Rare Sibling

Da 5 anni Osservatorio Malattie Rare dà voce a questi giovani attraverso un progetto dedicato, tra gruppi esperienziali, survey, testimonianze e un disegno di legge

Roma – Sono un piccolo esercito, composto da quasi mezzo milione di bambini e ragazzi, il 5% della popolazione al di sotto dei 16 anni: sono i “rare sibling”, sorelle e fratelli di persone con malattie o tumori rari, figli di famiglie che vivono esperienze totalizzanti e difficili da accettare prima e da gestire poi. Dal 2018, Osservatorio Malattie Rare - OMaR dedica loro un’attenzione speciale attraverso il Progetto “Rare Sibling” che quest’anno compie il suo primo lustro. Cinque anni nel corso dei quali sono state realizzate survey e interviste, per conoscere meglio il vissuto di questi fratelli e sorelle; sono stati organizzati convegni e gruppi esperienziali; sono state redatte ben tre pubblicazioni, diffuse alle associazioni aderenti al progetto e disponibili sul portale dedicato.

È stato anche presentato un disegno di legge per chiedere che vi sia una giornata dedicata ai rare sibling, perché anche le cose simboliche hanno la loro importanza nel richiamare alla luce una questione troppo spesso taciuta. Ma, soprattutto, è stata data voce a tanti di questi bambini e bambine, ragazzi e ragazze, alcuni dei quali non avevano mai avuto il coraggio di parlare della condizione propria e dei propri fratelli o sorelle. “È stata la nostra esperienza a spingerci a pensare a loro”, afferma Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttrice dell’Osservatorio Malattie Rare. “Tanti genitori ci parlavano dei loro figli con una malattia rara, dell’esistenza di sorelle e fratelli venivamo a sapere dopo tempo, per un casuale accenno a ‘l’altro’. Dai dati abbiamo scoperto che di ‘altri figli’ ce ne sono mezzo milione solo nella fascia under 16, la più bisognosa dell’attenzione dei genitori. E abbiamo deciso di dar loro identità e voce”.

Lo ha raccontato bene Mattia: “Prima di incontrarvi – ha ammesso partecipando a uno dei gruppi esperienziali organizzati nell’ambito del progetto – pensavo di essere l’unico ragazzo al mondo ad avere un fratello disabile. Non so perché ne fossi convinto, ma ho vissuto così fino ad ora”. Per il suo impegno di sibling, anche se suo fratello Damiano non c’è più, Mattia è stato nominato Alfiere della Repubblica dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

I gruppi esperienziali, che durante la pandemia non si sono interrotti, sono stati un momento di confronto e di apertura molto importante per i sibling che vi hanno partecipato: 35 in tutto, tra i 14 e i 43 anni. Dai loro racconti è emerso un grande senso di responsabilità, la capacità, acquisita spesso precocemente, di prendersi cura fino a desiderare di sostituirsi al proprio fratello o alla propria sorella malati. “Qualche volta ho un senso di colpa: un tempo pensavo ‘perché non possiamo dividere la sofferenza a metà, perché non posso prendere metà della sua malattia’?”, ha confessato Flavia durante uno degli incontri dei gruppi. A fare da contraltare, la cruda verità raccontata da Maria: “Una malattia rara cancella ogni normalità. Io non ricordo la vita prima che arrivasse lei, quanto si poteva andare a fare shopping o a mangiare un gelato senza problemi. La malattia rara ti mette di fronte alle tue paure: o le affronti o scappi via”. “Se per il mondo i limiti sono un vincolo e le differenze un difetto, per il nostro mondo sono punti di forza. Nessuno ha detto che sarebbe stato facile, chiedere aiuto non è semplice: le situazioni, le difficoltà fanno da maestre perché starci accanto è troppo impegnativo, spaventa. Impariamo a cadere, anche solo per rimetterci in piedi: abbiamo bisogno di rifiatare, ma non tutti sanno ascoltare”, ha aggiunto un altro sibling.

In questi cinque anni, il progetto di Osservatorio Malattie Rare ha dato voce a 36 rare sibling attraverso 5 incontri istituzionali e una conferenza stampa. La complessità di questa esperienza è stata oggetto di studio, tema di 3 tesi di laurea e di altrettante pubblicazioni e di 300 articoli di stampa letti da più di 10 milioni di persone. Sono state realizzate 4 survey che hanno coinvolto tutti i protagonisti di questo complesso quadro: i rare sibling, i genitori, i pediatri e i partecipanti ai Gruppi esperienziali. Nelle attività del progetto sono state coinvolte 35 associazioni e 4 società scientifiche: Società Italiana Malattie Genetiche Pediatriche e Disabilità congenite-SIMGePeD, Società italiana per lo studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e lo Screening Neonatale-SIMMESN, Società Italiana di Neonatologia-SIN, Società Italia di Pediatria-SIP. A queste si aggiunge l’Associazione Cultura Pediatri-ACP. Un progetto sfaccettato, quello di OMaR per i rare sibling, che osserva questo complesso fenomeno da tutti i suoi punti di vista e lo racconta in altrettanti, variegati modi: narrando storie, rivolgendosi ai pediatri e alle società scientifiche, avviando interlocuzioni con le istituzioni facendosi così portavoce delle istanze dei sibling, per rendere il mondo più attento e accogliente nei loro confronti.

Eppure il mondo delle sorelle e dei fratelli dei malati rari resta per molti, ancora, sconosciuto. Per questo, il progetto “Rare Sibling” ha sostenuto un disegno di legge, il n. 2238, presentato da Paola Binetti, già Senatrice e Presidente dell’Intergruppo Parlamentare per le Malattie Rare. La proposta di legge riguarda l’istituzione della “Giornata Nazionale dei rare sibling”, da celebrare il 31 maggio facendola così coincidere con il Sibling Day, la Giornata Europea dei fratelli e delle sorelle. Una proposta che fa leva sul valore dei simboli che aiutano a tenere alta l’attenzione sui temi a cui si riferiscono.

Per non lasciare soli i rare sibling davanti alle difficoltà imposte a tutta la famiglia dalla malattia di un fratello o di una sorella, un ruolo fondamentale è giocato dai pediatri di famiglia, come ricorda Laura Reali, referente per la formazione e la ricerca dell’Associazione Culturale Pediatri: “I rare sibling sono presenti nell’ambulatorio del pediatra, ma restano spesso in secondo piano, perché al centro c’è costantemente il bambino affetto dalla patologia rara. La famiglia, infatti, organizza la propria vita in funzione della malattia del bambino malato. Spesso gli stessi fratelli e sorelle si adeguano alla situazione, comportandosi quasi come se non avessero il diritto di ammalarsi e di avere essi stessi dei problemi, o di potersi lamentare, perché sono quelli che devono sempre stare bene. È il pediatra di famiglia a doversi prendere cura di questi bambini, perché anche loro hanno diritto al proprio spazio personale. Il compito del pediatra – aggiunge l’esperta – è quello di ricordare ai genitori di non considerare quel bambino soltanto come ‘fratello/sorella di’, ma di pensare a lui come soggetto autonomo perché, se la situazione sfugge di mano, lo sviluppo potrebbe non essere ottimale”.

Per questo, sottolinea Reali, la formazione dei pediatri sul tema è cruciale: “Per approcciare la questione dei rare sibling occorre poter contare su strumenti precisi da usare in maniera competente e su una formazione mirata, magari associata a quella offerta, o che dovrebbe essere offerta, sulle malattie rare. Tutto sommato il pediatra di famiglia è una specie di ‘tuttologo’, uno dei pochi medici generalisti rimasti, che nel suo ambulatorio si trova a volte ad affrontare situazioni particolari, come quelle malattie rare che peraltro, prese nel loro complesso, non appaiono poi così rare e che dovrebbero, dunque, rientrare a pieno titolo nell’ambito della formazione del pediatra di famiglia, che andrebbe pensata come pubblica, transdisciplinare e mirata sui bisogni specifici dei bambini”, conclude.

Leggi anche: "Rare sibling, il ruolo del pediatra di famiglia è fondamentale"

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