I risultati della seconda fase di sperimentazione del vaccino Tat pubblicati su Retrovirology

Il Vaccino Tat in associazione alla terapia farmacologica (HAART) è in grado di stimolare il sistema immunitario di un paziente con HIV aumentando l'efficacia degli antiretrovirali e di aumentare sensibilmente le cellule T CD4+, bersaglio del virus. È questo il risultato della seconda fase di sperimentazione del vaccino Tat, messo a punto dall’équipe guidata da Barbara Ensoli, Direttore del Centro Nazionale Aids dell’Istituto Superiore di Sanità, condotta su 168 pazienti, seguiti per tre anni consecutivi, in undici centri clinici italiani diffusi in tutta la penisola.

Ai pazienti con infezione da HIV è stato somministrato il vaccino alle dosi di 7.5 o 30 microgrammi di proteina Tat una volta al mese, per 3 o 5 mesi con l’obiettivo di indurre anticorpi diretti contro questa proteina, essenziale per la replicazione del virus.

I risultati dello studio indicano che nei pazienti vaccinati, oltre ad essere stati prodotti gli anticorpi contro la proteina Tat, è stato osservato anche un significativo aumento di cellule T CD4+, indicativo della ripresa del sistema immunitario. Anche delle cellule T e B, e di altre cellule immunitarie, è stato osservato un incremento.

La risposta maggiore è stata riscontrata nei soggetti che hanno ricevuto tre somministrazioni del vaccino contenente 30 microgrammi della proteina Tat. Questi effetti persistono nei tre anni successivi all’immunizzazione.

“Abbiamo dimostrato per la prima volta che la terapia antiretrovirale può essere intensificata attraverso un vaccino – ha detto Barbara Ensoli, che si attende di confermare questi risultati con il trial di fase II  randomizzato e controllato con placebo recentemente completato in Sudafrica -  Si tratta di risultati che aprono nuovi scenari per indagare più specificamente se questo vaccino può aiutare a controllare il virus in pazienti con bassa aderenza alla terapia antiretrovirale, consentire la semplificazione della terapia, ridurre la trasmissione della malattia”.

In parallelo alla sperimentazione, è stato condotto uno studio osservazionale separato su un gruppo di 79 pazienti in trattamento con la sola terapia antiretrovirale. Tale gruppo ha rappresentato il riferimento per lo studio dei biomarcatori della malattia. È stato possibile così osservare che in coloro ai quali era stato somministrato anche il vaccino si è verificata una riduzione significativa del “DNA provirale” di HIV che funge da indicatore della forma latente del virus nei cosiddetti “serbatoi del virus”.

Si tratta di un risultato importante poiché, nonostante i farmaci blocchino quasi completamente la replicazione virale, il virus può ancora replicare a bassi livelli ed accumularsi in forma latente nei serbatoi non suscettibili all’azione dell’HAART e può causare complicazioni e morte dovute a patologie diverse da quelle tipicamente associate all’AIDS.



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