A Milano gli esperti riuniti per parlare della patologia e delle recenti novità terapeutiche, con la partecipazione dell’associazione AMARE Onlus
Non è parossistica e nemmeno notturna, perché l'emolisi può avvenire in qualsiasi momento della giornata: da quando la patologia è stata identificata alla fine dell’800, la ricerca ha fatto enormi passi in avanti, sia in termini di conoscenza della patogenesi, sia in termini di trattamento, ma cambiare il nome dopo 150 anni ha poco senso. Ha senso invece fare il punto sugli ultimi trattamenti approvati per l’emoglobinuria parossistica notturna (EPN), una rara malattia ematologica caratterizzata da un difetto genetico acquisito nel gene PIGA, che porta a una maggiore suscettibilità all'emolisi intravascolare dei globuli rossi. Si stima che nel mondo circa 10-20 persone su un milione siano affette da EPN e in Italia si contano circa mille pazienti. La patologia può svilupparsi a qualsiasi età, ma viene spesso diagnosticata in persone giovani, di età compresa tra i 30 e i 40 anni.
A volere fare il punto con cittadini e media è stata Novartis che lo scorso dicembre ha organizzato a Milano un incontro pubblico dove sono intervenuti Bruno Fattizzo (Medico Ematologo del Policlinico di Milano), Anna Paola Iori (Ematologa presso il Policlinico Umberto I di Roma) e Angelo Lupi, Presidente AMARE Onlus (Associazione Malattie Rare Ematologiche), che hanno approfondito gli aspetti clinici e quotidiani della gestione dell’EPN.
Su OMaR abbiamo trattato spesso di questa patologia, affrontando diversi aspetti, tra cui le principali manifestazioni cliniche - anemia emolitica, trombosi e insufficienza del midollo osseo - e l’importanza della diagnosi tramite citometria a flusso per rilevare la carenza di proteine CD55 e CD59. Abbiamo approfondito le terapie disponibili, in particolare l’uso di inibitori del complemento come eculizumab, e riportato aggiornamenti su nuove strategie terapeutiche in fase di sviluppo. Inoltre, abbiamo cercato di carpire i bisogni insoddisfatti dei pazienti (qui il documento pdf) e abbiamo dato spazio al supporto per i pazienti, segnalando risorse e iniziative come quelle dell’Associazione Italiana Emoglobinuria Parossistica Notturna (AIEPN).
UNA PATOLOGIA DEL SANGUE
L'emoglobinuria parossistica notturna (EPN) è una malattia che coinvolge il sistema del complemento, parte del nostro sistema immunitario innato che normalmente ci protegge dai patogeni usando oltre 30 proteine presenti nel sangue. La malattia nasce nel midollo osseo, dove alcune cellule staminali subiscono una mutazione e producono globuli rossi difettosi, privi delle normali proteine protettive sulla loro superficie. Di conseguenza, questi globuli rossi vengono attaccati e distrutti dal sistema immunitario in due modi:
- dentro i vasi sanguigni (si parla di emolisi intravascolare, IVH);
- nel fegato e nella milza (emolisi extravascolare, EVH).
Questa distruzione causa vari sintomi:
- anemia;
- rischio di formazione di coaguli di sangue (trombosi);
- stanchezza cronica;
- problemi cardiaci e respiratori;
- mal di testa e difficoltà di concentrazione;
- dolori addominali;
- urine scure (soprattutto di notte o al mattino).
La diagnosi è complessa e si basa sull’osservazione dei sintomi clinici, specialmente l'anemia, e sull’impiego di un esame specifico chiamato citometria a flusso, che identifica le cellule sanguigne prive delle proteine protettive (proteine GPI).
Come ha spiegato la Dott.ssa Anna Paola Iori, del Policlinico Umberto I di Roma: "La EPN è una patologia rara e subdola, spesso diagnosticata con anni di ritardo. È caratterizzata da sintomi complessi, come anemia e fatigue persistente, che ne fanno una condizione con un impatto significativo sulla qualità della vita”. Impatto confermato da Angelo Lupi, Presidente di AMARE, che ha sottolineato: "Molti pazienti continuano a convivere con sintomi debilitanti, come fatica nello svolgere attività quotidiane e lavorative spesso accompagnata da anemia persistente, che influenzano profondamente la loro qualità di vita."
L'unico trattamento potenzialmente risolutivo è il trapianto di midollo osseo, ma dal 2008 la terapia standard per i pazienti con EPN si basa su farmaci chiamati inibitori di C5. Questi medicinali, somministrati per via endovena, bloccano una proteina specifica del sistema immunitario (la proteina C5) e hanno portato a importanti miglioramenti: controllano la distruzione dei globuli rossi nei vasi sanguigni, riducono il rischio di coaguli e aumentano la sopravvivenza dei pazienti. Ma non risolvono completamente il problema.
Come ha spiegato il dottor Bruno Fattizzo, benché gli inibitori di C5 siano diventati il trattamento standard, "molti pazienti continuano a presentare anemia, principalmente a causa dell'attivazione di una via alternativa del complemento."
IL SISTEMA DEL COMPLEMENTO
Il sistema del complemento è una componente fondamentale dell'immunità innata, costituito da un insieme di proteine plasmatiche che si attivano a cascata.
Ha tre funzioni principali:
- Opsonizzazione e fagocitosi: le proteine del complemento si attaccano alla superficie dei patogeni (come batteri o virus), marcandoli come "da eliminare". È come mettere un'etichetta fluorescente sui nemici. Questo rende più facile per le cellule immunitarie ‘mangiarli’ (fagocitosi), proprio come sarebbe più facile trovare oggetti al buio se fossero fluorescenti.
- Richiamo di cellule infiammatorie (chemiotassi): alcune proteine del complemento funzionano come un segnale di allarme chimico. Attirano altre cellule immunitarie verso il punto dove c'è l'infezione, proprio come il profumo del cibo attira le persone verso la cucina. Questo processo di attrazione si chiama chemiotassi.
- Lisi cellulare tramite MAC: Il MAC (Complesso di Attacco alla Membrana) è l'arma finale del sistema del complemento. Le proteine si assemblano insieme formando una struttura che crea dei buchi nella membrana della cellula nemica. È come forare un palloncino: il contenuto della cellula fuoriesce e la cellula muore. Questo processo si chiama lisi cellulare.
Il sistema del complemento si attiva attraverso tre vie (classica, alternativa e delle lectine) che convergono nell'attivazione della proteina C3; in condizioni patologiche, come nell'EPN, può rivolgersi erroneamente contro le cellule dell'organismo, causando danni tissutali attraverso un processo di autoimmunità.
INIBITORI DI C5: UN TRATTAMENTO CHE NON RISOLVE L’ANEMIA
Usando gli inibitori di C5, circa la metà dei pazienti con EPN continua comunque ad essere anemica. Questo accade perché il sistema immunitario trova una via alternativa per distruggere i globuli rossi: li marca con frammenti di una proteina chiamata C3 (opsonizzazione), facendoli poi eliminare da cellule specializzate (macrofagi) presenti nella milza e nel fegato. Come conseguenza, fino al 50% dei pazienti in terapia con inibitori di C5 può presentare un'anemia persistente, di cui il 23-39% rimane dipendente da trasfusioni di sangue, e la maggior parte (75-89%) dei pazienti che assumono questi farmaci continua a manifestare stanchezza cronica (fatigue). Per un trattamento efficace dell'EPN è necessario affrontare sia la distruzione dei globuli rossi che avviene dentro i vasi sanguigni (IVH) sia quella che avviene fuori (EVH). Se non si controllano entrambi questi processi, l'anemia persiste. In particolare, quando i livelli di emoglobina rimangono sotto i 12 g/dL, questo può indicare che la malattia non è adeguatamente controllata.
NUOVE OPZIONI TERAPEUTICHE
Queste scoperte hanno portato i ricercatori a sviluppare una nuova classe di farmaci che agiscono nelle fasi iniziali del sistema del complemento. Tra questi, iptacopan (nome commerciale Fabhalta) si è dimostrato particolarmente promettente. È il primo farmaco che si può prendere per bocca (invece che per via endovenosa) e agisce bloccando una proteina chiamata fattore B, che fa parte della via alternativa del complemento. La sua efficacia è stata dimostrata attraverso due importanti studi clinici:
- APPLY-PNH, condotto su pazienti che erano ancora anemici nonostante il trattamento con i vecchi farmaci;
- APPOINT-PNH, che ha coinvolto pazienti che non avevano ricevuto trattamenti precedenti.
I risultati sono stati così positivi che a maggio dello scorso anno la Commissione Europea ha approvato iptacopan come primo trattamento orale per adulti con EPN che soffrono di anemia emolitica. Con l'arrivo di questo nuovo farmaco, e con altri trattamenti in fase di sviluppo, gli obiettivi della terapia si stanno ampliando: non ci si concentra più solo sul controllo della malattia, ma anche sull’eliminazione dell'anemia, sul miglioramento della qualità di vita dei pazienti e sulla creazione di piani di trattamento personalizzati che tengano conto delle caratteristiche specifiche di ogni paziente.
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