Mucopolisaccaridosi, la qualità di vita dei pazienti

Il trattamento tempestivo con terapia enzimatica o trapianto di staminali ematopoietiche è tuttavia in grado di migliorare il benessere generale dei pazienti

Ogni individuo è un’unità indissolubile di mente e corpo: l’influenza reciproca degli ‘attori’ di questo binomio si percepisce maggiormente quando, in caso di malattia, uno dei due inizia a mostrare segni di deterioramento. Le mucopolisaccaridosi (MPS), patologie multiorgano croniche e debilitanti, sono un chiaro esempio di come il fisico, quando non correttamente funzionante, condizioni in modo significativo anche la sfera psicologica e sociale. Ma quali sono gli specifici fattori che influenzano la qualità di vita generale di questi pazienti? Uno studio canadese, pubblicato sulla rivista Current Medical Research and Opinion, ha provato a rispondere a questo interrogativo, cercando di descrivere l’impatto della malattia e del trattamento sulla salute fisica e psicologica e sulla condizione socioeconomica delle persone affette da mucopolisaccaridosi.

UN AMPIO INSIEME DI PATOLOGIE

Le mucopolisaccaridosi (MPS) sono un gruppo eterogeneo di malattie ereditarie da accumulo lisosomiale. La carenza di alcuni enzimi determina l’anomalo deposito, in vari organi e tessuti, dei glicosamminoglicani (GAG), polisaccaridi che compongono la matrice extracellulare del tessuto connettivo. Il progressivo accumulo di GAG provoca la comparsa, più o meno repentina, di complesse manifestazioni cliniche: ritardo neurocognitivo, alterazioni scheletriche, tratti facciali tipici, opacità corneale, ernie inguinali e ombelicali, ingrossamento del fegato e della milza (epatoslenomegalia) e complicanze respiratorie e cardiache.

A seconda degli enzimi coinvolti, le mucopolisaccaridosi vengono divise in sette diversi sottotipi: MPS I, che include le forme H (sindrome di Hurler), S (sindrome di Scheie) e H/S (sindrome di Hurler/Scheie); MPS II (sindrome di Hunter); MPS III (sindrome di Sanfilippo), che comprende le forme A, B, C e D; MPS IV (sindrome di Morquio), con le forme A e B; MPS VI (sindrome di Maroteaux-Lamy); MPS VII (malattia di Sly); MPS IX. Sono tutte malattie genetiche a trasmissione autosomica recessiva tranne la MPS II, che ha un’ereditarietà legata al cromosoma X. In generale, si tratta di patologie multiorgano, potenzialmente fatali e cronicamente debilitanti. Per questa ragione, convivere con una mucopolisaccaridosi è una sfida continua, sia per i pazienti che per i loro caregiver.

LO STUDIO

Fortunatamente, con il miglioramento delle cure e il costante aggiornamento delle terapie disponibili, negli ultimi decenni il tasso di sopravvivenza dei pazienti affetti da mucopolisaccaridosi è nettamente aumentato. In particolare, la terapia enzimatica sostitutiva (ERT) e il trapianto di cellule staminali ematopoietiche (HSCT), insieme ai trattamenti di supporto (farmacoterapia, fisioterapia, logopedia, trapianto di cornea, ecc.), hanno portato a una drastica riduzione della mortalità e della morbilità. Per questo, secondo alcune previsioni, le mucopolisaccaridosi sono destinate a diventare un problema medico cronico. Questo rende ancor più necessario indagare e comprendere a fondo l’impatto fisico, emotivo e socioeconomico di queste malattie sulla vita dei pazienti e dei loro caregiver.

Per fare ciò, a partire dalla primavera del 2021, i ricercatori canadesi hanno condotto una revisione sistematica della letteratura prendendo in esame 870 studi relativi alle mucopolisaccaridosi: di questi, solo 15 sono stati identificati come effettivamente utili per valutare l’impatto della malattia e del trattamento con ERT o HSCT sulla qualità della vita dei pazienti. Gli studi selezionati includevano principalmente persone affette da mucopolisaccaridosi di tipo I, II, IV e VI.

TERAPIA E QUALITA’ DI VITA

Dall’indagine è emerso che la terapia specifica per le mucopolisaccaridosi (ERT o HSCT) influisce positivamente sulla vita quotidiana dei pazienti. Cinque dei quindici studi individuati dai ricercatori hanno riportato significativi miglioramenti nei punteggi relativi alla qualità della vita a seguito della terapia. I valori sono stati misurati a distanza di almeno 48 settimane dall’inizio del trattamento con l’ausilio di diversi strumenti di analisi della “qualità della vita correlata alla salute” (HRQoL), come, ad esempio, le scale di punteggio 36-Item Short Form Health Survey (SF-36), EQ-5D-5L o TACQOL. I risultati evidenziano che, soprattutto per le mucopolisaccaridosi di tipo IV e VI, il trattamento con ERT o HSCT ha determinato miglioramenti in diversi ambiti: salute polmonare, funzionamento motorio e deambulazione, sonno, vivacità, umore, comunicazione e vita sociale.

Visti i benefici della terapia enzimatica sostitutiva (ERT), i ricercatori si sono chiesti se all’aumentare del periodo di trattamento aumentasse anche il benessere psico-fisico dei pazienti. L’analisi dei vari studi, tuttavia, ha smentito questa ipotesi: non è emersa alcuna correlazione significativa tra il tempo trascorso in terapia e i punteggi relativi alla qualità della vita. Solo nei bambini affetti da MPS di tipo II che avevano ricevuto la terapia enzimatica sostitutiva per più di tre anni è stato riscontrato un moderato incremento dei valori relativi al benessere psico-fisico, misurati grazie al questionario PedsQL.

MALATTIA E QUALITA’ DI VITA

Per quanto riguarda l’impatto delle mucopolisaccaridosi, dallo studio canadese è emerso che i fattori che influenzano negativamente la qualità della vita dei pazienti sono molteplici: in primo luogo la gravità della malattia (forma di MPS e fenotipo clinico), seguita da dolore cronico, deterioramento cognitivo, ridotta mobilità (che può condurre anche alla necessità di sedia a rotelle) e scarsa funzionalità respiratoria (misurata tramite spirometria e test di massima ventilazione volontaria). Nelle persone affette da MPS, perciò, esiti clinici peggiori sono strettamente associati a una qualità di vita significativamente inferiore a quella riportata non soltanto dalla popolazione sana ma anche dai pazienti affetti da altre malattie croniche, come tumori o disturbi ereditari del metabolismo.

Dall’indagine, in particolare, traspare come le mucopolisaccaridosi siano condizioni che incidono negativamente su tutti gli aspetti della vita dei pazienti, compresa la sfera scolastica e lavorativa, arrivando a compromettere anche la capacità di svolgere autonomamente le più comuni attività quotidiane (con conseguente dipendenza dal caregiver).

In generale, quindi, i pazienti con mucopolisaccaridosi che presentano una malattia più grave, con esiti clinici peggiori e coinvolgimento multiorgano, sperimentano una sofferenza più acuta, sia dal punto di vista fisico che psico-sociale. Per questo, nonostante i traguardi già raggiunti, la sfida della ricerca di nuove terapie è ancora aperta.

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