Sheffield (Regno Unito) – Tre milioni e mezzo di euro risparmiati ogni anno dal Servizio sanitario nazionale, a fronte di una spesa di circa 463mila euro. Secondo un team di ricercatori dell'Università di Sheffield, lo screening neonatale per l'adrenoleucodistrofia legata all'X (X-ALD) è dunque sostenibile da un punto di vista economico. E i pazienti affetti da questa rara malattia genetica ci guadagnerebbero ampiamente, in anni di vita trascorsi in salute.
L'adrenoleucodistrofia legata all'X è causata da un difetto nel gene ABCD1 che causa l'accumulo di acidi grassi a catena molto lunga, con conseguenti danni al cervello e ai tessuti in tutto il corpo. La X-ALD cerebrale è il fenotipo più grave: senza trattamento i pazienti vanno incontro a un declino neurodegenerativo che porta allo stato vegetativo e alla morte. I ricercatori inglesi hanno stimato l'impatto economico dell'introduzione del test per la X-ALD in un programma di screening neonatale basato sulla spettrometria di massa tandem: quello del Servizio sanitario del Regno Unito. I risultati dello studio pubblicato sull'Orphanet Journal of Rare Diseases hanno incluso i costi sanitari, di assistenza sociale e di istruzione, e gli anni di vita trascorsi in salute (QALY - Quality Adjusted Life Years, un'unità di misura impiegata nell'analisi costi-utilità che combina insieme la durata della vita con la sua qualità).
Sottoponendo a screening 780.000 neonati ogni anno, sarebbe possibile individuare 18 ragazzi con X-ALD, dei quali 10 svilupperanno CCALD. Il modello ha valutato lo screening dei soli maschi: se si estendesse il test anche alle femmine, sarebbero identificati ulteriori 17 casi di X-ALD. Il costo del programma è stimato in 402.000 sterline (circa 463.000 euro) con risparmi complessivi di 3.040.000 sterline all'anno (circa 3.502.000 euro). Inoltre, i pazienti con CCALD potrebbero ottenere 8.5 QALY ciascuno. Un'ipotesi da tenere a mente, qualora anche in Italia iniziasse il dibattito sull'introduzione dello screening neonatale per questa patologia.
Leggi l'articolo completo su Osservatorio Screening Neonatale.
Seguici sui Social