Obiettivo: facilitare la diagnosi e la presa in carico dei bambini e dei ragazzi, andando così incontro alle esigenze dell’intero nucleo familiare
La sindrome di Kabuki è una malattia rara di origine genetica, descritta per la prima volta in letteratura circa 30 anni fa. La patologia è caratterizzata da un coinvolgimento multiorgano, e prende il nome dal teatro Kabuki, perché causa dei tratti facciali tipici, che ricordano il make up di questo teatro tradizionale giapponese. L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma si occupa dello studio di questa sindrome e dell’assistenza ai pazienti che ne sono affetti, da ormai molti anni. Recentemente, però, grazie alla collaborazione con l’associazione Filo Raro Aps, la struttura ospedaliera ha attivato un percorso dedicato all’inquadramento diagnostico e alla presa in carico, rivolto a pazienti e famiglie provenienti da tutta Italia.
MALATTIA, DIAGNOSI E PRESA IN CARICO
“Dal punto di vista genetico, la sindrome di Kabuki presenta dismorfismi facciali tipici, come la peculiare conformazione degli occhi, che presentano rime palpebrali allungate e una rotazione verso l’esterno del bordo della palpebra inferiore, naso piatto, orecchie grandi”, spiega la Dr.ssa Maria Lisa Dentici, genetista medica responsabile del Percorso Kabuki dell’Ospedale Bambino Gesù. “In circa il 60% dei pazienti è presente una cardiopatia congenita con coartazione aortica (un restringimento patologico dell’arteria aorta) o difetti interatriali. Possono essere presenti anche malformazioni scheletriche, renali e altre. Classicamente sono presenti problemi endocrinologici, ritardo nella crescita, ipotonia, palatoschisi, difficoltà masticatorie. La totalità dei bambini Kabuki presenta un ritardo globale dello sviluppo, con una disabilità intellettiva variabile, in genere da lieve a moderata.”
“Le caratteristiche facciali cambiano con il tempo – prosegue l’esperta – ma dai 3 ai 12 anni d’età sono più facilmente riconoscibili a un’attenta osservazione clinica. Il sospetto diagnostico può essere confermato geneticamente: il test genetico si effettua su un pannello ristretto con la metodica del Next Generation Sequencing (NGS). Sono principalmente due i geni interessati che coprono circa 75-85% casi: nel caso di riscontro negativo a questo primo test genetico procediamo con il sequenziamento dell’esoma. L’età media della diagnosi si è ridotta grazie a una maggiore conoscenza della patologia da parte dei Genetisti clinici e Pediatri che si occupano di malattie rare, e ormai la sindrome viene solitamente diagnosticata molto precocemente, soprattutto nel caso in cui il bambino presenti malformazioni congenite maggiori. In caso di diagnosi tardiva, in genere non si va oltre l’età scolare.”
“La sindrome di Kabuki è tecnicamente definita cromatinopatia – spiega ancora Dentici – una patologia che dipende dai geni che regolano l’espressione della cromatina. Si stanno sperimentando degli inibitori della deacetilasi istonica, ma attualmente siamo ben lontani dall’avere a disposizione una cura per questa malattia. Quello che possiamo e dobbiamo offrire, però, è una corretta presa in carico, che deve basarsi sul singolo individuo e deve poter contare su un’equipe multidisciplinare che preveda cardiologo, fisiatra, immunologo, endocrinologo, neuropsichiatra, logopedista. Proprio per questo motivo abbiamo creato un percorso di presa in carico con accesso ambulatoriale o in Day Hospital. Durante la prima vista effettuiamo una valutazione globale e poi organizziamo un percorso che permetta anche alle famiglie che arrivano da lontano di effettuare tutte le visite specialistiche da noi. Al Bambino Gesù, sede Palidoro, disponiamo di un ottimo servizio di neuroriabilitazione. Ovviamente, per chi non è residente sul nostro territorio sarà necessario avviare un percorso territoriale di riabilitazione adatto al paziente. Le bambine e i bambini Kabuki hanno esigenze molto diverse tra loro: alcuni presentano sintomatologie tipiche dello spettro autistico, altri hanno una disabilità intellettiva lieve ma possono presentare difficoltà motorie.”
DALLA GENETICA ALLA RETE INTERNAZIONALE
“Nel nostro ospedale seguiamo da anni diverse dozzine di pazienti con un approccio tipicamente multidisciplinare”, ha spiegato Bruno Dallapiccola, Direttore Scientifico emerito dell’Ospedale Bambino Gesù durante l'evento di presentazione svoltosi a fine febbraio scorso (clicca qui per guardare il video) – e abbiamo sviluppato negli anni una serie di progetti di ricerca che hanno esitato nella prima descrizione al mondo del fenotipo dei neonati, nella prima delineazione dell’associazione della malattia genetica con la cardiopatia e nella descrizione del profilo neurologico dei pazienti. Abbiamo inoltre scoperto il secondo gene che causa la sindrome, KDM6A. Un gene minoritario come frequenza ma fondamentale, perché insieme al gene MLL2 (KMT2D) causa il 75% dei casi noti. La sindrome di Kabuki colpisce un bambino ogni 32.000 nati, ma con tutta probabilità si tratta di una patologia ampiamente sottodiagnosticata. Grazie alla collaborazione con l’associazione Filo Raro Aps, che svolge un ruolo fondamentale, abbiamo ora avviato un percorso dedicato alle famiglie Kabuki, che serve a facilitare la diagnosi e la presa in carico dei bambini e dei ragazzi, andando così incontro alle esigenze dell’intero nucleo familiare.”
Il nuovo percorso rappresenta il primo passo per la creazione di una rete tra centri italiani esperti in assistenza, diagnosi e ricerca nei pazienti affetti da questa condizione. L’iniziativa è nata dall’idea di Matteo Redenti, papà di una paziente seguita per alcune problematiche dal Bambino Gesù, e sarà svolta in stretta collaborazione con il gruppo di ricerca del professor Merla, dell’Università Federico II e dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, che da diversi anni studia le basi molecolari della sindrome di Kabuki. “Il progetto a regime – conclude Dallapiccola – prevede la creazione di una rete nazionale di centri, che armonizzeranno i protocolli di presa in carico con un approccio multispecialistico, garantendo uguali opportunità su tutto il territorio alle persone affette, la creazione di una biobanca e di un sito web dedicato”.
L’ASSOCIAZIONE FILO RARO APS
L’associazione Filo Raro, presieduta da Matteo Redenti, si è posta come obiettivi la creazione di un coordinamento pediatrico europeo clinico, terapeutico, valutativo e informativo e il sostegno allo sviluppo di un centro di supporto per i giovani adulti con sindrome di Kabuki, che possa essere di aiuto anche alle famiglie. Inoltre l’associazione opera per raccogliere fondi finalizzati a sostenere la ricerca scientifica sulla sindrome Kabuki. Per saperne di più sull’associazione Filo Raro leggi l’intervista al presidente Redenti.
In Italia è attiva anche l’Associazione Italiana Sindrome Kabuki.
Seguici sui Social