La prof.ssa Cristina Basso e il prof. Gaetano Thiene

La prof.ssa Cristina Basso e il prof. Gaetano Thiene (Padova) spiegano come prevenire questi eventi devastanti, oggetto di una recente proposta di legge

Padova – Nonostante gli enormi progressi medici e tecnologici, nella maggior parte del mondo la sopravvivenza ad un arresto cardiaco improvviso resta inferiore al 10%. Da questo dato è nata l’esigenza di un documento che potesse scrivere le linee di intervento di politica sanitaria, oltre che di terapia e ricerca, al fine di ridurre gli eventi, e per realizzarlo la Commissione Lancet sulla morte cardiaca improvvisa ha riunito trenta esperti internazionali in varie discipline. Fra loro Cristina Basso, Professore Ordinario di Anatomia Patologica e Direttore dell'Unità Operativa Complessa di Patologia Cardiovascolare dell'Azienda Ospedaliera Università di Padova, centro di riferimento soprattutto per lo studio e la prevenzione della morte improvvisa giovanile e delle cardiomiopatie eredo-familiari.

“Il documento, pubblicato il mese scorso, pone un accento sostanziale sulla necessità di sviluppare una strategia multidisciplinare che comprenda tutti gli aspetti della prevenzione e del trattamento dell’arresto cardiaco. Sono state formulate raccomandazioni chiave per richiamare l’attenzione e intensificare gli sforzi sia della comunità scientifica che di quella globale. Tali raccomandazioni riguardano tutte le fasi dell’arresto cardiaco, pre- (predizione e prevenzione), durante (migliorare la rianimazione per massimizzare la sopravvivenza) e post- (gestione delle vittime, dei sopravvissuti e dei familiari)”, spiega la prof.ssa Basso, che pochi giorni fa è stata nominata, per il prossimo biennio, Presidente dell'Associazione Europea di Patologia Cardiovascolare (AECVP).

Professoressa, quali sono le cause e l'epidemiologia della morte cardiaca improvvisa?

“L’incidenza della morte improvvisa aumenta con l’età: è bassa durante l'infanzia e l'età pediatrica (1 caso per 100.000 persone all'anno), ma poi raggiunge circa 50 casi negli individui di età compresa tra 50 e 60 anni, e 200 casi (sempre per 100.000 persone all'anno) nell'ottava decade di vita. L’epidemiologia è strettamente collegata a quella dell'aterosclerosi coronarica, che rimane la causa principale soprattutto nella popolazione adulta e anziana. Nelle fasce di età più giovani lo spettro di malattie è invece più ampio, e comprende cardiopatie congenite e acquisite che possono colpire le varie strutture del cuore: in circa il 40% dei casi si può trattare di malattie geneticamente determinate, e quindi potenzialmente ereditarie ricorrenti nella stessa famiglia”.

Quali sono le opzioni disponibili in caso di arresto cardiaco?

“Oltre alla tradizionale catena della sopravvivenza, con incremento della defibrillazione precoce che precede l’arrivo dei servizi di emergenza, un aumento della sopravvivenza dopo un arresto cardiaco dipenderà sia da fattori interni al sistema sanitario, come feedback di qualità, cultura dell’eccellenza e forte leadership all’interno dei servizi medici di emergenza, che da fattori esterni al sistema sanitario, come legislazione, impegno politico e prevenzione. Le nuove tecnologie, compresi i dispositivi indossabili o gli smartphone in grado di registrare e trasmettere importanti dati biometrici ai servizi di emergenza sanitaria, potranno migliorare il riconoscimento precoce e il trattamento dell’arresto cardiaco improvviso anche in assenza di testimoni”.

Cosa si può fare per prevenire questi eventi?

“Le parole chiave per prevenire la morte improvvisa sono: diagnosi precoce della cardiopatia sottostante tramite screening di popolazione (elettrocardiogramma ed eventuali ulteriori esami se necessario, ricorrendo nel caso anche a test genetici), stratificazione del rischio della cardiopatia sottostante se identificata, modifica dello stile di vita ed eventuale terapia medica o interventistica (anche con defibrillatore impiantabile)”.

Qual è la sua opinione riguardo alla proposta di legge sulla morte cardiaca improvvisa presentata alla Camera lo scorso 3 febbraio?

“La proposta di legge è molto chiara e semplice, di interesse per la salute di tutta la popolazione. La corretta identificazione delle cause della morte improvvisa giovanile è cruciale e possibile solo attraverso un accurato esame autoptico, come riconosciuto anche dal recente documento della Commissione Lancet. Nel nostro Paese è stabilito l’obbligo del riscontro diagnostico in caso di morte improvvisa del lattante e del feto (legge 2 febbraio 2006, n. 31), ma non esiste alcuna legge che disciplini la morte improvvisa giovanile. Trattandosi di malattie potenzialmente ereditarie fino al 40% dei casi, la loro identificazione, che è possibile solo grazie all’autopsia, è cruciale per la prevenzione di nuove morti improvvise nei familiari con specifiche strategie diagnostiche e terapeutiche”.

Su questa proposta di legge abbiamo chiesto una riflessione anche al prof. Gaetano Thiene, già Direttore dell'U.O.C. di Patologia Cardiovascolare di Padova oggi guidata dalla prof.ssa Basso. I due esperti sono anche, rispettivamente, presidente e vicepresidente dell'Associazione Ricerche Cardiopatie Aritmiche (ARCA).

“La legge in fieri non dovrebbe limitarsi all’obbligo delle autopsie e all’impiego di tecniche diagnostiche molecolari, fondamentali per motivi preventivi e prognostici dei familiari di primo grado. Dovrebbe servire anche a perfezionare la legge dell’obbligo di idoneità allo sport mediante uno screening più rigoroso, che possa prevedere anche accertamenti diagnostici di secondo e terzo livello per conseguire una diagnosi certa e prendere la decisione idoneo/non idoneo in modo più responsabile”, spiega Thiene, Professore Emerito di Patologia Cardiovascolare presso l'Università degli Studi di Padova.

“Nella mia esperienza medico-legale recente mi sono imbattuto in morti improvvise di soggetti portatori di patologie occulte, con esami effettuati superficialmente ed affrettatamente, soprattutto la prova da sforzo. Il giovane non idoneo diventa a tutti gli effetti un 'paziente' e come tale dev'essere considerato, per approfondimenti diagnostici atti ad evitare tragedie”, conclude il prof. Thiene. “Quello che è importante è prevenire un destino letifero e impiegare misure salvavita. In altre parole, occorre ridurre il ricorso all’autopsia, dove l’anatomopatologo sa tutto, ma troppo tardi”.

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