Prof.ssa Roberta Ramonda

La Fondazione Italia per la Ricerca sull’Artrite offre indicazioni utili per personalizzare la dieta dei pazienti, raccomandando quella mediterranea

Milano – “La dieta mediterranea ha un effetto benefico nelle malattie reumatologiche, perché regola il rischio di infiammazione da citochine, contribuisce all’efficacia dei trattamenti e migliora la salute globale dei pazienti, quindi andrebbe privilegiata, anche in occasione dei pranzi e delle cene in vista delle Festività natalizie e di fine anno” segnala la prof.ssa Roberta Ramonda, vicepresidente di FIRA (Fondazione Italiana per la Ricerca sull’Artrite), professore Associato di Reumatologia, Dipartimento di Medicina DIMED, Università di Padova. “Certo, occorre informare adeguatamente i pazienti che l’alimentazione può integrare, ma mai sostituire il trattamento farmacologico”.

La dieta ha un ruolo complesso nello sviluppo delle malattie reumatologiche, in quanto il suo effetto influenza la risposta infiammatoria e l’interazione con il sistema autoimmune. La maggior parte delle cellule immunitarie umane si trova nel tratto digestivo, e i nutrienti (vitamine, sale, acidi grassi, etc.) possono influenzare il microbioma e alterare la permeabilità intestinale, esercitando un effetto diretto sulle cellule immunitarie intestinali con la liberazione di sostanze pro-infiammatorie, tra le quali alcune citochine, che migrano verso le articolazioni e i tessuti linfoidi.

“Sebbene manchino linee guida nutrizionali nelle malattie reumatologiche e siano ancora pochi gli studi solidi ed estesi che dimostrino la correlazione tra dieta e l’attività delle malattie reumatologiche, recentemente, l’EULAR (European League Against Rheumatism), l’organizzazione che riunisce le società europee di reumatologia, ha pubblicato alcune raccomandazioni, redatte dalla letteratura e dai dati raccolti dalla medicina basata sull’evidenza. Viene quindi suggerita la necessità di promuovere cambiamenti nello stile di vita dei pazienti incentrati su una dieta sana e sul controllo del peso”, spiega la prof.ssa Ramonda.

La ricerca scientifica anche in questo campo può apportare significative evidenze. In alcuni studi basati sulla popolazione, la dieta mediterranea è stata associata a un minor rischio di artrite reumatoide con alcune differenze basate su altri fattori (ad esempio sesso, fumo, sieropositività, Paese).

Uno studio osservazionale realizzato recentemente in Italia ha mostrato un’associazione inversa tra attività dell’artrite e livello di aderenza alla dieta mediterranea. “Abbiamo condotto uno studio caso-controllo in Italia in cui ai pazienti che soffrono di spondiloartrite assiale sono stati offerti consigli nutrizionali incentrati sulla dieta mediterranea. L’aderenza alla dieta consigliata è stata misurata attraverso un questionario che valuta la tipologia di cibi introdotti e i pazienti sono stati rivalutati dopo 6 mesi. Al termine dello studio, i pazienti che hanno migliorato significativamente l'aderenza alla dieta mediterranea hanno anche sperimentato una ridotta attività della malattia. Questi risultati possono essere rilevanti per avviare un trattamento personalizzato dei pazienti e confermano che sviluppare la ricerca scientifica anche in questo ambito può portare un contributo alla gestione delle malattie”, spiega la prof.ssa Ramonda.

Il ruolo che i diversi nutrienti hanno nell’interazione con il nostro organismo e nello sviluppo anche di altre patologie è ormai noto e condiviso. Gli zuccheri, per esempio, alterano il microbioma ed esacerbano l’autoimmunità che entra in causa per le malattie reumatologiche; inoltre, un’elevata assunzione di zucchero può causare aumento di peso e obesità con correlate comorbilità.

L’assunzione di elevati livelli di sodio può avere azione infiammatoria, specie se combinata al fumo; i grassi saturi, provocando un aumento della produzione di endotossine batteriche lipopolisaccaridi, possono indurre infiammazione. Vitamine e fibre vegetali hanno invece un’azione benefica antinfiammatoria.

Riassumendo, ecco alcune indicazioni:

- Cibi utili da privilegiare: nutrienti ad azione antinfiammatoria come vitamine e antiossidanti, fibre, acidi grassi omega-3 e omega-9 (ossia con alto rapporto omega-3/omega-6). Si trovano essenzialmente in frutta, verdura, farine non raffinate (grano integrale, riso integrale e quinoa), legumi, pesce azzurro (salmone, tonno, sardine, sgombro), frutta secca, olio extravergine di oliva, cacao, the verde, ginseng, curcuma, peperoncino.

- Cibi ad azione infiammatoria che andrebbero limitati: grassi saturi, zuccheri raffinati e alimenti ad alto indice glicemico, sodio, acidi grassi Omega-6 (con basso rapporto omega-3/omega-6). Vanno limitati quindi cibi fritti, carni rosse, insaccati, salsicce, burro e margarina, formaggi grassi, prodotti confezionati industriali, sale, caffeina.

- Integratori. Nonostante gli effetti benefici, l’integrazione vitaminica sembra avere un impatto limitato sull’attività delle malattie reumatologiche. Tuttavia, l’integrazione di acido folico può prevenire gli effetti collaterali correlati all’assunzione di metotrexato, comune per chi soffre di artrite reumatoide, e la vitamina D dovrebbe essere somministrata ai pazienti che ne hanno carenza per prevenire complicanze muscoloscheletriche. Gli omega-3, che hanno dimostrato un effetto benefico per le malattie reumatologiche, se non si riuscisse a garantirne l’assunzione adeguata con l’alimentazione, potrebbero essere integrati con supplementazione.

La ricerca scientifica sulla correlazione tra dieta e malattie reumatologiche non è stata ancora sviluppata adeguatamente e dovrebbe essere promossa ulteriormente, così da fornire utili integrazioni a una visione complessiva e a un approccio olistico alla cura del paziente. Le frontiere della ricerca stanno spostando sempre più in là i limiti della conoscenza sulle malattie reumatologiche, che sono però tante, complesse e con meccanismi molto diversi tra loro. La ricerca scientifica in reumatologia va quindi assolutamente sostenuta per consentire di migliorare ancora la qualità di vita dei pazienti”, sottolinea il prof. Carlomaurizio Montecucco, presidente di FIRA e Ordinario di Reumatologia, Direttore del Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica dell’Università di Pavia, direttore Struttura Complessa di Reumatologia al Policlinico S. Matteo.

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