Ateneo di Bioetica: “La politica si occupa sempre meno del benessere reale dei suoi cittadini, anche incuria e abbandono sono malasanità”.

Giuseppe Marletta, Architetto 42enne di Catania, è in coma da oltre un anno dopo un banale intervento a un dente. Sua moglie, Irene Sampognaro, ha denunciato “l’abbandono dello Stato” e si è detta disposta a portare suo marito all’estero per praticare l’eutanasia. È solo un caso che emerge, ma certo non è il primo: quando la vita diviene intollerabile – non solo per le condizioni di salute in se stesse ma anche per la mancanza di adeguato supporto e assistenza – la morte diventa per alcuni l’alternativa migliore. Sul caso di Merletta ieri è intervenuto anche il Centro di Ateneo di Bioetica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore con un comunicato che certo non appoggia l’ipotesi avanzata dalla signora Sampognaro, ma è anche lontano dai toni aspri che talvolta vengono usati quando si tocca l’argomento del fine vita e dell’eutanasia. “ Agenzie di stampa e quotidiani online rilanciano l’accorato appello della sig.ra Irene Sampognaro che denuncia quello che a suo avviso è un caso di malasanità e di totale abbandono da parte dello Stato – si legge nella nota dell’Ateneo di Bioertica - Un anno fa, suo marito, Giuseppe Marletta, a seguito di un banale intervento di odontoiatria è entrato in coma. Di fronte all’impossibilità di sostenere economicamente il peso dell’assistenza, peraltro anche poco qualificata, la moglie minaccia provocatoriamente di richiedere la sospensione di ogni trattamento”
“Il Centro di Ateneo di Bioetica – continua la nota - ritiene fondamentale dare ascolto alla disperazione e alla richiesta di aiuto della signora, che lamenta l’ipocrisia di uno Stato che si dichiara a favore della vita ma di fatto abbandona le famiglie e i cittadini. Questo caso fa riflettere. Sono molteplici i problemi di giustizia posti dalla signora che ci interpellano e non ci possono lasciare indifferenti, a cominciare dall’accertamento delle responsabilità di fronte all’accaduto. La malasanità non è solo il frutto degli errori medici, ma anche di una cattiva allocazione delle risorse, dell’incuria e dell’abbandono. Le carte dei diritti dei malati e delle famiglie sono sempre più dei diritti di carta in un Paese in cui la politica si occupa sempre meno del benessere reale dei suoi cittadini. Il fatto che sia necessario ricorrere a drammatici appelli pubblici per ottenere ascolto, giustizia e assistenza qualificata è indice di un progressivo deteriorarsi del tessuto etico del nostro Paese e del lacerarsi delle funzioni stesse delle Istituzioni. La risposta è una battaglia in primo luogo di legalità e di equità che metta a tema l’assistenza come una delle voci fondamentali della nostra civiltà. Ci auguriamo che di fronte a questo nuovo caso si cominci a pensare realmente al sostegno delle famiglie e alla qualificazione dell’assistenza. La via breve non può essere nessuna forma di eutanasia, ma un’assistenza adeguata e solidale.

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