Il piccolo Chicco nasce con macrocrania, la diagnosi dopo più di 6 anni
La storia di Anna Maria inizia 8 anni fa, quando nasce suo figlio Chicco. Il piccolo presenta macrocrania e un live ritardo nello sviluppo motorio: comincia infatti a camminare a 18 mesi. Prima di ottenere la diagnosi corretta – quella di sindrome PTEN-correlata (PHTS) – dovranno passare più di sei anni.
“A due anni Chicco decide che deve dormire un po' di più - racconta Anna Maria - Se ne accorge la tata, perché io lavoro lontano da casa ed alle 7 del mattino prendo il treno che mi porta al lavoro. Lo porta in ospedale, si trattava di una crisi ipoglicemica. Dopo un anno e un bel po' di esami inconcludenti decidiamo che per ora ci fermiamo. Non ha più avuto crisi, approva questa decisione anche il pediatra di base, per cui speriamo di aver fatto la cosa giusta”.
Nel frattempo però il piccolo Chicco comincia a mostrare evidenti problemi cognitivi e linguistici, quindi Anna Maria si rivolge nuovamente ai medici. “Di nuovo test ed analisi. Inizia ad essere seguito dalla sua adorata logopedista e dalla psicomotricista. Nel frattempo Chicco va all’asilo e anche li ha qualche problema di relazione sia con le maestre che con i compagni. Poi si passa alla scuola, dove ottiene il sostegno. Fisicamente sta bene, ma non cresce adeguatamente, così ci rivolgiamo all'ospedale San Gerardo di Monza per capire se ha delle intolleranze alimentari”.
Nessuna intolleranza alimentare per il piccolo, ma i medici consigliano ad Anna Maria una consulenza genetica. Il genetista fa effettuare al piccolo due esami, tra cui l’analisi del gene PTEN. “Ci mettiamo un anno prima di avere i risultati di entrambi i test, ne sono passati 5 dal ricovero in ospedale. Il risultato è per noi devastante. Mutazione nel gene PTEN, de novo, cioè non ereditata, e mai riscontrata in letteratura. Non sappiamo cosa ci aspetta, ma i genetisti non si aspettano nulla di buono. D'improvviso scopro che il ritardo è solo la punta dell'iceberg. L'iceberg si chiama tumore. E poi ci sono tanti altri blocchi di ghiaccio vaganti, come le malformazioni artero-venose e l'autismo”.
Statisticamente la malattia diventa molto pericolosa dopo l’adolescenza, per questo i medici decidono di non intervenire. Per Anna Maria è davvero troppo difficile stare ferma ad attendere che suo figlio sviluppi un tumore, pertanto inizia a cercare da sola le informazioni di cui ha bisogno. Cerca centri specializzati, associazioni, letteratura scientifica, ma non trova nulla. Dopo alcuni mesi di sconforto riesce ad individuare un centro statunitense dove seguono bambini con queste sindromi, anche se non esistono cure. “Ho trovato un gruppo americano di pazienti, si chiama ptenworld. E' anche su Facebook. Mi iscrivo. Incontro Claudio. Tutti e due italiani e tutti e due disperati. Decidiamo di iniziare a far qualcosa anche qui e creiamo un gruppo su Facebook: Pten Italia. Poi un sito. Abbiamo trovato anche una terza mamma in difficoltà.” Ancora una volta è il tam tam dei genitori sul web a creare i contatti che clinici e ricercatori non riescono ad attivare.
“Ora vorremmo ottenere (o trovare, se esiste) un centro di riferimento multidisciplinare con medici che conoscano il problema in modo da non dover vagare per ospedali per far visitare il bimbo da 10 specialisti diversi (gastroenterologo, dermatologo, oncologo, genetista ecc..) i quali, fatta eccezione per il genetista e (spero) l'oncologo, non sanno neppure cosa sia il gene PTEN e non sono quindi in condizione di prendersi correttamente in carico il paziente. Purtroppo mi è capitato di sentir definire mio figlio come ‘il bimbo con una strana malattia’: a definirlo così un medico che avrebbe dovuto curarlo. Non è malasanità. E' la rarità della malattia.”
Queste sindromi hanno un’incidenza di 1/200.000, per questo Anna Maria vorrebbe estendere la collaborazione di un eventuale centro italiano con altri centri specializzati, ad esempio la Cleveland Clinic diretta dal Dott. Charis Eng. “ Vorremmo anche promuovere la ricerca – conclude Anna Maria - perché se delle PHTS pochi si interessano, del gene PTEN si interessano in molti, visto che è coinvolto in molti casi di cancro. Ci sono valanghe di ricerche su PTEN e su come intervenire in caso di cancro con mutazione somatica di questo gene. Non si deve partire da zero. Magari si tratta di concentrarsi sullo specifico problema della sindrome prima che insorga il cancro, magari si potrebbe arrivare a un protocollo di chemioprevenzione che abbassi le probabilità di andare incontro alla malattia più grave. Parlo di pancia, non da scienziata, ma chissà, a volte i sogni sono desideri...”
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