Per la presidente della SIP i prossimi anni vedranno molti cambiamenti: “Occorre maggiore comprensione dei disturbi psichici, sradicare lo stigma associato alla salute mentale e garantire risorse adeguate”
“A partire dall’inizio degli anni Duemila la Psichiatria sta vivendo una rivoluzione silenziosa ma non meno rilevante della rivoluzione basagliana, anche se non altrettanto clamorosa”. Ricorda Franco Basaglia, il padre della legge 180 che decretò la fine dei manicomi di cui si è appena festeggiato il centenario della nascita, la professoressa Liliana Dell’Osso, presidente della Sip-Società Italiana di Psichiatria e membro del comitato scientifico di Osservatorio Malattie Rare.
Abbiamo intervistato la Prof. ssa Dell'Osso nel corso dell’evento organizzato lo scorso 12 marzo a Roma dalla Società Italiana di Neurologia (Sin) per il lancio della Strategia italiana per la salute del cervello 2024-2031 e del manifesto “One Brain, one Health”, in occasione della Settimana del Cervello. “Siamo di fronte a una vera rivoluzione neuroscientifica – ha spiegato la psichiatra –. La classificazione e la diagnosi dei disturbi mentali, così come oggi viene effettuata nei Dsm, si è dimostrata assolutamente inadeguata rispetto alla situazione attuale e nel prossimo futuro verrà completamente rivoluzionata. Perché la diagnosi verrà fatta sulla base delle neuroscienze e non su quella della descrizione clinica dei sintomi, cioè dell’approccio neo-kraepeliniano degli ultimi 40 anni”.
Cosa altro ha in comune l’attuale rivoluzione della psichiatria con la rivoluzione basagliana?
Non molto a dire il vero. La rivoluzione che ebbe luogo alla fine degli anni Settanta, a partire dall’opera di Basaglia, era tarata su una popolazione manicomiale. Ma oggi, a distanza di oltre 40 anni, solo il 25% dei pazienti che vengono a chiederci assistenza ha quelle caratteristiche. Il restante 75% dei pazienti che giunge all’osservazione specialistica presenta disturbi dello spettro autistico, dipendenze comportamentali e patologie emergenti, come per esempio l’ortoressia, ovvero l’ossessione del mangiare sano, che rappresenta una vera epidemia, se non addirittura l’anoressia del terzo millennio. Insomma, se da un lato la diagnosi di schizofrenia è in via di estinzione grazie agli antipsicotici di seconda generazione, esiste una moltitudine di nuovi disturbi. Basti pensare alle psicosi scatenate da cannabinoidi, che oggi incontriamo tanto spesso nei nostri ambulatori.
Che risposta trovano questi “nuovi” disturbi”?
Purtroppo la rete psichiatrica territoriale non è adeguatamente attrezzata. E noi oggi abbiamo il dovere di combattere queste carenze legate alle mutate richieste di cura e ai profondi cambiamenti del Paese. Per fortuna, attualmente la Psichiatria può attingere ai risultati della ricerca neuroscientifica, superando la diagnosi clinico-descrittiva. Questo processo di rinnovamento della diagnosi psichiatrica è nato a metà degli anni Novanta a Pisa, dove, nell’ambito di una collaborazione internazionale, sono stati messi a punto una serie di strumenti di valutazione dimensionale della psicopatologia al fine di una diagnosi precoce anche per le patologie sotto soglia. Le malattie psichiatriche sono viste oggi come malattie che non interessano solo il cervello, ma anche altri sistemi biologici e ambientali sia per quanto riguarda l’esordio che le loro manifestazioni. Inoltre, i disturbi mentali si manifestano spesso in comorbilità con altre condizioni mediche e neurologiche, tra cui il diabete, le malattie cardiovascolari, i disturbi gastrointestinali, per fare solo qualche esempio. Vengono anche riconosciuti i meccanismi eziopatologici comuni, come le disfunzioni del sistema immunitario o del sistema endocrino, oppure le alterazioni del microbiota intestinale. È, quindi, evidente la necessità di un’alleanza multidiscipliare con altri professionisti sanitari, nell’ottica di promuovere la salute del cervello e di fornire ai pazienti una cura ottimale personalizzata.
Che ruolo gioca oggi la Psichiatria?
Esiste oggi una discriminazione della Psichiatria rispetto alle altre discipline mediche. Essa è spesso oggetto di stigma sociale sia tra i medici che tra il pubblico in generale. Questo stigma può causare la sottovalutazione dei problemi di salute mentale e della necessità della stessa figura dello psichiatra, talora visto come interscambiabile con lo psicologo, ma anche la discriminazione nei confronti dei pazienti e la diffidenza verso la farmacoterapia. Tra le conseguenze di questo atteggiamento vi è una distribuzione di risorse e di finanziamenti inferiori rispetto a quelli destinati ad altre specializzazioni mediche, nonostante i disturbi mentali siano enormemente diffusi e abbiano un impatto significativo sulla salute pubblica. Insomma, bisogna promuovere una maggiore consapevolezza e comprensione dei disturbi psichici, sradicare lo stigma associato alla salute mentale e garantire che i servizi psichiatrici ricevano risorse adeguate per offrire cure di alta qualità ai pazienti. È, infine, necessario fornire agli studenti di medicina una formazione completa ed equilibrata, che includa la salute mentale e la Psichiatria nell’ottica di un superamento del dualismo mente-corpo. In questo modo potremo preparare una nuova generazione di professionisti in grado di affrontare le sfide che la salute mentale presenta.
Seguici sui Social