Una nuova analisi dello studio MAVORIC mette in luce i benefici del farmaco nei pazienti con alto livello di coinvolgimento del sangue
In occasione del 16° Congresso dell’Associazione Europea di Oncologia Dermatologica (EADO), che si è svolto in edizione virtuale dal 12 al 14 ottobre, sono stati presentati i dati di un’analisi post hoc dello studio clinico MAVORIC, condotto per valutare l’efficacia del farmaco mogamulizumab nei pazienti con micosi fungoide (MF) o sindrome di Sézary (SS), i due principali sottotipi di linfoma cutaneo a cellule T (CTCL), una rara forma di linfoma non Hodgkin che può interessare la cute, il sangue, i linfonodi e i visceri. In base a quanto emerso dall’analisi, nei pazienti in cui il tumore aveva maggiormente coinvolto il sangue, il trattamento con mogamulizumab ha determinato esiti migliori rispetto a quelli ottenuti con il farmaco vorinostat.
Nello studio MAVORIC, la più grande sperimentazione clinica randomizzata finalizzata a studiare la terapia sistemica nella MF e nella SS, la sopravvivenza libera da progressione (PFS, Progression-Free Survival) valutata dallo sperimentatore era risultata essere significativamente maggiore nei pazienti trattati con mogamulizumab rispetto a quelli trattati con vorinostat (rispettivamente 7,7 mesi contro 3,1 mesi). Nella nuova analisi dei dati dello studio, eseguita sulla base della classificazione del grado di coinvolgimento del sangue, è emerso che la PFS è risultata essere significativamente maggiore per mogamulizumab rispetto a vorinostat nei pazienti con livelli più elevati di coinvolgimento del sangue (corrispondenti alle classificazioni del sangue B1 e B2).
Nello studio MAVORIC, anche il tasso di risposta complessiva (ORR, Overall Response Rate) era risultato essere significativamente maggiore per mogamulizumab rispetto a vorinostat (rispettivamente 28% contro 5%). Nell’analisi condotta è stato osservato che l’ORR è risultato essere significativamente maggiore per mogamulizumab rispetto a vorinostat anche nei pazienti con classificazione del sangue B2. La differenza nell’ORR per i pazienti con classificazione del sangue B1 non è risultata essere statisticamente significativa tra i due gruppi di trattamento.
La differenza nel tempo intercorso tra un trattamento e quello successivo (Time To Next Treatment, TTNT) non è risultata essere significativa per i pazienti senza coinvolgimento del sangue (classificazione B0), mentre nei pazienti con coinvolgimento del sangue B1 o B2 la lunghezza del TTNT è risultata essere significativamente maggiore per mogamulizumab rispetto a vorinostat (rispettivamente 13,70 mesi contro 3,30 mesi).
Gli eventi avversi comparsi durante il trattamento (TEAE) sono stati simili nei pazienti indipendentemente dal coinvolgimento del sangue e sono stati inferiori di numero per mogamulizumab rispetto a vorinostat a ogni livello di classificazione del coinvolgimento del sangue.
La Prof.ssa Julia Scarisbrick, Consulente Dermatologa, autrice principale di questa analisi post hoc, ha dichiarato: “Nella MF e nella SS, la valutazione dello stadio della malattia è fondamentale per la prognosi, per stabilire il trattamento più appropriato e per l’esito. La valutazione del coinvolgimento a livello del sangue è parte integrante di questo processo di stadiazione. I dati evidenziano che mogamulizumab è più efficace nei pazienti MF e SS che manifestano coinvolgimento del sangue nel quadro della loro malattia. Il coinvolgimento del sangue è relativamente comune negli stadi più avanzati del CTCL e può essere presente anche nel 20% dei casi meno avanzati. Queste nuove informazioni potrebbero contribuire a migliorare la gestione clinica dei pazienti MF e SS ed evidenziano la necessità di un monitoraggio del sangue.”
Danie du Plessis, Executive Vice President, Medical Affairs (EMEA) di Kyowa Kirin, ha dichiarato: “Accogliamo con favore i risultati di questa analisi, che migliorano la nostra comprensione del ruolo di mogamulizumab nel trattamento dei pazienti con MF e SS. La ricerca suggerisce che i pazienti con classificazioni del coinvolgimento del sangue B1 e B2 possono avere riduzioni della sopravvivenza mediana e un aumento del rischio di progressione della malattia, rispetto a quelli classificati come B0. Attraverso il nostro lavoro con questa terapia, puntiamo a dare risposta alle esigenze finora irrisolte di queste popolazioni di pazienti e ci dedichiamo a migliorare gli esiti per le persone con MF e SS.”
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