Disabili e caregiver: la scelta della sede di lavoro e diritto a non essere trasferiti. Le risposte a tutte le domande

Le risposte a tutte le domande sul tema. A cura dell’avvocato Valentina Lemma dello Sportello Legale Osservatorio Malattie Rare

Se ho una disabilità certificata ho diritto a scegliere la sede di lavoro più vicina a casa? E se sono un caregiver? Posso rifiutare un trasferimento? Con quali conseguenze? In questo approfondimento forniamo la risposta a queste domande e tutte le precisazioni necessarie all’ottenimento dei benefici che spettano di diritto in caso di handicap grave ai sensi della Legge 104.

Il comma 6 dell’articolo 33 della legge n. 104/1992 stabilisce che il lavoratore portatore di handicap grave ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e a non essere traferito in altra sede, senza il suo consenso.

Il diritto di scelta della sede di lavoro da parte del disabile può essere esercitato sia in sede di assunzione che successivamente, cioè sia quando la situazione di handicap grave si verifichi in corso di rapporto che quando la stessa sia preesitente.

Il rifiuto al trasferimento è un vero e proprio diritto soggettivo.

La disposizione dell’articolo 33 va ad estendere le previsioni del codice civile che all’articolo 2103 prevede che il lavoratore non possa essere trasferito da un’unità produttiva all’altra senza comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.

Al di fuori della condizione di gravità, la legge 104/1992, all’art. 21, prende in considerazione i portatori di handicap con un grado di invalidità superiore ai 2/3 o con minorazioni iscritte alle categorie prima, seconda e terza tabella A annessa alla legge 10 agosto 1950, n. 648 (Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra) e stabilisce che, se essi sono assunti presso gli enti pubblici, come vincitori di concorso o ad altro titolo, hanno diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili e inoltre hanno la precedenza in sede di trasferimento a domanda.

Caregiver: il diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio dell’assistito.

Il comma 5 dell’articolo 33 della legge n. 104/1992, così come modificato dalla legge n. 183/2010, riconosce a chi si prende cura di un familiare portatore di handicap, il diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere.

Il datore di lavoro può opporre un rifiuto solo per motivate esigenze di organizzazione aziendale.

 

I requisiti di accesso al beneficio:

  • ai fini del riconoscimento dell’agevolazione, il caregiver deve assistere continuativamente ed esclusivamente il familiare con disabilità ma non è richiesta la convivenza;
  • nonostante il comma 5 non lo menzioni, l’agevolazione riguarda le persone con handicap con connotazione di gravità, beneficiarie di tutte le agevolazioni previste dall’articolo 33 della l. 104/1992.

Per quanto riguarda le condizioni per fruire di detto beneficio, è importante segnalare la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 7167 del 2020 che ha fatto chiarezza sul punto. Il Consiglio di Stato ha precisato che quando cambiano le sopra indicate condizioni viene meno il diritto al trasferimento ex art 33, comma 5 Legge 104/92, salva la possibilità di adottare un nuovo e diverso provvedimento all’emergere di ulteriori diversi elementi che possono dare di nuovo diritto al beneficio. Ciò perché, afferma il Consiglio “la strumentalità del trasferimento disposto, collegata ai compiti di assistenza, comporta una temporalità determinata dell’efficacia dell’atto di trasferimento, i cui effetti possono dispiegarsi sino a quando sussistono le esigenze di assistenza, con un termine incerto nel quando”.

In conclusione “il trasferimento è un provvedimento ad efficacia istantanea ma temporalmente definita, collegata al persistere di un aspetto concreto, ossia la necessità e possibilità di erogazione di assistenza, il che a sua volta giustifica il prodursi dell’effetto in relazione all’attualità dell’interesse pubblico conseguito”.

Dunque, il diritto al trasferimento è strettamente collegato alle necessità di assistenza del disabile.

Il diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al familiare da assistere non è applicabile solo all’inizio del rapporto di lavoro, ma anche nel corso del rapporto mediante domanda di trasferimento.

Su tale punto si è pronunciata la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6150 del 2019, affermando che lo scopo dell'articolo 33, comma 5 “è quello di favorire l'assistenza al parente o affine diversamente abile, ed è irrilevante, a tal fine, se tale esigenza sorga nel corso del rapporto o sia presente all'epoca dell'inizio del rapporto stesso".

 

IL BENEFICIO PER I DIPENDENTI PUBBLICI.

Per quanto riguarda i dipendenti pubblici, il Consiglio di Stato ha precisato (sent. n. 4200/2014) che, a seguito delle novità di cui alla legge n. 183 del 2010, è stata eliminata dall’art. 33 della legge n. 104 del 1992 la previsione dei requisiti della continuità ed esclusività dell’assistenza e, pertanto, gli unici parametri entro i quali l’Amministrazione deve valutare se concedere o meno i benefici in questione sono, da un lato, le proprie esigenze organizzative ed operative e, dall’altro, l’effettiva necessità del beneficio.

La richiesta di trasferimento comunque non è un diritto incondizionato del richiedente: la Pubblica Amministrazione può legittimamente respingere l’istanza di trasferimento di un proprio dipendente, presentata ai sensi dell’art. 33, quando le condizioni personali e familiari dello stesso recedono di fronte all’interesse pubblico alla tutela del buon funzionamento degli uffici e del prestigio dell’Amministrazione.

Il cosiddetto diritto al trasferimento è quindi rimesso ad una valutazione relativamente discrezionale dell’Amministrazione ed è soggetto a 2 condizioni:

  • che nella sede di destinazione vi sia un posto vacante e disponibile;
  • che vi sia l’assenso delle Amministrazioni di provenienza e di destinazione.

Il diritto di non essere trasferito senza esplicito consenso ad altra sede costituisce, invece, è un diritto incondizionato, cioè non soggetto alla verifica delle compatibilità con le esigenze organizzative e produttive dell’impresa.

 

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