Sindrome di Jacobs

Domani un webinar per fare chiarezza su questa patologia, chiamata anche sindrome XYY e caratterizzata da alta statura e disturbi comportamentali

Cosa hanno in comune il thriller di Dario Argento “Il gatto a nove code” (1971) e “Alien³” (1992), terzo capitolo della saga di fantascienza iniziata nel '79? Entrambi, nella loro trama, fanno riferimento a una malattia chiamata sindrome di Jacobs: un’aneuploidia del cromosoma sessuale in cui, nel patrimonio genetico di un soggetto di sesso maschile, è presente un cromosoma Y sovrannumerario. La condizione è nota anche come sindrome 47,XYY, dal nome del suo cariotipo più comune.

Il primo film utilizza come spunto la presunta aggressività e tendenza al crimine dei portatori di questa anomalia, mentre nella seconda pellicola i 25 detenuti della colonia penale Fiorina “Fury” 161 sono affetti dalla patologia. Per capire il motivo di questo stereotipo assolutamente negativo e scorretto, è necessario risalire alla nascita delle scienze criminologiche, quando sull'onda delle teorie fisiognomiche di Cesare Lombroso e del darwinismo sociale, si vollero ricercare le cause genetiche del comportamento criminale: secondo una teoria del XIX secolo, infatti, il doppio cromosoma Y contraddistinguerebbe gli stupratori, gli assassini e i serial killer.

Oggi sappiamo che si tratta di un falso storico, ma domani, dalle 8.45 alle 14.15, sarà possibile fare ulteriore chiarezza su questa malattia grazie a un webinar: la giornata di formazione fa parte di un ciclo di incontri pensati all’interno di un gruppo di lavoro multidisciplinare, trasversale a diverse strutture complesse della Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano (S.S.D. Genetica Medica, S.C. Terapia Intensiva Neonatale, S.C. Endocrinologia, S.C. Urologia, S.C. Psichiatria) e coordinato dalla Struttura Complessa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (S.C. N.P.I.A.). 

Il gruppo di lavoro, negli anni, ha strutturato percorsi diagnostici, assistenziali e raccolto importanti dati su questa popolazione all’interno di un progetto di ricerca nato in collaborazione con l’Università Bicocca, dal titolo “Lo sviluppo del linguaggio in bambini con aneuploidie cromosomiche”. Il momento di condivisione di domani ha l'obiettivo di diffondere le informazioni raccolte con quanti più professionisti, operatori sanitari e famiglie al fine di facilitare, laddove necessario, l’invio mirato e tempestivo ai diversi specialisti.

“Questa condizione si presenta con una prevalenza rara (18 ogni 100.000 nati), motivo per cui la letteratura presente è esigua, poco specifica e spesso correlata ad altre variazioni maggiori dei cromosomi sessuali”, spiegano Paola Francesca Ajmone, Gaia Silibello, Domenica Mastromattei, Francesca Dall’Ara e Federico Monti, del Servizio Malattie Rare e Disabilità Complessa, afferente alla S.C. di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Policlinico di Milano. “Non essendo presente a livello italiano una banca dati dedicata, l’incidenza nel nostro Paese non è nota. Dal punto di vista clinico è importante considerare la significativa variabilità individuale: in generale la letteratura scientifica riscontra un fenotipo che può essere caratterizzato da alta statura, evidente fin dall'infanzia, macrocefalia, dismorfismi facciali, dentizione sui generis e possibile macrorchidismo. Lo sviluppo psicomotorio dei bambini con sindrome di Jacobs può presentare nella maggior parte dei casi problemi di linguaggio e nelle funzioni esecutive, che possono avere delle ripercussioni anche sugli apprendimenti, oltre a difficoltà nella regolazione comportamentale”.

La diagnosi può avvenire utilizzando tecniche di diagnosi prenatale (villocentesi, amniocentesi o NIPT). “I casi non diagnosticati in epoca prenatale, solitamente vengono riscontrati in età evolutiva tramite un approfondimento genetico effettuato a seguito di conclamate difficoltà nello sviluppo psicomotorio, disturbo di linguaggio, degli apprendimenti o disturbi psichici. Gli aspetti clinici specifici rilevabili post nascita sono molto lievi: per questo motivo la diagnosi è sottostimata e avviene solo nel 10-15% dei casi, ma negli ultimi anni è aumentata grazie alle nuove procedure di diagnosi prenatale”, prosegue lo staff del Policlinico.

Per la sindrome non esiste un piano di trattamento specifico: “Riteniamo debba essere un trattamento su misura, che tenendo conto del profilo di funzionamento che caratterizza questa popolazione, permetta di pianificare piani di trattamento ad hoc in un’ottica preventiva delle possibili problematiche emergenti. Una valutazione specialistica attenta e l’uso di un’anamnesi articolata, l’osservazione clinica del funzionamento e l’utilizzo di test standardizzati permettono di progettare un percorso di cura su misura attivando precocemente le migliori strategie per aspetti specifici, tenendo conto dei punti di forza e di debolezza della persona. Crediamo inoltre che la presa in carico debba essere family centered care e comprendere tutto il contesto di vita del paziente (famiglia, pediatra di libera scelta, scuola, contesto familiare allargato)”, sottolinea l'équipe.

Le principali difficoltà possono riguardare un ritardo nell’acquisizione delle tappe dello sviluppo psicomotorio (motricità fine e grossolana, linguaggio) e nelle funzioni esecutive, che in età scolare possono portare a problemi di apprendimento. Sono possibili inoltre disturbi del neurosviluppo e presenza di difficoltà comportamentali (come impulsività, disturbo della regolazione, aggressività). Nell'adolescenza possono emergere maggiormente le fragilità emotive, nonché difficoltà relazionali e nelle situazioni sociali, oltre a difficoltà comportamentali e psicopatologiche (tra le più frequenti ansia, depressione e disturbo bipolare).

Per i pazienti italiani con sindrome di Jacobs è attiva l'Associazione XYY  e sono attivi due gruppi di genitori che offrono aiuto e sostegno alle famiglie che hanno ricevuto la diagnosi.

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