Il trattamento è indicato per i pazienti più gravi, normalmente costretti a dipendere da trasfusioni ematiche per tutta la vita

Milano – In Europa è ufficialmente arrivata la prima terapia genica per pazienti affetti da beta talassemia-trasfusione dipendente: la Commissione Europea (CE) ha concesso l’approvazione condizionale al trattamento, autorizzandone l'impiego in pazienti di età pari o superiore a 12 anni, con genotipo non beta0/beta0, per i quali il trapianto di cellule staminali ematopoietiche (CSE) è appropriato ma non è disponibile un donatore familiare di CSE con antigene leucocitario (HLA) compatibile. La biotech bluebird bio ha già annunciato che inizierà rapidamente il processo di negoziazione con AIFA per favorire l’accesso alla terapia per i pazienti italiani idonei a riceverla.

La beta talassemia trasfusione-dipendente (TDT) è una malattia genetica grave causata da mutazioni del gene della beta-globina che induce la riduzione o assenza di una componente dell’emoglobina. Per sopravvivere, le persone affette da TDT mantengono adeguati livelli di emoglobina mediante trasfusioni croniche di sangue per tutta la vita. Tali trasfusioni comportano il rischio di progressivi danni multiorgano per l’inevitabile sovraccarico di ferro. La terapia genica, somministrata come trattamento una tantum e mirata alla causa genetica all’origine della TDT, offre ai pazienti la possibilità di diventare indipendenti dalle trasfusioni, condizione che ci si aspetta sia mantenuta per tutta la vita.

“L'approvazione europea della prima terapia genica per la beta talassemia trasfusione-dipendente rappresenta una pietra miliare nel trattamento di questa patologia, frutto di un lavoro di ricerca che stiamo portando avanti da quasi 20 anni grazie al contributo fondamentale di sperimentatori clinici, operatori sanitari, pazienti e loro familiari”, commenta Alberto Avaltroni, General Manager di bluebird bio Italia. “Un traguardo straordinario che per noi rappresenta in realtà un punto di partenza che ci spinge a continuare a lavorare, con crescente motivazione, al fianco dei pazienti, della comunità scientifica e dei sistemi sanitari per rendere il trattamento disponibile al più presto per tutte le persone che ne potranno beneficiare”.

Oltre alla designazione di Priority Medicines (PRIME), la terapia ha ottenuto dalla CE la designazione di farmaco orfano per il trattamento della beta talassemia intermedia e major, che rientrano nella TDT. La valutazione ha avuto luogo nell’ambito dei programmi Priority Medicines (PRIME) e Adaptive Pathways dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), che favoriscono lo sviluppo di farmaci in grado di offrire un importante vantaggio terapeutico rispetto ai trattamenti esistenti o di rispondere a bisogni terapeutici insoddisfatti. I programmi PRIME e Adaptive Pathways hanno consentito un riscontro immediato e favorito una valutazione accelerata, che è stata portata a termine dall’EMA con la tempistica ad oggi più rapida possibile per un prodotto medicinale di terapia avanzata (ATMP).

“In qualità di sperimentatore degli studi clinici sulla terapia sono stato testimone della speranza che tale terapia genica può offrire ai pazienti e alle loro famiglie che sono costretti a gestire la patologia e le trasfusioni spesso per anni, se non per decenni,” ha commentato il Professor Franco Locatelli, Docente di Pediatria all’Università La Sapienza di Roma, e Primario di Onco-ematologia Pediatrica e Terapia Cellulare e Genica presso l’IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. “L’approvazione da parte della Commissione Europea significa che ora è possibile contare, per un gruppo di pazienti affetti da TDT, su una terapia genica che ha il potenziale per trasformare le loro vite offrendo loro la possibilità di un futuro libero dalle trasfusioni”.

La terapia genica per la TDT è progettata per aggiungere copie funzionali di una forma modificata del gene della beta-globina (gene della betaA-T87Q-globina) nelle cellule staminali (CSE) ematopoietiche del paziente stesso. Ciò elimina la necessità di ricorrere alle cellule di un donatore, come avviene nel trapianto allogenico di CSE. Le cellule staminali ematopoietiche sono prelevate dal paziente mediante un processo chiamato aferesi e, successivamente, viene utilizzato un vettore lentivirale in grado di inserire al loro interno il gene della betaA-T87Q-globina. Questa fase è chiamata trasduzione. Prima che le CSE modificate siano somministrate mediante infusione, il paziente viene sottoposto a chemioterapia per preparare il suo midollo osseo a ricevere le CSE geneticamente modificate. Una volta introdotto il gene della betaA-T87Q-globina il paziente è potenzialmente in grado di produrre HbAT87Q, un’emoglobina derivata dalla terapia genica, in quantità tali da ridurre notevolmente o eliminare la necessità di trasfusioni. Dopo l’attecchimento e il raggiungimento dell’indipendenza dalle trasfusioni, gli effetti del trattamento dovrebbero essere permanenti.

In considerazione della natura estremamente tecnica e specialistica della somministrazione della terapia genica nelle malattie rare, bluebird bio è pronta a collaborare con centri di trattamento qualificati e selezionati, che abbiano esperienza nel trapianto di cellule staminali e nel trattamento di pazienti con TDT, per l'eventuale somministrazione della terapia.

Con l’approvazione europea della terapia genica per la cura della beta talassemia trasfusione-dipendente si aprono orizzonti lungamente attesi dai molti pazienti italiani e dalle loro famiglie”, afferma Tony Saccà, Presidente di United Onlus, Federazione Nazionale delle Associazioni Talassemia, Drepanocitosi e Anemie Rare. “Nonostante, infatti, la gestione della malattia sia migliorata sensibilmente in queste ultime 3 decadi grazie all’impegno dei clinici, della comunità scientifica, dei donatori che ci permettono di ricevere le trasfusioni e degli stessi pazienti, il deterioramento fisico e psichico dei malati non ha purtroppo conosciuto un vero arresto. L’intera comunità della talassemia esprime quindi il proprio riconoscimento verso tutti coloro che hanno contribuito e contribuiranno a realizzare la più grande opportunità mai avuta finora di cambiare il corso naturale della malattia e, con questo, il corso di tante esistenze che chiedono solamente di poter vivere una vita normale, fatta di sogni e speranze come quelle di qualsiasi altra persona al mondo. Un appello ai miei amici e fratelli: curiamoci al meglio oggi e guardiamo con fiducia al futuro”.

I dati clinici relativi alla terapia genica

L’approvazione europea della terapia genica per la TDT è supportata dai dati di efficacia, sicurezza e durata derivati dagli studi di Fase I/II HGB-205 (ormai concluso) e HGB-204 o Northstar, nonché dai dati disponibili degli studi di Fase III Northstar-2 (HGB-207) e Northstar-3 (HGB-212) attualmente in corso, e, infine, dello studio di follow-up a lungo termine LTF-303, a con riferimento ai dati al cut-off del 13 dicembre 2018.

I dati dello studio di Fase I/II HGB-205 hanno dimostrato che il 75% (n = 3/4) dei pazienti con genotipo non beta0/beta0 ha ottenuto l’indipendenza dalle trasfusioni, definita come la media ponderata di Hb ≥ 9 g/dl in assenza di trasfusioni per un periodo continuativo ≥ 12 mesi in qualunque momento dello studio dopo l’infusione. Nello studio Northstar, l’80% (n = 8/10) dei pazienti con genotipo non beta0/beta0 ha ottenuto l’indipendenza dalle trasfusioni.

Gli 11 pazienti coinvolti (tre dello studio HGB-205 e otto dello studio Northstar) hanno continuato a mantenere l’indipendenza dalle trasfusioni per un periodo di 21–56 mesi.

Dei cinque pazienti nello studio Northstar-2 che, al più recente cut-off dei dati, erano valutabili per indipendenza dalle trasfusioni, l’80% (n = 4/5) ha ottenuto l’indipendenza dalle trasfusioni.

Gli eventi avversi (EA) non gravi osservati durante gli studi clinici e riconducibili alla terapia sono stati: vampate di calore, dispnea, dolore addominale, dolore agli arti e dolore toracico non cardiaco. Un solo evento avverso grave, di trombocitopenia, è stato considerato possibilmente correlato alla terapia. Ulteriori eventi avversi non gravi osservati negli studi clinici erano coerenti con gli effetti collaterali noti del prelievo di CSE e del condizionamento mieloablativo con busulfano, inclusi gli eventi avversi gravi di malattia veno-occlusiva.

Il trattamento continua ad essere valutato negli studi di Fase III Northstar-2 e Northstar-3 e nello studio di follow-up a lungo termine LTF-303.

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