Matteo Redenti

Grazie alla Onlus è stato avviato all’Ospedale Bambino Gesù di Roma un percorso dedicato alle famiglie

“La mia storia inizia l’8 gennaio 2018, quando durante l’ecografia morfologica riscontrano a mia figlia un problema cardiaco. Vivevamo a Cracovia all’epoca, ma subito decidemmo di cercare il miglior centro possibile e ci ritrovammo a Bergamo, dal Prof. Lorenzo Galletti, un grande uomo prima che un grande medico, che ci assicurò che avrebbe operato la nostra bambina appena nata. Quindi decidiamo di trasferirci a Bergamo [Galletti allora era responsabile della cardiochirurgia del Papa XXII Bergamo, oggi è responsabile della cardiochirurgia dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, N.d.R.].” Sono le parole di Matteo Redenti, presidente e fondatore dell’associazione Filo Raro Aps, papà di Filomena, una bambina di 5 anni affetta dalla sindrome di Kabuki, una malattia genetica rara.

“Mia figlia è stata operata molte volte, gli interventi sono andati bene, ma presto è risultato chiaro che la cardiopatia non era l’unica problematica presente. La sindrome di Kabuki è stata diagnosticata dopo il primo anno di vita: pensavamo di avere solo il percorso relativo alla cardiopatia, ma abbiamo capito di essere solo all’inizio. Ho immediatamente iniziato a studiare la malattia, entrando in contatto con tutti i centri, italiani, europei, statunitensi che si occupano di questa sindrome. Ho conosciuto il Prof. Giuseppe Merla dell’Università Federico II, ricercatore italiano che coordina un gruppo di ricerca, presso il Servizio di Genetica Medica dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, che si interessa prevalentemente dello studio dei meccanismi molecolari alla base di malattie genetiche rare come la sindrome di Williams-Beuren e la sindrome Kabuki.”

“Ho presto capito due cose – prosegue Redenti – entrambe fondamentali. La prima è che il mio essere genitore di una bambina con Kabuki è paragonabile ad affrontare una maratona, dove si percorre lunghe distanze ed è necessario restare lucidi, cercando, dove possibile, di recuperare energie e serenità. La seconda è che essere un genitore di un bambino ‘raro’ può essere vissuto in solo due modi: come una punizione o come una missione. Io ho scelto di vivere la cosa come una missione, per migliorare la vita di mia figlia e dei bambini che hanno la sua stessa patologia. Per questo motivo mi sono adoperato per creare una rete, un network scientifico e sociale, e ho fondato l’associazione Filo Raro Aps. Per sostenere la ricerca scientifica, grazie al sostegno di persone meravigliose, tra cui cito Ivano Gavazzi, Matteo Martini, Maura Magni e Mario Micheli, ho dato vita all’Ambassador Day, iniziativa volta a premiare le imprese e le realtà italiane che puntano sulla sostenibilità e sulla green economy. La serata ha però una missione “charity”, infatti con questa iniziativa ho fatto conoscere la sindrome di Kabuki a moltissime persone, tra cui Lech Walesa, Premio Nobel per la Pace e già Presidente della Repubblica di Polonia, che si è reso disponibile come testimonial della sindrome. E grazie a questa iniziativa abbiamo potuto ottenere fondi per la ricerca e per continuare a coltivare la convinzione di trovare una cura che possa dare a mia figlia, e a tutti i bambini affetti da Kabuki, la possibilità di vivere una vita indipendente.”

Anche se non c’è ancora una cura risolutiva per la sindrome di Kabuki, è fondamentale che i bambini e le bambine ottengano una diagnosi precoce e una presa in carico ottimale. “I tempi di ricerca e medicina sono estremamente dilatati, noi genitori ne siamo ben consapevoli. Ma nel frattempo dobbiamo guadagnare tempo. Mia figlia oggi ha 5 anni – racconta Redenti – e frequenta la scuola dell’infanzia: nonostante i frequenti ricoveri sta abbastanza bene, ha qualche difficoltà ma capisce perfettamente due lingue. Noi genitori, però, non smettiamo mai di chiederci se potrà essere indipendente. Questa malattia è tutto sommato recente, e questo rende molto difficile avere uno storico che possa aiutarci a capire cosa aspettarci. Ci sono ragazzi Kabuki laureati, ma ci sono anche ragazzi che non hanno mai raggiunto l’autonomia nelle attività più semplici. È molto dura vivere senza sapere che cosa aspettarsi, anche per questo è fondamentale che i centri di riferimento siano coordinati e forniscano risposte chiare, e che le famiglie abbiano la possibilità di entrare in contatto tra di loro.”

Parliamo dunque dei centri di riferimento, che in Italia, almeno sulla carta, sono numerosi.

“Sulla carta probabilmente sì – commenta Rendenti – ma la verità è che sono davvero pochi i centri in grado di prendere in carico correttamente i bambini e i ragazzi Kabuki. Per questo motivo, con il Prof. Dallapiccola abbiamo progettato la creazione di un vero e proprio centro HUB per la sindrome di Kabuki presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, e un coordinamento tra i centri esistenti. Qui, già da molti anni, i pazienti Kabuki hanno la garanzia di una diagnosi tempestiva e di una presa in carico ottimale. Da qualche mese, però, è stato attivato un vero e proprio percorso dedicato alla sindrome, un punto di approdo fondamentale per le famiglie.  Le cose che più mi hanno convinto dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù sono state l'umanità e il dialogo: esperienze fatte in primis con il Prof. Dallapiccola, ma anche con il Dott. Bartuli e tutti i medici, incontrati nei vari reparti, che negli anni hanno seguito e curato mia figlia."

Quale dovrebbe essere dunque, a suo avviso, il ruolo di un centro HUB?

“Deve per prima cosa accogliere le famiglie e informarle sulla nuova diagnosi. Trovarsi di fronte dei medici preparati anche nel modo comunicare è davvero fondamentale. Una comunicazione scorretta comporta sistematicamente fraintendimenti e tensioni. Compito del clinico esperto e del genetista deve essere rassicurare e guidare le famiglie. Servono risposte immediate alle domande fondamentali: “cosa devo fare adesso, visto che una cura non esiste?” Naturalmente un centro di riferimento deve essere in grado di offrire un corretto PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale), quindi disporre di un percorso diagnostico, chirurgico, riabilitativo e di ricerca. E quest’ultima è fondamentale, per dare la possibilità alle famiglie di accedere ai trial clinici disponibili. Il Bambino Gesù rappresenta senza dubbio tutto questo, e crede fermamente nella collaborazione con le associazioni.”

A proposito di associazioni, quali sono gli altri obiettivi di Filo Raro Aps?

“Principalmente la creazione di un coordinamento pediatrico europeo clinico, terapeutico, valutativo e informativo, e il sostegno allo sviluppo di un centro di supporto per i giovani adulti con sindrome di Kabuki, che possa essere di aiuto anche alle famiglie. E ovviamente raccogliere fondi per sostenere la ricerca sulla sindrome Kabuki, creando dei grant o sostenendo attività in essere.”

Quali progetti di ricerca supportate nello specifico?

“Ad oggi abbiamo sostenuto concretamente le attività del Prof. Giuseppe Merla, con il quale è partito tutto questo progetto. Abbiamo sviluppato un forte legame e una progettualità assieme al prof. Alessio Zippo, dell'Università di Trento. Ma soprattutto stiamo raccogliendo per generare il primo grant per l'Ospedale Bambino Gesù. La ricerca è fondamentale: sostenere i professionisti che la rendono possibile è per me un dovere civico e di padre. Per questo motivo, da marzo ha preso vita l'iniziativa "Il filo delle favole"  con ospite Giovanni Cinelli, attore e comico di Zelig.”

Recentemente ha scritto un libro intitolato “Malato Raro… e adesso?”, con la prefazione del Prof. Bruno Dallapiccola. Nel libro racconta, tra le righe, di molto dolore, rabbia, frustrazione. E di come una corretta comunicazione sulle malattie rare all'interno della famiglia, da parte dei medici e del personale sanitario, potrebbe migliorare sensibilmente le cose. Quando e come sarà disponibile il libro?

“È mia ferma volontà quella di distribuirlo gratuitamente, sia in formato cartaceo, sia in formato e-book. Ho scritto questo libretto per poter dare nel mio piccolo un contributo basato su di un’esperienza umana vera. La volontà è quella di distribuire gratuitamente il cartaceo nelle principali neonatologie d'Italia e, a distanza di sei mesi, rendere fruibile anche la versione digitale. Stiamo raccogliendo i fondi necessari alla stampa e vorrei iniziare a distribuire i primi volumetti entro luglio 2023.”

 

Per approfondimenti leggi anche: “Sindrome di Kabuki, al Bambino Gesù di Roma un percorso dedicato a pazienti e famiglie”. 

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