“Insieme con AIBWS” descrive l’esperienza di tre ragazzi colpiti da questa rara patologia da iperaccrescimento
Le storie dei ragazzi affetti dalla sindrome di Beckwith-Wiedemann (BWS), la forza dei loro genitori, le prospettive dei medici. Il video dal titolo “Insieme con AIBWS”, realizzato da KemCom Production per AIBWS, l'Associazione Italiana della Sindrome di Beckwith-Wiedemann, racconta da vicino una rara malattia da iperaccrescimento infantile, che colpisce un bambino ogni 10.000 circa. Le principali caratteristiche: macroglossia, dismetria degli arti, emi-ipertrofia e un accresciuto rischio oncologico, in particolare il tumore di Wilms (ai reni) e l'epatoblastoma.
"La BWS è una sindrome subdola, dà il peggio di sé all'inizio e impegna tantissimo fisicamente e psicologicamente”, dice nel video l'amministratrice dell'associazione, Monica Bertoletti. “Poi rientra tutto nella cosiddetta normalità, ma non sappiamo come si svilupperà più avanti nel tempo".
"Mediamente, i bambini affetti da BWS risolvono il grosso dei problemi in età adulta. Ma ci sono aspetti che non conosciamo ancora, per esempio cosa accadrà durante la loro gravidanza", conferma Silvia Russo, biologa e membro del comitato scientifico di AIBWS.
"Il rischio oncologico negli adulti con BWS non è ancora stato indagato a sufficienza", aggiunge Alessandro Mussa, ricercatore per l'Università, pediatra e dirigente medico dell'Ospedale Regina Margherita di Torino.
Francesca e Giovanni, Savino e Angela, Romano e Ludmilla: tre coppie di genitori spiegano che convivere con la BWS non ha a che fare solo con la ricerca scientifica, ma permette di ottenere un sostegno fondamentale. "La sindrome non è la fine, ma un inizio”, dice Romano, padre di Giovanni. “Negare l'evidenza, chiudersi in sé stessi, è la cosa più sbagliata". "Per questo - sottolinea Monica Bertoletti - è fondamentale restare in AIBWS".
Tra i protagonisti del video e di AIBWS c'è Martina Cannone, 20 anni, torinese, oggi studentessa di Beni Culturali. "L'associazione è stata fondata nel 2004, quando avevo 4 anni. Ci sono dentro da sempre, perciò fa parte di me. E ora ho capito quanto vale per le nuove famiglie. Una volta un bambino mi ha detto 'tu sei come me' e lì mi sono commossa". Martina si rivede nei bambini di oggi: "Li capisco. Anch'io ho fatto tanti esami, li faccio tuttora, anch'io avevo paura del prelievo". Eppure convivere serenamente con la BWS si può: "A me hanno spiegato tutto subito, ne parlavo anche all'asilo e ho dedicato alla sindrome la tesina della maturità".
Romano Marchino, di Torino, operaio 63enne in pensione, racconta l'infanzia di suo figlio Giovanni, oggi 14enne. "Appena nato, la prima cosa che mi colpì fu la lingua sporgente, arrivava fin sotto al mento. Aveva la glicemia bassissima. E quando non aveva ancora due mesi gli fu diagnosticata una massa tumorale di 8 centimetri al fegato, che ne misurava 10". Giovanni, così piccolo, ha dovuto affrontare la chemioterapia, prima di essere sottoposto a un intervento lungo 12 ore. "Altri come lui non ce l'hanno fatta". Poi, per due volte, tra 2 e 3 anni, di nuovo sotto i ferri per ridurre la lingua. "Negli anni in cui i bambini imparano a conoscere il mondo, i colori, lui vedeva solo il bianco dei camici dei dottori". Ma Romano dice: "Lui c'è, è questo l'importante. È una testa di rapa", lo apostrofa nel video con un pizzico di commozione. "Caparbio, cocciuto, lottatore", lo descrive. Giovanni ha fatto nuoto e basket, adora l'elettronica e l'informatica e vorrebbe farne il suo futuro. "Adesso - dice Romano - tocca a lui".
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