USA - La sindrome CHARGE è una rara malattia a trasmissione autosomica dominante che colpisce un bambino su 10.000. Il nome che la identifica deriva dall’acronimo inglese delle sei principali patologie che questi bambini manifestano fin dalla nascita: difetti alla vista, malformazioni al cuore, problemi al naso, ritardo della crescita, malformazioni dei genitali e dell'orecchio. Non esistono attualmente cure per questa malattia, ma fin dai primi giorni i bimbi che ne sono affetti sono costretti a sottoporsi a numerose operazioni chirurgiche.
Ora un nuovo studio della Stanford University of Medicine, pubblicato su Nature, fa luce sul possibile legame tra lo sviluppo di questa malattia e una proteina “onco-soppressore” chiamata P53.
Lo studio, svolto su modello murino, ha mostrato che durante la gravidanza i soggetti che presentavano solo la proteina p53 mutata riuscivano a sopravvivere, mentre quelli eterozigoti con una copia normale e una mutata non ce la facevano. In seguito alle analisi è emerso che i soggetti che non ce l'avevano fatta manifestavano una serie di disturbi e malformazioni riconducibili alla sindrome CHARGE.
P53 è una proteina “onco-soppressore” e se attivata distrugge le cellule malate o ne regola lo sviluppo. Secondo lo studio i soggetti che presentavano P53 mutata riuscivano a sopravvivere poiché l'attività della proteina era regolata e bloccata quando non era necessaria; gli altri al contrario venivano a mancare poiché le “proteine ibride” erano in continua attività, provocando una incondizionata morte cellulare.
"E 'stata una grande sorpresa - ha affermato Jeanine Van Nostrand, autrice senior dello studio - molto interessante perché non si era mai dimostrato che p53 potesse avere un ruolo in questa malattia”. Lo studio è importante poiché potrebbe portare allo sviluppo di terapie efficaci e all'individuazione di nuovi target molecolari.
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