Roma - Si è concluso il 18 dicembre il 78esimo Congresso della Società Italiana di Cardiologia (SIC), che ha visto un’importante partecipazione e un acceso dibattito sui molti temi. “Le aspettative sono state esaudite perché il congresso ha raccolto la presenza di 2.500 cardiologi, di cui una cospicua quantità è stata di cardiologi in formazione, ossia giovani di età tra i 30 e 35 anni (oltre 500) che hanno preso parte alle quattro giornate di lavori”, ha sottolineato Giuseppe Mercuro, Presidente della Società Italiana di Cardiologia.
“Questo aspetto ci lusinga molto perché anche nel Congresso abbiamo conservato quelle che sono le nostre prerogative di una società in cui l’insegnamento e la formazione sono dei pilastri fondamentali”, ha aggiunto Mercuro. “Pertanto, il Congresso ha confermato di essere avanti nella sua missione educativa e formativa e si è confrontato con il resto del mondo. Sono stati affrontati molti temi, tra cui l’aggiornamento al 2017 delle linee guida a cui i cardiologi, così come tutti i clinici, devono attenersi ma anche i limiti delle stesse. Abbiamo, infatti, sottolineato la specialità di molti pazienti come quelli anziani o complessi in cui l’indicazione alle linee guida non deve esaurire l’attenzione del curante per la specificità e l’individualità di quel paziente”.
“La nostra, rappresenta la seconda cardiologia in ordine di importanza scientifica e di numerosità in quello che è oggi il più grande consesso cardiovascolare che è la società europea di cardiologia”, ha osservato Pasquale Perrone Filardi, Presidente Finsic. “Dopo la Germania, siamo secondi in termini di contributo. Questo è testimonianza di una grandissima vivacità intellettuale, culturale e scientifica della cardiologia accademica italiana. Noi scontiamo ancora il fatto che le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte nel mondo sia per gli uomini che per le donne, ma contemporaneamente negli ultimi due anni abbiamo avuto delle grandi evidenze in termini di prevenzione delle malattie cardiovascolari soprattutto nel contesto della prevenzione secondaria, cioè nei pazienti che hanno già avuto un evento cardiaco o cerebrale di natura ischemica. Oggi abbiamo imparato che possiamo trattare meglio questi pazienti sia agendo sui fattori di rischio cardiovascolari classici, in primis sul colesterolo cattivo, ma anche su altri aspetti, attraverso un cocktail di strategie di prevenzione secondaria che sono state oggetto di grandi studi clinici e che cambieranno il panorama della prevenzione nella pratica clinica del prossimo futuro. La nostra sfida ora è la sostenibilità economica di queste terapie che sono in molti casi troppo costose. Per noi clinici diventa fondamentale l’identificazione dei pazienti per i quali è più vantaggioso essere molto aggressivi e operare in maniera congiunta con queste nuove opportunità terapeutiche, al fine di ridurre il loro rischio di avere accidenti cardiovascolari”.
“Questo congresso ha trattato tutti i temi più importanti della cardiologia attuale, dalla prevenzione delle malattie cardiovascolari alla prevenzione sia primaria che secondaria della cardiopatia ischemica e dell’infarto, fino al tema della cardiologia interventistica, celebrando i 40 anni della prima angioplastica”, ha spiegato Francesco Romeo, Past President della SIC. “Particolare attenzione è stata dedicata alla cardiologia interventistica strutturale, cioè il trattamento di quelle cardiopatie valvolari o delle strutture del cuore che oggi si stanno affermando come la più importante novità nel campo della terapia delle malattie cardiovascolari. Le nuove applicazioni e tecniche della cardiologia interventistica strutturale ci consentiranno, in un prossimo futuro, di trattare tutte le cardiopatie organiche del cuore, soprattutto nei soggetti molto anziani, dove il rischio chirurgico è molto alto, con tecniche mininvasive e percutanee che rispetteranno sempre di più il concetto etico verso cui dobbiamo tendere ovvero il rispetto dell’integrità psicofisica del paziente”.
“Sono state presentate novità sulle indicazioni relative alla TAVI che ribadiscono le linee guida europee”, ha raccontato Ciro Indolfi, Presidente Eletto SIC, che ha aggiunto: “oggi questa rivoluzionaria tecnica non è indicata solo per i pazienti a rischio elevato o inoperabili, ma anche per quelli a rischio intermedio. Quindi possiamo dire stop alla chirurgia, e questa nuova metodica, che prevede l’introduzione di una valvola da un’arteria della gamba, rappresenta oggi una delle più grandi innovazioni della cardiologia”.
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