinta di poter escludere la miastenia. Si confronta con una community di pazienti online e il sospetto di una patologia aiutommune neuromuscolare è sempre più forte. Dunque decide di rivolgersi a un centro specializzato e la sua scelta ricade sull’Istituto Besta di Milano.
“Sono arrivata al Besta nell’estate 2021, ma la diagnosi è arrivata solo un anno dopo. Perché anche in questo caso sono risultata negativa agli esami anticorpali, ma l’equipe del Besta sospettava comunque la miastenia, e mi ha prescritto un ciclo terapeutico con l’idea di tenermi monitorata. Dopo qualche mese ho però iniziato ad aggravarmi ancora di più: non riuscivo più a tenere le braccia sollevate e non riuscivo più a masticare. D’accordo con il mio medico ho sospeso il trattamento farmacologico (sospensione necessaria per poter eseguire gi accertamenti diagnostici) una ventina di giorni prima della visita. Per cause covid la visita però è stata ritardata di due mesi e sono letteralmente crollata: non riuscivo più ad alimentarmi se non con frullati. Mi sono sentita letteralmente tradita dal mio corpo. Non so nemmeno io come ho fatto a continuare a lavorare, e se l’ho fatto è solo perché abito a pochi metri dalla mia attività. Non avrei mai potuto guidare, né salire in autobus, né camminare a lungo.”
Poi finalmente Maya torna al Besta, e la conferma diagnostica non tarda ad arrivare, nonostante la sieronegatività. Di conseguenza Maya ha iniziato il giusto trattamento farmacologico e in breve tempo è potuta tornare a una vita normale.
“Normale proprio no – ironizza Maya - perché comunque so che potrei peggiorare in fretta, che sono lontana dal mio centro di riferimento, e che ci sono pochi trattamenti per chi è sieronegativo. E perché la malattia mi ha tolto l’indipendenza. Ed è difficile capirlo: è difficile capire questa disabilità così invisibile e così fluttuante. Con una malattia come questa la qualità della vita crolla, perdi l’indipendenza, devi chiedere aiuto. Mi sono isolata per molti anni, inventando scuse per non dover spiegare, per non uscire, per non dover raccontare. Ora finalmente ho deciso di dedicarmi a divulgare, a informare.
Ho aperto la mia pagina instagram per mettermi a disposizione di altri pazienti, per essere d’aiuto alle altre persone che come me devono convivere con questa malattia. E per dare a mia volta un contributo a chi affronta la malattia.”
“C’è chi ha sofferto tanto a livello fisico – prosegue Maya - chi come me ha faticato moltissimo ad ottenere una diagnosi, ci ho messo ben 6 anni. Le associazioni fanno moltissimo per i pazienti, io sono membro di AIM - Associazione Italiana Miastenia e Malattie Immunodegenerative - Amici del Besta ODV e il lavoro che fanno è straordinario. Ci sono però anche moltissime ragazze giovani, è fondamentale per loro trovare informazioni anche su un social come Instagram, più immediato rispetto magari al contatto tramite il sito di un’associazione. Il ritardo diagnostico è molto diffuso, ma anche quando si arriva alla diagnosi non è sempre facile accettarsi, accettare una disabilità, magari gli effetti collaterali dati dalla terapia, che in molti casi va seguita per tutta la vita. Entrare in contatto con altre persone che vivono quello che vivi tu è fondamentale. C’è ancora molto da fare sul fronte dell’advocacy, anche per quel che riguarda la formazione dei medici.”
Uno dei desideri di Maya e dell’associazione AIM è infatti quello di poter offrire anche ai medici, specialisti e medici di medicina generale, dei supporti informativi che aiutino a porre il sospetto diagnostico, e ad attenzionare maggiormente i pazienti che presentano sintomi potenzialmente riconducibili a patologie neuromuscolari come la miastenia gravis.
“Con AIM abbiamo voluto fortemente realizzare questo video, che anima le tavole che ho realizzato, perché pensiamo possa essere un supporto fondamentale per i pazienti e le loro famiglie. Ci piacerebbe anche – conclude Maya – che potesse essere d’aiuto ai medici, per ricordare loro che le malattie rare a volte non sono così rare come sembrano, e che la sintomatologia si manifesta in maniera molto diversa da persona a persona, perché siamo rari, ma anche unici.”
Maya Uccheddu, Lady M, ha 41 anni e vive in Sardegna. Collabora attivamente con AIM e con l’associazione internazionale di advocacy Woman’s Brain Project.
La sua Pagina Instagram è Lady M.
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