Un progetto italiano per produrre terapie plasmaderivate a partire dagli scarti della lavorazione del plasma umano col fine di trattare patologie rare e ultrarare
La possibilità di sviluppare terapie per le malattie rare, utilizzando i prodotti inutilizzati dal processo di lavorazione industriale del plasma, costituirebbe un’innovazione non da poco. Le proteine plasmaderivate, infatti, sono relativamente poche e la maggior parte del plasma viene destinato alla produzione di immunoglobuline e albumine. Trovare il modo di utilizzare gli “scarti” di un processo che già viene utilizzato per altro potrebbe essere ottimale, una doppia vincita per le malattie rare. Un progetto di ricerca, pubblicato di recente su Communication Biology, ha l’obiettivo di ottimizzare l’uso dei componenti del plasma. La ricerca è curata da Kedrion, azienda specializzata nello sviluppo e nella produzione di terapie plasmaderivate per la cura di malattie rare e ultra-rare, con la collaborazione della Fondazione Toscana Life Sciences (TLS) e dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
PLASMA, PROTEINE E TERAPIE
Il plasma umano contiene un proteoma [l’insieme delle proteine, N.d.R.] complesso, con oltre 2000 proteine già identificate. Con questi numeri è facile immaginare il grande potenziale terapeutico, anche se è ancora ben poco sfruttato. Come spiegato nella pubblicazione, attualmente sono una ventina gli emoderivati utilizzati come terapie sostitutive o integrative nella pratica clinica, di cui l’albumina (per trattamenti in terapia intensiva) e l’immunoglobulina polivalente (per il trattamento di immunodeficienze primarie e malattie autoimmuni) che rappresentano più del 70% della produzione globale di plasmaderivati. La terapia enzimatica sostitutiva rappresenta un approccio consolidato nel trattamento di molte malattie rare e ultra-rare in cui le proteine rilevanti sono non funzionali o carenti, come ad esempio nel caso dei difetti della coagulazione o delle immunodeficienze. Quando una malattia è associata a una proteina plasmatica disfunzionale, il plasma fresco congelato viene spesso somministrato se non è disponibile una terapia sostitutiva specifica. Tuttavia, quando è disponibile un concentrato di proteine plasmaderivate o una proteina ricombinante, queste possono sostituire efficacemente la proteina mancante e ridurre i rischi e gli inconvenienti della somministrazione ripetuta di plasma.
Da oltre 70 anni le proteine derivate dal plasma vengono purificate in un processo chiamato frazionamento, che prevede la suddivisione del plasma in frazioni – chiamate paste intermedie – di cui solo alcune vengono utilizzate per produrre le proteine di interesse e le altre vengono scartate, diventando un rifiuto biologico. Il plasma umano è una risorsa preziosa e la produzione di una nuova terapia plasmaderivata può sottrarre plasma alla fabbricazione di prodotti esistenti, limitandone la disponibilità. L'elevato costo, unito alle piccole popolazioni di pazienti, può rendere le terapie plasmaderivate per le malattie rare molto costose e persino antieconomiche da produrre nel caso di patologie ultra-rare. La possibilità di purificare le proteine da frazioni di scarto di un processo già attivo migliorerebbe il rapporto costi/benefici e si tradurrebbe in un uso più efficiente ed etico delle donazioni di sangue e plasma.
IL PROGETTO DI RICERCA
Sebbene il proteoma del plasma non frazionato sia stato studiato negli anni, le informazioni sulle proteine presenti nelle frazioni scartate sono sporadiche, limitate ai produttori di plasma e scarsamente rappresentate in letteratura scientifica. Ovviamente, non tutte le proteine presenti nelle frazioni di scarto hanno una qualche utilità dal punto di vista terapeutico. Proprio per questo motivo è necessaria un’attenta analisi per identificare i candidati più promettenti e investire su quelli. I risultati di questa analisi, condotta sugli intermedi di scarto prodotti nello stabilimento di Kendrion a Bolognana (Lucca), sono stati pubblicati su Communication Biology. In totale sono state trovate oltre 300 proteine, di cui 244 con una associazione con una malattia umana. Di queste, 18 sono prodotti già presenti sul mercato e altrettanti sono in sperimentazione o già approfonditi in letteratura.
Tra le proteine che rappresentano nuovi candidati terapeutici c’è la ceruloplasmina (CP), la principale proteina di trasporto del ferro. Si è distinta come esempio particolarmente interessante perché la sua carenza caratterizza l'aceruloplasminemia, una malattia neurodegenerativa ultra-rara causata dal suo accumulo nel cervello. La CP è stata testata presso l'Unità di Biochimica del proteoma del San Raffaele - coordinata da Massimo Alessio - come terapia sostitutiva nei modelli animali di malattia e ha evidenziato un’attenuazione dei sintomi, cosa che ha confermato la validità di questo approccio per la ricerca di terapie per le malattie rare.
Il lavoro pubblicato rappresenta il 'proof-of-concept' di un progetto più ampio, triennale, chiamato Natural e finanziato dal ministero delle Imprese e del Made in Italy e dalla Regione Toscana. Con questo studio, Kedrion intende esplorare il proteoma degli intermedi di scarto prodotti in 4 dei propri stabilimenti fra Italia, Ungheria, Usa e Regno Unito.
"Lo studio è il risultato di una collaborazione storica con Kedrion, con cui la Fondazione TLS condivide obiettivi di ricerca e sviluppo, mettendo a disposizione competenze tecnologiche in spettrometria di massa maturate all'interno della fondazione nel corso degli anni grazie alla presenza di un team multidisciplinare", afferma Laura Salvini, Head of Technology Facilities e responsabile della Mass Spectrometry Unit di TLS.
"L'impegno di TLS nei confronti delle malattie rare è una delle missioni della nostra Fondazione, che negli anni ha portato avanti una serie di azioni di coordinamento, creando e rafforzando un network sostenuto anche dalla Regione Toscana - sottolinea Cristina Tinti, Incubation Manager di Fondazione Tld - Una rete che ha dimostrato tutta la sua efficacia anche attraverso questo importante progetto di Kedrion, con cui TLS ha una proficua collaborazione su vari fronti".
"Questo lavoro all'insegna dell'innovazione scientifica e industriale - dichiara Andrea Caricasole, Chief Research and Innovation Officer di Kedrion - testimonia la costante attenzione di Kedrion nei confronti dei donatori e dei pazienti. Si tratta infatti di un'attività che ha molteplici valenze: etica per l'ottimizzazione della risorsa plasma; medica per lo sviluppo di nuove terapie per chi al momento non riceve adeguate risposte terapeutiche; ambientale tramite il potenziale reinserimento di un rifiuto industriale nel ciclo produttivo dell'azienda. Sono convinto che nella ricerca il network sia fondamentale per creare quell'ecosistema di competenze e tecnologie necessarie allo sviluppo di progetti complessi e innovativi".
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