Individuati per la prima volta in Spagna 10 portatrici con manifestazioni cliniche
Alla base c'è l'inattivazione non casuale o “skewed” del cromosoma X
SPAGNA - Le malattie legate al cromosoma X, come la Mucopolisaccaridosi di tipo 2 (MPS II) detta anche Sindrome di Hunter, sono caratterizzate da uno schema di ereditarietà preciso, che vede quasi solo maschi affetti, poiché le femmine hanno un altro cromosoma X che compensa il gene difettoso, non manifestano quindi i sintomi della malattia e sono definite portatrici sane. Negli ultimi anni, tuttavia, sono emersi alcuni studi per altre patologie di questo tipo, come la Malattia di Fabry e la Sindrome di Barth, che hanno dimostrato la presenza di aspetti clinici riconducibili alle malattie in portartici sane.
Un nuovo studio pubblicato su Orphanet Journal of Rare Diseases condotto dal team del dottoressa Encarnaciòn Guillén-Navarro dell'Ospedale Universitario Virgen de la Arrixaca di Murcia, ha valutato, per la prima volta, la presenza di aspetti clinici in 10 portatrici sane di Mucopolisaccaridosi di tipo 2.
Tre di queste manifestavano diversi sintomi riconducibili alla malattia, in particolare anomalie scheletriche, disturbi epatici, sindrome del tunnel carpale e sordità, in sei invece sono state osservate malformazioni ai denti e tre mostravano elevati livelli di glicosaminoglicani nelle urine, condizione che è considerata fondamentale nella diagnosi di Mucopolisaccaridosi tipo 2.
COSA ACCADE
Il meccanismo alla base di questo fenomeno si chiama inattivazione non casuale o “skewed” del cromosoma X: in tutte le cellule di una persona di sesso femminile uno dei due cromosomi X viene inattivato naturalmente per evitare una sovraespressione dei geni legati al cromosoma e la “scelta” di quale inattivare è solitamente casuale. In alcuni casi tuttavia si osserva uno squilibrio tra i due cromosomi e uno dei due risulta più spesso silenziato rispetto all'altro, si parla di inattivazione skewed quando la divergenza di inattivazione tra i due cromosomi è superiore al 75:25.
Se nelle cellule di una portatrice sana il cromosoma contenente la mutazione rimane attivo più spesso rispetto a quello sano è possibile che questa persona sviluppi alcuni sintomi della malattia.
Gli autori concludono: “Sarebbe utile che anche gli eterozigoti per la Mucopolisaccaridosi fossero monitorati almeno ogni 12-24 mesi presso un centro specialistico. Gli esami dovrebbero includere analisi degli apparati muscoloscheletrico e cardiovascolare, delle orecchie, degli occhi, e dei sistemi nervoso e gastrointestinale".
Seguici sui Social