La dr.ssa Rossella Parini: “Un bambino con frequenti infezioni delle alte vie respiratorie ma con crescita normale per peso e statura dovrebbe far insospettire il medico”
Monza – Il 15 maggio, in tutto il mondo, si è celebrato l'MPS Awareness Day, la giornata dedicata alla sensibilizzazione sulle mucopolisaccaridosi (MPS), una famiglia di rare malattie metaboliche da accumulo lisosomiale. Una di queste, la MPS di tipo II, chiamata anche sindrome di Hunter, viene trasmessa con il cromosoma X e si manifesta quindi prevalentemente nei maschi. In questa malattia, la figura che può essere determinante per arrivare alla diagnosi e quindi alla terapia è il pediatra: ci spiegherà in che modo è possibile individuare questa condizione la dr.ssa Rossella Parini, consulente della Clinica Pediatrica dell’Università Milano-Bicocca presso la Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma, che ha sede al San Gerardo di Monza dove la specialista è già stata responsabile dell’Unità di Malattie Metaboliche Rare.
Come tutte le mucopolisaccaridosi, anche la MPS II ha un ampio spettro di variabilità clinica?
“Si passa dalle forme gravi con segni e sintomi di malattia nei primi due anni di vita a forme molto attenuate che si presentano con uno o due sintomi in età adolescenziale-adulta. Spesso però in questi casi, andando a cercare nell'anamnesi, si trovano segni e sintomi di malattia anche in età pediatrica. Mi spiego meglio: nella forma grave, i bambini nel primo anno di età hanno un accrescimento ponderale e staturale molto buono, quasi eccessivo, un ottimo appetito, e hanno a volte in anamnesi interventi precoci per ernie inguinali o ombelicali. Intorno a 1-2 anni di vita mostrano una certa iperattività pur con uno sviluppo neuromotorio adeguato, e possono avere una facies particolare, diciamo con tratti grossolani o comunque non assomiglianti ai genitori e ai fratelli sani. Infine, hanno frequenti infezioni delle vie aeree superiori (rinite cronica, otite, faringite, tosse e catarro dalle alte vie), spesso mucosa orofaringea iperemica, respiro rumoroso e apnee durante il sonno”.
Quale domanda dovrebbe porsi il pediatra in questa fase?
“Dovrebbe chiedersi: perché questo bambino cresce così bene, pur avendo infezioni ricorrenti delle alte vie respiratorie? Di solito i bambini con frequenti otiti e riniti tendono a crescere poco di peso, a non avere appetito, ad essere poco attivi. Invece questi crescono benissimo, sembrano il ritratto della salute, sono iperattivi e corrono in giro per casa tutto il giorno. Se non si fa la diagnosi in questa fase, intorno ai 2-3 anni comincia a diventare evidente il ritardo psicomotorio, che poi negli anni successivi peggiora velocemente, si apprezza chiaramente una epatosplenomegalia e spesso si associano ipoacusia e problemi ortopedici: rigidità articolare, ginocchio valgo, piede cavo, sono i primi ad essere notati, oltre ad altre deformazioni ossee che fanno parte della cosiddetta “disostosi multipla” tipica di tutte le MPS. È frequente il coinvolgimento del sistema nervoso centrale con sviluppo di idrocefalo ed epilessia, e fa parte della malattia anche un coinvolgimento progressivo sia del tessuto miocardico che delle valvole cardiache: è accaduto infatti, seppure in pochi casi, che il bambino venisse diagnosticato dal cardiologo a cui era stato inviato per approfondire la causa di un soffio”.
La forma attenuata, invece, come si manifesta?
“I pazienti con forma attenuata hanno un'intelligenza normale e vengono indirizzati allo specialista ad un'età variabile tra gli 8 e i 16 anni, tipicamente per bassa statura: nella MPS II, infatti, la statura segue una curva di crescita elevata, superiore all'atteso calcolato sull'altezza dei genitori, fino a circa 5-6 anni di età, poi progressivamente si ha uno scarto di percentile fino ad arrivare verso gli 8 anni al terzo percentile, e da quel momento abbandonare le curve di crescita normali. Altri motivi possono essere rigidità articolare, problemi ortopedici (ginocchio valgo, piede cavo), soffio cardiaco o ipoacusia. I pazienti hanno pressoché sempre epatomegalia e spesso hanno molti interventi in anamnesi (ernia inguinale e ombelicale e adenotonsillectomia sono i più comuni)”.
Segni e sintomi che spesso non vengono riconosciuti come associati a una malattia rara...
“Sì, perché possono essere molto frequenti nell’infanzia, ma i pediatri e i medici di famiglia dovrebbero notare due cose. Come dicevo prima, stranamente questi bambini hanno sempre infezioni delle alte vie, dormono male con apnee e respiro rumoroso pressoché in modo cronico ma, a differenza di altri bambini, sembrano non soffrire particolarmente di questa situazione e crescono benissimo sia per peso che per altezza; l’altra cosa è che soffrono di tanti diversi disturbi 'comuni' contemporaneamente: malattie respiratorie ricorrenti, rinite cronica, otite ricorrente, respiro rumoroso, ernie, deficit uditivo, epatomegalia, soffio cardiaco, rigidità articolare e tratti grossolani del volto (non sempre). Questo è un 'cluster', come diciamo noi medici, che non è frequente nei bambini sani. È importante arrivare presto alla diagnosi sia per poter iniziare un trattamento specifico, sia per mettere in atto tutte le cure palliative necessarie, sia per prevenire rischi legati a trattamenti incongrui dovuti alla mancata conoscenza della patologia da cui è affetto il paziente (ad esempio un trattamento chirurgico con sedazione)”.
Per la MPS II sono oggi disponibili due trattamenti: il primo è la ERT, la terapia enzimatica sostitutiva.
“La ERT è una terapia cronica, che si somministra come infusione endovenosa lenta ogni settimana e che permette di arrestare o rallentare la progressione della malattia in alcuni organi o apparati, ma è noto che non è in grado di passare la barriera emato-encefalica, il che significa che non agisce sul danno progressivo del sistema nervoso centrale nella forma grave. È efficace nel ridurre il volume di fegato e milza, e permette anche di ottenere una riduzione della massa cardiaca, ma non agisce sul danno valvolare cardiaco. Ha una qualche efficacia sulla rigidità articolare, ma non ci sono dimostrazioni di efficacia sul danno uditivo, non riduce l’ipertrofia delle mucose, non modifica le deformazioni scheletriche o della trachea. Alcuni studi su coppie di fratelli, trattati ad età diverse, hanno dimostrato che è più efficace se iniziata più precocemente, quando il danno di organi e apparati è minore”.
La seconda opzione di trattamento è il trapianto di cellule staminali ematopoietiche (HCT).
“L'HCT è un trattamento attualmente ben codificato per la MPS di tipo I nella sua forma grave, la sindrome di Hurler. Nella MPS II l’uso di HCT è stato per anni controverso perché vi erano report di scarsa efficacia sul sistema nervoso centrale. Alcuni Paesi, come il Brasile e il Giappone, lo autorizzano per il trattamento della MPS II grave. Negli ultimi anni, anche considerato il suo ridotto rischio di mortalità e di effetti collaterali, è utilizzato anche in Italia solo all’interno di protocolli di ricerca, in bambini diagnosticati precocemente (a un'età inferiore a 1-1,5 anni) e trattati entro i 2 anni di età”.
Quali sono le principali difficoltà nella gestione del paziente?
“Questi sono pazienti con una patologia cronica, progressiva, multiorgano. La difficoltà di gestione sta nel fatto che il medico responsabile del paziente (in genere lo specialista metabolico) deve tenere sotto controllo contemporaneamente l’evoluzione di molti organi e apparati e avere la possibilità di indirizzare il soggetto ai vari specialisti. È spesso anche necessario parlare direttamente con lo specialista per comprendere quale sia la situazione di quel particolare organo o apparato. Inoltre bisogna essere in grado di valutare l’indice di priorità, se si presentano vari problemi insieme, che richiedono, ad esempio, un intervento chirurgico. Faccio l'esempio di un paziente con gravità, diciamo, intermedia: bambino di 6 anni con ritardo mentale evolutivo non gravissimo, che va a scuola con insegnante di sostegno, dove si lamentano per l’iperattività e per l’aggressività che a volte mostra con i compagni e gli insegnanti; probabile ipoacusia, che peggiora la situazione di irrequietezza. Occorre, insieme allo psicologo di riferimento, prendere contatto con la scuola e con l’insegnante di sostegno, e indirizzarlo all’audiologo per valutare il deficit e per un'eventuale prescrizione di protesi acustiche; qualora dovesse usarle si dovrà fare un training al bambino e alla famiglia per evitare che se le tolga sempre, visto che ha un ritardo mentale. Secondo quanto riferito dalla mamma, ha respiro rumoroso notturno con apnee (quindi bisogna organizzare una polisonnografia notturna e poi decidere con lo specialista otorinolaringoiatra se deve fare un intervento di adenotonsillectomia); ha un piede cavo che disturba molto la deambulazione (occorre contattare il fisiatra per la prescrizione di calzature idonee, l'ortopedico che indica l'intervento e decide quando farlo, l'anestesista per valutare i rischi della sedazione). È inoltre necessario verificare lo stato delle vie aeree compresa la trachea (quindi sentire l'otorino e il radiologo per un'eventuale TAC delle vie aeree). Poi la valutazione cardiologica annuale mostra un peggioramento della valvola mitrale con indicazione all’intervento di sostituzione valvolare... Insomma, quale intervento fare prima?”
A tutti questi problemi se ne aggiunge un altro: l'impossibilità, in alcune Regioni, di poter fare la terapia enzimatica sostitutiva a domicilio.
“La terapia domiciliare permette di risparmiare tempo, di organizzare meglio la vita familiare e di utilizzare in modo più efficace le risorse ospedaliere che possono essere indirizzate ad altre necessità (questo è evidente soprattutto adesso in condizioni di emergenza COVID-19). Somministrata a domicilio secondo le indicazioni date dalla recente determina AIFA, sappiamo che i rischi sono minimi e non superiori a quelli della somministrazione ospedaliera. Sappiamo che un servizio di somministrazione domiciliare ben organizzato, con l’infermiere sempre presente, esiste ed è pagato dall’azienda che produce il farmaco; il meccanismo attuale rispetta inoltre tutte le direttive della privacy. Alcune Regioni hanno cercato di fornire questo servizio in modo autonomo ma non mi risulta che siano riuscite ad organizzarlo allo stesso modo, con la presenza dell’infermiere per tutta la durata dell’infusione. A mio parere non c’è niente di male nel fatto che l’azienda supporti finanziariamente questo servizio: non penso possano esistere abusi di qualunque tipo, viste le caratteristiche della malattia e del prodotto. Certamente il medico non prescriverà maggiori quantità di farmaco in seguito alla disponibilità del trattamento domiciliare. Piuttosto è possibile che alcuni (pochi), che non riescono a recarsi presso l’ospedale per la terapia, abbiano la possibilità di farla a casa. Ma qui stiamo parlando di pazienti a cui è stata già fatta una prescrizione e che hanno difficoltà organizzative familiari”.
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